A vent'anni dalla scomparsa della regina di maggio, il nipote Emanuele Filiberto chiede scusa agli ebrei italiani per i provvedimenti controfirmati dal bisnonno. Sono passati vent’anni dalla scomparsa, avvenuta il 27 gennaio del 2001 all’ospedale cantonale di Ginevra, della Regina Maria Josè di Savoia.

A pochi giorni dall'anniversario, e in occasione del 27 gennaio in cui viene celebrato il Giorno della Memoria, il nipote Emanuele Filiberto scrive una lettera ai «Fratelli della Comunità Ebraica italiana», per chiedere ufficialmente perdono a nome di Casa Savoia per le leggi razziali volute da Mussolini ma controfirmate dal Re Vittorio Emanuele III.  

I sogni di un matrimonio felice con Umberto, il più bel principe d’Europa, rimasero tali almeno fino alla prima notte di nozze l'8 gennaio 1930, che il rampollo Savoia preferì passare con i più intimi amici. Grandi erano le loro differenze caratteriali, e altrettanto grandi erano le differenze culturali tra la corte italiana e quella belga.

La prima rigida e ossequiosa della forma, la seconda più liberale e aperta alle novità, tanto che non erano un mistero le simpatie socialiste di Re Alberto. Differenze che si evidenziarono sempre di più nei duri anni della guerra quando Maria Josè, in aperta sfida del regime fascista e del suocero Vittorio Emanuele III che certo non l’amava, ma che molti anni prima l’aveva scelta per la ricca dote, intrattenne rapporti con esponenti della Resistenza e del mondo culturale antifascista.

Umberto, invece, si limitava a seguire i precetti del padre che però non lo coinvolgerà mai nelle scelte di Stato, tanto che era famosa a corte la frase “In casa Savoia si regna uno alla volta”.  

Di questo è molto altro ne parlerà Gilda Faleri nella rubrica “Il Salotto dei Royals” live tutti i sabati su Social Talk Web. Ospite di puntata, domani, Francesco Vicario giornalista di Gente.