Prevista per il giorno 24 dicembre l’uscita della nuova release discografica dell’etichetta VDC Classique dedicata a un’opera inedita del repertorio operistico buffo della fine del Settecento. L’opera in questione, Il barone burlato, fu composta da Domenico Cimarosa, musicista aversano, formatosi nel Conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli che fu, durante la propria vita, uno tra i più celebri e osannati compositori del proprio tempo.

Cimarosa, dopo i primi trionfi nei teatri della sua città, iniziò rapidamente una folgorante carriera internazionale che culminò nell’impiego assunto in qualità di Compositore della Real Cappella della Corte di Russia al tempo di Caterina II e all’impiego, come musicista diremmo oggi free lance , a Vienna, città per la quale compose tre opere, su invito dell’Imperatore Leopoldo II, tra cui la più celebre oggi Il matrimonio segreto (unica opera comica italiana del Settecento rimasta sempre in repertorio).

Il musicista ebbe glorie, onori e compensi faraonici; al sommo della gloria, però, si compromise con la neonata repubblica Napoletana del 1799, scrivendone l’Inno. Come la storia ci consegna, però, la Repubblica ebbe vita breve e al ritorno dei Borboni fu fatto comando di arrestare – e, in molti casi, di uccidere - tutti coloro che ebbero incarichi di prestigio durante il breve periodo rivoluzionario. Vista la fama del compositore e le potenti amicizie di cui godeva, la pena di morte gli venne risparmiata, ma non il carcere, in cui Cimarosa scontò una severa pena di alcuni mesi.

Uscito dal carcere, se ne andò a Venezia per comporre quella che sarebbe poi divenuta la sua ultima opera, Artemisia, commissionata dal teatro La Fenice. Quella commissione giunse, effettivamente, in un momento propizio: il musicista, caduto in disgrazia presso i Borboni, non aveva più impieghi a Napoli e un cambiamento d’aria non poteva che giovargli. Purtroppo, però, una volta giunto nella città lagunare, il compositore si ammalò e, nel breve tempo di una decina di giorni, morì senza poter mai far ritorno nella sua amata Napoli (dove aveva lasciato i tre figli piccoli Raffaele, Paolo e Costanza).

Intervistiamo Simone Perugini, curatore dell’edizione critica de Il barone burlato e direttore d’orchestra della release discografica in uscita.

D.:Maestro, ormai per lei Cimarosa è una consuetudine…

R.: Di più, molto di più di una semplice consuetudine. E’ un vero e proprio atto d’amore. Mi occupo di lui e della sua produzione musicale dal 1993 e, da allora, (nel ’93 avevo 18 anni e poco ancora potevo fare concretamente) mi sono costantemente dedicato alla diffusione della musica dell’illustre aversano, sia come Editor principale di Artaria Editions Limited per il poderoso progetto di pubblicazione, in edizione critica, delle partiture, sia come direttore d’orchestra.


D.: Cosa può dirci de Il barone burlato?

R.: Ascoltatela e godetevela! Il barone burlato è un’opera molto divertente, scritta a più mani. Mi spiego meglio: nel 1781 Cimarosa compose per il Teatro Valle di Roma l’opera comica in due atti Il pittore parigino su libretto di Giuseppe Petrosellini. L’opera ebbe un travolgente successo, tanto da essere immediatamente riproposta in molti altri teatri della penisola. Nel 1784 il Teatro Nuovo di Napoli decise di mettere in scena Il pittor parigino in una versione rinnovata, allargandone la drammaturgia a tre atti affidandone la versificazione e l’adattamento drammaturgico a un altro librettista, Giuseppe Bonito, e ingaggiando per la composizione delle nuove arie a un altro compositore, d’istanza a Napoli, Francesco Cipolla. Questa versione completamente rinnovata de Il pittor parigino (che conteneva circa l’80 per cento dell’originale musica di Cimarosa e le nuove sezioni, segnatamente quelle composte per il terzo atto aggiunto, musicate da Cipolla) venne intitolata, appunto, Il barone burlato. Non è chiaro se Cimarosa partecipò direttamente a questo allestimento, ma quasi certamente non fu coinvolto, altrimenti la composizione delle arie nuove sarebbero state affidate direttamente a lui, musicista assai più talentuoso e preparato del povero Cipolla.


D: Intende dire che le aggiunte di Cipolla sono scadenti?

R.: Detta così, sembra un’affermazione relativa a una ricetta culinaria: su un piatto cucinato da Cimarosa, la cipolla non ci va. Scherzi a parte, relativamente a Cipolla, potrei citare l’intramontabile Totò: “Però!... Il pover’uomo se l’è cavata!”. Sarei forse un po’ ingeneroso verso il maestro napoletano, ma sicuramente, credo, obiettivo: la musica di Cipolla (della cui biografia e carriera, tra l’altro, non si sa quasi nulla) non è certo all’altezza di quella di Cimarosa. Manca di teatralità e di schiettezza d’invenzione melodica. Laddove la musica di Cimarosa è sempre riconoscibile, grazie a tratti stilistici che solo lui aveva e sapeva sfruttare appieno nei propri lavori, lo stile “cipolliano” è molto più anonimo e convenzionale, è, sostanzialmente, un “non stile”. Il musicista si limita a utilizzare le strutture formali tipiche dell’epoca – cosa che faceva sempre anche Cimarosa – senza però insufflare all’interno di esse uno stile personale. Spesso, l’andamento melodico di Cipolla, la cosiddetta “cantilena”, come si indicava nel Settecento il concetto odierno di tema musicale, è in alcuni tratti goffo e scarno. Per fortuna, ne Il barone burlato, come già detto, l’80 per cento della musica è comunque di Cimarosa, garanzia di qualità e soprattutto di infinita piacevolezza d’ascolto.


D.: Appuntamento, quindi al 24 dicembre, per l’uscita del CD.

R.: Esattamente. Registreremo durante la prima settimana di dicembre e, in tempi record, il cd verrà immesso nel mercato. Un’ultima annotazione, se mi è permessa: la partitura dell’opera, in edizione critica, è già disponibile in commercio (unitamente alla riduzione canto e pianoforte).