Reporters Sans Frontieres ha pubblicato l'annuale classifica relativa alla libertà di stampa in tutto il mondo. Che cosa ci dicono i risultati del 2024? Che il giornalismo è sotto pressione da parte della politica.

Pertanto, paradossalmente, la libertà di stampa in tutto il mondo è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne garanti. 

Questa constatazione si basa sul fatto che, dei cinque indicatori utilizzati per stilare la classifica, è quello  politico a subire il calo maggiore, registrando una diminuzione media complessiva di 7,6 punti.

"Gli stati e le forze politiche in generale - ha detto Anne Bocandé, Direttrice editoriale della RSF - stanno svolgendo un ruolo sempre minore nella protezione della libertà di stampa. Questa perdita di potere a volte va di pari passo con azioni più ostili che minano il ruolo dei giornalisti o addirittura strumentalizzano i media attraverso campagne di molestie o disinformazione". 

Questo è un riassunto del rapporto:

Mentre il 2024 è l’anno elettorale più importante nella storia del mondo, anche il 2023 ha visto elezioni decisive, soprattutto in America Latina, vinte da autoproclamati predatori della libertà di stampa e della pluralità dei media, come Javier Milei in Argentina (scesa dal 26° al 66° posto nella classifica di RSF), che ha deciso di chiudere la più grande agenzia di stampa del paese con un atto simbolico preoccupante.Le elezioni sono spesso accompagnate da violenze contro i giornalisti, come in Nigeria (112°) e nella Repubblica Democratica del Congo (123°). Le giunte militari che hanno preso il potere con colpi di stato nel Sahel, in Niger (sceso dal 19° all'80° posto), in Burkina Faso (sceso dal 28° all'86° posto) e in Mali (scendendo dall'1 al 114° posto), continuando sempre più a stringere la presa sui media e a ostacolare la diffusione del lavoro dei giornalisti. Anche la rielezione di Recep Tayyip Erdogan in Turchia è motivo di preoccupazione: con quella nazione che continua a perdere punti nell'indice, tanto da calare al 158° posto.In assenza di regolamentazione, l’uso dell’intelligenza artificiale generativa nell’arsenale di disinformazione per scopi politici è motivo di preoccupazione. I deepfake occupano ora una posizione di primo piano nell’influenzare il corso delle elezioni. Ciò è stato dimostrato dall'audio deepfake della giornalista Monika Todova durante le elezioni parlamentari in Slovacchia (dal 12 al 29), uno dei primi casi documentati di questo tipo di attacco a un giornalista con l'obiettivo di influenzare l'esito di un'elezione democratica .Molti governi hanno intensificato il controllo sui social media e su Internet, limitando l’accesso, bloccando gli account e sopprimendo i messaggi che trasportano notizie e informazioni. I giornalisti che dicono quello che pensano sui social media in Vietnam (174esimo) vengono reclusi quasi sistematicamente. In Cina (172° posto), oltre a detenere più giornalisti di qualsiasi altro Paese al mondo, il governo continua a esercitare uno stretto controllo sui canali di informazione, attuando politiche di censura e sorveglianza per regolamentare i contenuti online e limitare la diffusione di informazioni ritenute sensibili o contrarie alla linea del partito.Alcuni gruppi politici alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli. Altri stanno orchestrando un’acquisizione dell’ecosistema mediatico, sia attraverso media di proprietà statale sotto il loro controllo, sia attraverso media di proprietà privata tramite acquisizioni da parte di uomini d’affari alleati.

Un passaggio questo, che porta RSF a prendere come esempio l'Italia di Giorgia Meloni, sotto il cui governo è riuscita pure a perdere 5 posizioni in classifica rispetto al 2023 classificandosi al 46° posto, dove il leghista Angelucci, pertanto membro di un partito che supporta il governo, sta cercando di acquisire la seconda più grande agenzia di stampa (AGI).

Sempre in relazione all'Italia, RSF descrive negativamente i possibili effetti della legge bavaglio per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria, che vieta loro di dare notizia di un ordine di custodia cautelare fino allo svolgimento dell'udienza preliminare. 

I gruppi politici spesso fungono da canali di diffusione o addirittura istigatori di campagne di disinformazione. In più di tre quarti dei paesi valutati nell’Indice (138), la maggior parte degli intervistati ha riferito che gli attori politici erano spesso coinvolti in campagne di propaganda o disinformazione. Questo coinvolgimento è stato descritto come “sistematico” in 31 paesi.Nell’Europa orientale e in Asia centrale, la censura dei media si è intensificata imitando in modo spettacolare i metodi repressivi russi, soprattutto in Bielorussia (dal 10° al 167° posto), Georgia (dal 103° posto), Kirghizistan (dal 120° posto) e Azerbaigian (dal 13° al 164° posto). L’influenza del Cremlino è arrivata fino alla Serbia (scesa dal 7° al 98° posto), dove i media filogovernativi portano avanti la propaganda russa e le autorità minacciano i giornalisti russi in esilio. La Russia (162°), dove Vladimir Putin è stato, prevedibilmente, rieletto nel 2024, continua a condurre una guerra in Ucraina (61°) che ha avuto un grande impatto sull’ecosistema dei media e sulla sicurezza dei giornalisti.

Inoltre, a causa della crisi economica i media dipendono sempre più dagli introiti pubblicitari e dai sussidi statali, a partire dalla carta stampata che sempre di più deve affrontare un graduale calo delle vendite. Il risultato è una crescente precarietà che mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia.

Una bellissima notizia per dittature, democrature e Paesi che, come l'Italia tanno progressivamente e velocemente adattandosi a tali tipi di regime.