Mentre in un primo tempo Netanyahu aveva fatto sapere di voler posticipare il voto dopo la sua visita a Washington e l'incontro con Trump del 15 febbraio, ieri ai giornalisti inglesi che lo hanno intervistato in occasione del suo incontro con Teresa May, il primo ministro israeliano aveva detto che la sua intenzione era quella di informare gli Stati Uniti, ma non di ritardare il voto.

A quale voto si riferisse è presto detto. Quello sulla legge con cui il parlamento israeliano chiedeva di legalizzare circa 4.000 case degli insediamenti in Cisgiordania. Mentre Netanyahu era sull'aereo che lo riportava in Israele, la Knesset ha approvato la legge con 60 voti a favore e 52 contrari.

La legge approvata ieri, fortemente voluta dalla destra estremista israeliana, in special modo dopo che nei giorni scorsi circa 300 coloni sono stati allontanati da un insediamento ritenuto illegittimo ad Amona, consente - ipocritamente - ai coloni israeliani di continuare ad occupare la terra su cui hanno costruito le proprie case in base a due condizioni: se non sapevano che in precedenza la terra appartenesse ad un proprietario palestinese oppure se hanno costruito in base ad una concessione rilasciata direttamente dallo stato israeliano. Per i palestinesi che potranno dimostrare la proprietà dei terreni che saranno stati loro requisiti è prevista una compensazione finanziaria.

La legge approvata ieri, oltre a violare qualsiasi pronunciamento già espresso dalle istituzioni internazionali, è in contrasto anche con i pronunciamenti già espressi dalla Corte Suprema israeliana sul diritto di proprietà, tanto che il ministero della Giustizia non la difenderà nel caso venga impugnata di fronte alla stessa Corte.

Quindi, se nella pratica questa legge potrà avere effetti relativi a causa della sua inapplicabilità, diventa però importante come ennesima dimostrazione delle finalità che ormai animano l'attuale governo israeliano. Con questo tipo di scelte, infatti, è palese l'evidenza che la strada scelta da Israele nei confronti delle giuste richieste palestinesi non è certo quella del dialogo, ma della contrappsizione ad ogni costo.

L'ultima dichiarazione in proposito rilasciata dall'amministrazione Trump è stata quella in cui afferma che gli attuali insediamenti israeliani in Cisgiordania non rappresentano un ostacolo alla pace. Ostacolo che, invece, potrebbe essere causato dalla realizzazione di nuovi insediamenti.

Dopo l'avvento di Trump, si può ritenere che gli israeliani, se la destra continuerà a governare, continueranno a coltivare una politica di piccoli passi che avrà per finalità una costante ed inarrestabile occupazione della Cisgiordania in pieno spregio a qualsiasi direttiva internazionale, confidando che qualsiasi sanzione nei confronti di Israele sarà impedita grazie al supporto e all'appoggio degli Stati Uniti.