Save the Children opera, in collaborazione con tante realtà locali, in molti quartieri del nostro Paese caratterizzati dalla forte marginalità.  Tutti i giorni, dunque, tocchiamo con mano la complessità di questi luoghi, dove la violenza e la criminalità minorile si associano al vuoto di opportunità educative e sociali in una fase della vita, quella dell'infanzia e l'adolescenza, in cui si costruisce la propria identità, attraverso errori e apprendimenti. In questi contesti, la strada maestra è quella di quella dell'accompagnamento educativo, senza il quale ogni altro intervento punitivo potrebbe risultare del tutto inefficace, se non controproducente.Nelle periferie dei bambini, dove mancano, asili, mense, scuole, biblioteche, centri sportivi, aree verdi e spazi pubblici liberi dal degrado e sicuri, lo Stato deve far sentire la propria presenza, attraverso un in-tervento straordinario di sostegno alle comunità educanti.Per questo motivo Save the Children da tempo chiede alle istituzioni di attivare vere e proprie “aree ad alta densità educativa” nelle zone oggi più deprivate e spesso preda di reti criminali. Nuovi asili nido, un potenziamento dell'organico delle scuole, tempo pieno, un pasto completo alla mensa per tutti i bambini, attività sportive e culturali gratuite, sono il miglior baluardo per arginare fenomeni di violenza.Anche le misure disposte nei confronti dei minorenni che commettono un reato non devono mai abdicare alla loro funzione educativa e rieducativa: devono essere tempestivi, coinvolgere la famiglia, non solo in ottica punitiva, attivare reti e sinergie, riavvicinare i ragazzi alla comunità, anche attraverso il lavoro socialmente utile, con l'obiettivo di dare loro una nuova prospettiva sul mondo e sulla società. 

Che cosa ci dice Save the Children con il comunicato sopra riportato? Che con i decreti come quello varato dal Governo per riportare la legalità e lo Stato nei quartieri e nelle località come Caivano si governa il consenso, ma non si risolvono i problemi.

Questo un passaggio di un articolo di Milena Santerini su Avvenire:

Assumersi le responsabilità degli adulti non significa deresponsabilizzare i ragazzi, anzi. Più si ricorre a soluzioni che li vedono “oggetto” di provvedimenti apparentemente severi, più li si sta in realtà assolvendo senza chiedere loro più coscienza e impegno.Mettiamo quindi i minori in cima all'agenda politica e sociale, ma senza bisogno di rassicurare l'opinione pubblica con misure inutili ad arginare fenomeni così complessi. Quindi ci si occupi della dispersione scolastica con attenzione prioritaria, aprendo le scuole il pomeriggio e mettendo al centro il merito degli insegnanti (non degli alunni) formati in modo adeguato alla complessità dei problemi: i nuovi tutor con fondi Pnrr (uno ogni 30-50 studenti) devono essere più specializzati. Bene i fondi alle scuole del Sud ma non vengano usati per le carenze della normale gestione. Bene la sospensione che non escluderà da scuola ma verrà svolta all'interno dell'istituto o facendo volontariato, più che i vari Daspo: tenere dentro, non spingere fuori.Ci si concentri sulle assenze frequenti, predittive dell'abbandono, si colleghino le scuole ai servizi sociali (insufficienti) per cercare i ragazzi uno per uno, si sostengano le “Barbiane di oggi” del terzo settore. Diamo la cittadinanza italiana ai minori stranieri nati o cresciuti in Italia. Più educatori e educatrici di strada e centri di quartiere per le “baby gang”. La riforma della legge sul cyberbullismo del 2017 (era necessaria?) potenzi le misure educative senza strizzare l'occhio ai casi di violenza contro gli insegnanti. Rigore e severità, questo sì, vanno esercitati contro il business delle dipendenze e per i controlli sulle piattaforme digitali. Altrimenti, come sempre, si rischia di essere forti solo coi deboli.