A gennaio 2025 l'Istat registra un avvio negativo per il mercato del retail, con dati congiunturali (mensili) e tendenziali (annui) che delineano un quadro contrastante, caratterizzato da deboli segnali positivi in valore ma da un evidente calo dei volumi di vendita.
A gennaio 2025, le vendite al dettaglio registrano una flessione nel dato congiunturale del -0,4% in valore e del -0,6% in volume rispetto a dicembre 2024. Il calo coinvolge entrambi i principali settori:
- Beni alimentari: -0,3% in valore e -0,5% in volume.
- non alimentari: -0,5% in valore e -0,7% in volume.
Anche nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025, il trend è negativo: le vendite complessive segnano -0,1% in valore e -0,5% in volume. Unica nota positiva: i beni alimentari, pur riducendosi in volume (-0,6%), registrano un +0,4% in valore, segnale di possibili aumenti dei prezzi o di un orientamento verso prodotti di maggior qualità. Al contrario, i beni non alimentari confermano le difficoltà (-0,2% in valore e -0,3% in volume).
Su base annua, rispetto a gennaio 2024, le vendite al dettaglio mostrano un +0,9% in valore, ma un -0,2% in volume. I dati rivelano dinamiche divergenti tra settori:
- Beni alimentari: +2,1% in valore, con volumi invariati.
- Beni non alimentari: valori stabili (+0,0%) e volumi in calo (-0,3%).
Tra i non alimentari, spiccano le performance contrastanti:
- In aumento: Abbigliamento e pellicceria (+1,9%) e Prodotti farmaceutici (+1,8%).
- In calo: Dotazioni per informatica e telecomunicazioni (-3,5%) e Calzature/articoli da viaggio (-3,3%).
Le forme distributive raccontano un’Italia a due velocità:
- Grande distribuzione: +2,1% in valore su base annua.
- Piccole superfici: valori invariati.
- Vendite al di fuori dei negozi (es. mercati ambulanti): -1,0%.
- E-commerce: crollo del -3,3%, segnale di un possibile riorientamento verso acquisti in-store o di minore fiducia negli acquisti online.
Il 2025 si apre con un mercato fragile. I cali congiunturali riflettono una fase di incertezza, con famiglie più caute nei consumi, soprattutto per i beni non essenziali. La crescita dei valori, specie per gli alimentari (+2,1% tendenziale), sembra legata a dinamiche inflazionistiche.
La polarizzazione dei consumi è evidente: settori come farmaceutico e abbigliamento resistono, mentre tecnologia e viaggi arretrano, facendo pensare ad una riduzione del potere d'acquisto.