Gli effetti negativi della pandemia sull’erogazione dei servizi sanitari si protraggono anche nel biennio 2022-2023 e appaiono ancora ben lontani dall’essere recuperati, come dimostrano i dati Agenas sul rispetto dei tempi di attesa e sui volumi delle prestazioni erogate che, in molte regioni, non avevano ancora recuperato nel 2022 i livelli di attività del 2019. La spesa privata al di fuori del Servizio sanitario nazionale risulta elevata e in crescita nel 2022 sul 2021, oltreché molto superiore agli altri paesi UE.

È quanto afferma la Corte dei conti nella Relazione, approvata con deliberazione n. 4/SEZAUT/2024/FRG, che la Sezione delle autonomie ha presentato al Parlamento sulla gestione finanziaria 2022-2023 dei Servizi Sanitari Regionali.

Dopo l’impennata causata dall’emergenza sanitaria del 2020, che ha determinato un’elevata crescita della spesa (6,1%) rispetto ai valori ante emergenza (poco più dell’1%), la crescita si ridimensiona e la spesa si riduce in rapporto al Pil. Nel triennio 2022- 2024 è stimata una riduzione dal 6,7 al 6,4%, attestandosi quindi sul valore del 2019. Nel confronto internazionale, la spesa sanitaria pubblica italiana (circa 131 miliardi nel 2022) è cresciuta nel periodo 2016-2022 meno della variazione del Pil in volume. L’inverso è avvenuto invece in Francia, Germania e Regno Unito.

Permangono diffuse disuguaglianze territoriali che penalizzano prevalentemente le regioni del Mezzogiorno, come evidenziano sia i risultati degli indicatori per il monitoraggio dei LEA relativi al 2021, sia le condizioni di salute misurate dagli indicatori di Benessere Equo e Solidale (BES 2023): la speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni, pari a 10 anni a livello nazionale, scende a 8,3 nel Mezzogiorno e a 7,8 nelle Isole, mentre nel Nord sale a 11 anni.

I divari nei servizi sanitari alimentano anche un’elevata mobilità sanitaria interregionale verso le Regioni che registrano le migliori performance nella valutazione dei LEA, di cui, nel biennio 2022/2023, ha beneficiato soprattutto l’Emilia-Romagna.

I risultati di gestione dei Servizi sanitari regionali, valutati dal Tavolo per la verifica degli adempimenti regionali, evidenziano, al IV trimestre 2022, un risultato d’esercizio in disavanzo per 1,4 miliardi di euro, in peggioramento quindi rispetto a quello accertato per il 2021 (1,1 mld).

L’indebitamento verso fornitori registra un aumento del 24% sul 2019, attestandosi intorno ai 17,5 mld nel 2021, nonostante l’impatto positivo della fatturazione elettronica obbligatoria che, per i debiti più recenti, ha prodotto un miglioramento generalizzato nel rispetto dei tempi medi di pagamento. Contribuisce ad elevare il debito la quota risalente di debito non scaduto, per il quale sono stati previsti termini di dilazione più ampi e permangono criticità per i tempi di pagamento degli Enti della Calabria. Destano attenzione anche i risultati emersi per gli Enti del Molise e della Sardegna, anche se in miglioramento sugli anni precedenti.

Sul versante risorse umane, la dotazione di personale 2022 degli enti sanitari (697.000 unità) ha superato, dopo un decennio di costante riduzione, le 690.000 unità riferite al 2008. La spesa per i redditi del personale riferita allo stesso 2008 è stata superata, in termini nominali, solo a partire dal 2021. Permangono cruciali carenze nella dotazione organica in alcune aree sensibili del SSN, come i servizi di emergenza e urgenza delle aziende ospedaliere; ciò ha provocato il ricorso a prestazioni di personale basate su contratti di lavoro autonomo o sull’esternalizzazione di servizi.

La spesa in investimenti fissi lordi per la sanità, in termini di competenza, ha avuto storicamente livelli modesti, con un picco di 5 miliardi nel 2008 (pari al 9,8% degli investimenti pubblici totali) fino a un minimo 2019 di 3,3. Con la pandemia del 2020 gli investimenti in sanità sono cresciuti di circa il 100% (più di 6,2 miliardi, pari al 14,6% di quelli totali pubblici), per stabilizzarsi nel 2021 e nel 2022 attorno alla soglia dei 5 miliardi (l’8,4% del totale nel 2022). Va tuttavia sottolineato un iniziale fenomeno di riequilibrio territoriale: rispetto al 2019, nel 2022 la crescita degli investimenti degli Enti del SSN nel Mezzogiorno, (+49,8%) è stata più dinamica di quella dell’intero comparto a livello nazionale (+35,9%) e l’incidenza della quota degli stessi sul totale nazionale è cresciuta di circa 3 punti, dal 26,6 al 29,3%.


In relazione alla spesa farmaceutica

Le due componenti della spesa farmaceutica italiana hanno avuto, dal 2015 al 2022, un andamento divergente, registrandosi, nel caso della farmaceutica convenzionata, un livello di spesa annuale decrescente (da 8,7 a 8 miliardi) e inferiore al relativo tetto, mentre gli acquisti diretti sono cresciuti costantemente (da 9,1 a 13,4 miliardi di euro, un aumento pari a 4,2 miliardi di euro, il 46%), determinando superamenti costanti della spesa programmata; in conseguenza della dinamica di quest’ultima componente dei consumi farmaceutici, la spesa totale al netto del payback è cresciuta da 17,8 a 21,4 miliardi. Nel medesimo periodo, infine, la spesa totale privata a carico del cittadino è aumentata di un miliardo e mezzo, da 6,9 a 8,4 miliardi (+22,7%). A indicarlo è la Corte dei Conti nella sua Relazione al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali.

Nel periodo gennaio-settembre 2023 – cita la Corte dei Conti utilizzando i dati Aifa - la spesa farmaceutica convenzionata ha rispettato, sul piano nazionale, il relativo tetto di spesa, essendo stata pari al 6,36% del FSN, inferiore di 0,6 punti percentuali allo specifico limite di spesa (7,0% del FSN); in valore assoluto, la spesa è stata pari a circa 6,1 miliardi, inferiore di 611,4 milioni di euro al limite programmato (6,7 miliardi); confrontandola con quella dei primi tre trimestri del 2022347, la variazione positiva è stata pari a 109 milioni (+1,8%).

Disaggregando il risultato nazionale per Enti regionali, si osserva che cinque Regioni (Lombardia, Basilicata, Sardegna, Campania e Abruzzo), hanno registrato una spesa superiore al 7,0% del FSR, con scostamento massimo in Lombardia (+58,7 mln), e minimo in Abruzzo (233 mila euro). La somma degli scostamenti positivi di tali Regioni, pari complessivamente a circa 66 milioni, è stata più che compensata dalla minore spesa degli altri Enti; tra questi, il Veneto ha registrato una spesa inferiore di 142 milioni al tetto del 7% del FSR, pari a circa il doppio del surplus complessivo di spesa, seguito dall’Emilia Romagna (-139 milioni) e dalla Toscana (-96 miliardi). Il monitoraggio segnala che le politiche di contenimento della farmaceutica convenzionata sono state più efficaci nelle Regioni settentrionali (con la sola eccezione della Lombardia), dove si registrano livelli di spesa anche inferiori al 6,0% del FSR, mentre nel Mezzogiorno si rilevano o eccedenze di spesa (Basilicata, Sardegna, Campania, Abruzzo), oppure livelli di poco inferiori al valore massimo, come per Puglia e Calabria, entrambe al 6,98% del FSR; proiettando tali valori tendenziali sull’anno in corso, con il nuovo tetto programmato a partire dal 2024 (6,8% del FSN) queste due ultime Regioni potrebbero registrare eccedenze di spesa.

In generale, il Rapporto n. 10 “Il monitoraggio della spesa sanitaria” del Mef-RGS348 ha elaborato, sulla base dei dati del sistema Tessera Sanitaria, una profilazione della spesa farmaceutica convenzionata pro capite che risulta nella media nazionale pari a 134 euro, ma il cui profilo, al crescere dell’età sale esponenzialmente (fino a 4 volte) tra i 60 e gli 80 anni, per poi ridiscendere. Per aree geografiche, la spesa farmaceutica convenzionata del Nord Est si colloca al di sotto della media nazionale di quasi il 20%, mentre le Regioni del Mezzogiorno spendono in proporzione il 15,5% in più, soprattutto in Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna. Il fenomeno merita un approfondimento perché se si osserva la profilazione della spesa pro capite per assistenza specialistica convenzionata la situazione si rovescia, con il Nord Est che spende il 15% in più della media, e le Isole il 18% in meno.

I dati sulla spesa pro capite a carico del cittadino per la farmaceutica convenzionata evidenziano che i maggiori esborsi, superiori alla media nazionale sia in termini di spesa lorda che, soprattutto, di compartecipazione al prezzo di riferimento dei farmaci, si concentrano soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno, dove il reddito disponibile lordo pro capite risulta mediamente inferiore del 33,6% a quello del Settentrione. In valori medi mensili, nel periodo gennaio-settembre 2023, la spesa media lorda nazionale a carico del cittadino è stata pari a 14 euro pro capite; in tutte le Regioni del Mezzogiorno si registra un valore più alto, che raggiunge il massimo in Campania (16,6 euro), Basilicata (16,4 euro), Calabria (16,3 euro). L’indicatore relativo alla spesa ticket totale351, pari, a livello nazionale, a 2,1 euro, al netto del dato leggermente superiore di Lombardia (2,2 euro) e Lazio (2,3 euro), segna anch’esso valori sistematicamente più alti nel Mezzogiorno, in particolare in Campania (3,3 euro), Sicilia (2,8 euro) e Puglia (2,7 euro); significativa, inoltre, è la quota del ticket totale riferibile alla compartecipazione al prezzo di riferimento per l’acquisto di farmaci a brevetto scaduto (a fronte della disponibilità dell’equivalente commerciale, dispensato a carico del SSN) che, pari a 1,5 euro in media nazionale, è superiore in tutto il Mezzogiorno (con la sola eccezione della Sardegna), con valori più elevati in Calabria (2,2 euro), Sicilia (1,9 euro) e Puglia (1,8 euro).

La spesa per gli acquisti diretti (al netto dei payback e di quella per farmaci innovativi e gas medicinali), nel periodo gennaio-settembre 2023 ha raggiunto i 10,2 miliardi, in crescita di 0,945 miliardi (+10,2%) rispetto all’analogo periodo del 2022, con un’incidenza sul FSN pari al 10,66%, ossia 3 punti percentuali oltre il tetto programmato (7,65%), e 0,8 punti percentuali più del valore (nello stesso arco temporale) per il 2022 (9,86% del FSN). Tutte le Regioni hanno registrato un’eccedenza di spesa, contribuendo così al superamento del tetto di spesa a livello nazionale, ma con un ampio scarto, pari a 3,8 punti percentuali, tra valore minimo (Lombardia, 8,90% del FSR) e massimo ( Sardegna, 12,69% del FSR); complessivamente, 12 Regioni hanno valori di spesa superiori alla media nazionale (10,66% del FSN) e, tra queste, il 50% (6 Enti) appartiene al Mezzogiorno; viceversa, nove Regioni si situano al di sotto del valore nazionale, di cui 6 (2/3 del totale) sono costituite da Regioni settentrionali. Invece, la spesa per acquisti diretti di gas medicinali ha rispettato il tetto nazionale dello 0,20% del FSN, essendo stata pari a 188 milioni, inferiore di 3,6 milioni al tetto programmato (191 mln). Tale spesa (0,20% del FSN), sommandosi a quella per gli altri acquisti diretti di medicinali (7,65% del FSN), contribuisce a costituire il tetto di massimo complessivo, pari, appunto, al 7,85% del FSN. Anche in questo caso, spicca la grande variabilità dei risultati a livello territoriale, che vanno da un minimo di spesa, pari a 0.05% del FSR nella Provincia autonoma di Trento (0,7 euro il valore pro capite), allo 0,34% della Calabria (5,8 euro in valore pro capite). Complessivamente, dieci Regioni superano il tetto di spesa, di cui sette appartenenti al Mezzogiorno, mentre undici spendono meno del tetto programmato, tra cui sette del Settentrione e solo una, la Campania, del Mezzogiorno. Infine, la spesa per i farmaci innovativi, pari, al netto dei payback, a 625 milioni, non essendo stata superiore alla dotazione del relativo Fondo ministeriale di finanziamento, non concorre a determinare l’ammontare complessivo della spesa per acquisti diretti sottoposta al relativo tetto (7,85% del FSN). Interessante notare il peso percentuale degli innovativi sul totale dei farmaci di classe A e H dispensati dal SSN su base regionale, pari ad una media nazionale di 18,9, con valori massimi nella Provincia autonoma di Bolzano (23,2%), Lombardia (20,6%), Umbria (20,5%), e minimi in Calabria (14,7%), Valle d’Aosta (14,9%), Sardegna e Molise (15,5%).

Nel periodo gennaio-settembre 2023, la spesa farmaceutica complessiva (che include la farmaceutica convenzionata, 7.0% del FSN, e gli acquisti diretti, 7.85%, di cui 0,20% per i gas medicinali), è stata pari a 16,4 miliardi, in aumento di circa 1 miliardo (+6,9%) rispetto al medesimo periodo del 2022, con un’eccedenza di spesa di 2,3 miliardi, che ha portato l’incidenza media nazionale dell’aggregato sul FSN dal 16,4 (nei primi tre trimestri del 2022) al 17,21% (nel medesimo arco temporale del 2023), 2,36 punti percentuali oltre il tetto massimo. Tutte le Regioni, ad eccezione della Valle d’Aosta (14,67 del FSR), hanno superato il tetto programmato (14,85% del FSN), ma le Regioni settentrionali, con la sola eccezione del Friuli Venezia Giulia, registrano scostamenti comunque inferiori alla media nazionale (2,36%), con valori relativamente più bassi nelle Province Autonome di Trento e Bolzano (0,10 e 0,17%), il Veneto (0,60%), la Lombardia (1,58%), l’Emilia-Romagna (1,99%), cui si aggiungono, tra quelle centrali, la Toscana (1,60%) e, unica tra le Regioni meridionali, la Sicilia (2,02%); viceversa, tra le 10 Regioni che superano l’incidenza media nazionale, sei appartengono al Mezzogiorno, una al Nord (Friuli Venezia Giulia), ed una al Centro (Lazio, 2,38%). Molise e Liguria, invece, presentano valori allineati allo scostamento medio nazionale (2,36%).

Fonte: Quotidiano Sanità