Proseguono le manifestazioni in Myanmar (ex Birmania) dal colpo di Stato del 1 febbraio, nonostante sia arrivato a 55 il numero dei morti causati dai colpi di arma da fuoco sparati dalle forze di polizia per arginare la protesta.

All'indomani di una nuova riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, a Loikaw, nel centro del Paese, sono state centinaia le persone, che sono scese in strada sventolando cartelli che invitano alla disobbedienza civile.

"Se vai a lavorare, stai aiutando la dittatura", "La nostra rivoluzione deve vincere", sono stati gli slogan scanditi dalla folla.

Nel quartiere di San Chaug a Rangoon, la capitale economica del Paese, i manifestanti hanno eretto barricate improvvisate per proteggersi dalle cariche della polizia.

Infatti anche se le manifestazioni nelle vie più trafficate delle principali città del Myanmar sono state represse dalle forze di sicurezza, i manifestanti hanno iniziato a creare propri presidi nei loro quartieri, piccole fortezze tirate su con mezzi di fortuna, fatte di sacchi di sabbia, bidoni della spazzatura pieni d'acqua, barricate improvvisate. E in quei quartieri le persone si sostengono a vicenda, distribuendo gratuitamente cibo o materiale per proteggersi.

La lotta per combattere la dittatura non ha intenzione di fermarsi finché il regime non cadrà.