Quello prima delle elezioni, come si sa, è il tempo dei miracoli. Ciò che non era possibile fino a qualche settimana prima, diventa cosa fatta in vista del voto. Così è per le amministrative, così è per le politiche.
Che ciò accadesse anche per le elezioni che devono decidere se approvare o meno il nuovo testo costituzionale, non si era mai visto. È vero. Non capita spesso di cambiare circa 40 articoli della Costituzione, quindi occasioni analoghe non ce ne sono state molte. Però, che un referendum consultivo su un argomento che dovrebbe essere valutato nel merito finisca per diventare un'elezione politica con tutte le conseguenze del caso, è a dir poco incredibile.
Ma questo è quello che è accaduto.
Per supportare il Sì alla Costituzione, Matteo Renzi ha trasformato la campagna refrendaria, da una parte in un voto del noi contro loro, dall'altra in una serie infinita di promesse e regalie senza soluzione di continuità.
L'ultima trovata in ordine di tempo è il rinnovo del contratto agli statali. Niente di sbagliato, per carità. Il contratto era scaduto da anni e avrebbe dovuto essere rinnovato già lo scorso anno.
Nella legge di bilancio del 2017, la cifra prevista per il rinnovo era di 900 milioni di euro e ripartita sul numero degli statali (utilizziamo come riferimento un numero approssimativo: 3.250.000) era pari ad un aumento leggeremente inferiore a 30 euro al mese.
Poi, Governo e sindacati si sono incontrati e finalmente, dopo una riunione fiume, ieri hanno stabilito che ai dipendenti pubblici sarà garantito un aumento di 85 euro mensili per il triennio 2016-2018.
L'aumento è da considerarsi medio, cioè verrà attribuito in base a parametri che ad alcuni consentiranno di ricevere la cifra per intero, mentre altri riceveranno qualcosa in più, altri qualcosa in meno.
Inoltre, per la concessione di questo aumento, si è anche trovata una soluzione che tuteli le retribuzioni attuali dei lavoratori, garantendo così che gli aumenti contrattuali abbiano efficacia per tutti senza che però possano incidere sul bonus degli 80 euro che, evidentemente, non devono essere valutati come parte del nuovo compenso.
Inoltre, il Governo ha garantito il rinnovo dei contratti dei lavoratori precari in scadenza assunti dalle pubbliche amministrazioni e l’impegno a superare con apposite norme il precariato all’interno della Legge quadro che dovrà essere prossimamente varata.
Un trionfo, sia per i sindacati che per i lavoratori statali.
Comunque, in base a qesto accordo, sebbene cifre non ne siano stata fornite, qualche valutazione è possibile farla.
Se ogni statale, chi più chi meno, riceverà 85 euro, per lo Stato il costo mensile in più da pagare sarà di 276,250 milioni, quello annuale di 3,315 miliardi di euro. Per il solo 2017, lo Stato dovrà pagare oltre 6 miliardi di euro in più agli statali, perché dovrà integrare il nuovo stipendio anche con gli arretrati del 2016.
Naturalmente, non è detto che siano queste le cifre esatte, ma non dovrebbero essere neppure tanto lontane dalla realtà.
A questo punto, una semnplice considerazione. Se la manovra di bilancio 2017 prevedeva per gli statali 900 milioni, dove troverà il governo gli oltre 5 miliardi in più necessari alla copertura degli aumenti promessi?
E non va neppure dimenticato un altro aspetto. La legge di bilancio già prima era stata dichiarata senza adeguate coperture dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio che non l'aveva approvata e dalla Commissione UE che aveva rimandato qualsiasi bocciatura ad anno nuovo.
Quindi, la domanda sorge spontanea: dove prenderà i soldi Matteo Renzi? Il mistero, inoltre, si infittisce pensando alle promesse fatte nelle ultime settimane dal presidente del Consiglio che, confondendo il suo ruolo istituzionale con quello di segretario del Partito Democratico, ha girato in lungo e largo l'Italia per fare campagna elettorale per il Sì al referendum e, allo stesso tempo, ha promnesso alle regioni e ai comuni da lui visitati, finanziamenti a pioggia quasi illimitati.
La "confessione" del presidente della regione Campania De Luca fa pensare a queste iniziative come un vero e proprio voto di scambio.
Pertanto, è utile ripetere la domanda. Dove prenderà i soldi Matteo Renzi per soddisfare le miliardarie promesse di cui tutta l'Italia, esclusa la città di Taranto che evidentemente è particolarmente invisa al premier, sarà beneficiata?
Una domanda non certo scontata e non di poca importanza. Eppure, misteriosamente, nessun organo di stampa se la sta ponendo.