La Black Sea Grain Initiative è l'accordo stipulato tra Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite (ONU) per consentire il commercio dei cereali lungo le rotte del Mar Nero, nonostante la guerra in corso.

Era il maggio 2022 e bisognava esportare rapidamente i cerali rimasti bloccati nei granai ucraini all'inizio della guerra per fare spazio al grano del raccolto estivo.

L'accordo ha consentito alle navi da carico di passare in sicurezza attraverso un corridoio nel Mar Nero lungo 310 miglia nautiche e largo tre miglia nautiche, da e per i porti ucraini di Odessa, Chornomorsk e Yuzhny/Pivdennyi.

Da allora oltre 30 milioni di tonnellate di cereali tra cui grano (8,4 ton), mais (15 ton) e semi di girasole (3,3 ton) hanno potuto essere spediti dall'Ucraina.

Il 64% del grano e il 50% del mais esportati attraverso la Black Sea Grain Initiative hanno raggiunto i paesi in via di sviluppo. 
In particolare, tramite il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite,  oltre 655.000 tonnellate di graminacee hanno lasciato i porti ucraini diretti in Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan, Somalia, Kenya e Gibuti.

Parte dell'accordo mediato dall'ONU presupponeva anche di ricomprendere sia le esportazioni russe di grano e di fertilizzanti sia il ripristino delle funzioni Swift per la banca agricola statale russa Rosselkhozbank.

Ma poi non se ne è fatto nulla né l'accordo è stato rinegoziato per il 2023 ... anzi è iniziata la controffensiva ucraina con il promessa di raggiungere la Crimea, cioè riprendersi il controllo del mare.

Dunque, la Black Sea Grain Initiative  non poteva durare.
Specialmente dopo l'ennesimo attacco di droni ucraini al ponte di Kerch dove ... passano i turisti russi per andare in vacanza in Crimea, infrangendo l'immagine di Putin l'autocrate.

Infatti, dopo una abbondante salva missilistica sul porto ucraino di Odessa da parte dei russi (ben attenti a non colpire navi ed equipaggi stranieri), la Russia ha sospeso la Black Sea Grain Initiative.

Quali saranno gli effetti diretti?  Possiamo farcene un'idea ...

Innanzitutto, i raccolti non andranno perduti, dato che il blocco arriva ora e non a giugno. E peseranno sulle Borse, dato che ora il prezzo dei cereali tende a salire, ma potrebbe crollare non appena si sbloccheranno i magazzini ucraini.

In secondo luogo, riguardo i paesi in via di sviluppo, una carestia 'solo' in Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan, Somalia, Kenya e Gibuti avrebbe conseguenze devastanti se dovessero comportare una riaffermazione del Jihadismo, già particolarmente attivo.

Infine, il blocco 'agroalimentare' dell'Ucraina va ad aggiungersi all'alluvionamento della foce del Dnepr e dell'Oblast di Cherson, allo stallo della centrale di Zaporisha, alla devastazione e all'isolamento di Kharkiv e alla trasformazione dell'Oblast' di Donetsk in una trincea di campi minati.

Prima della guerra, Cherson era il principale porto industriale ucraino, Zaporisha produceva una potenza nominale di oltre 5 700 MW in energia elettrica, Kharkiv era una città multietnica dove si sviluppava ingegneria ed avionica, Donetsk era la regione economicamente più sviluppata dell'Ucraina, soprattutto grazie alla proprie miniere di carbone e alla produzione di acciaio.

Qualcosa va rivisto: la Black Sea Grain Initiative va ripristinata con urgenza. Fate presto.