Trent’anni fa gli impiegati dello Stato venivano assunti con concorso pubblico, prove scritte e orali, giuravano di “essere fedeli alla Repubblica Italiana e al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le proprie funzioni al solo scopo del pubblico bene”, ed erano dipendenti pubblici.
Oggi, tutto è cambiato. E anche quei diritti che una volta erano intoccabili e che andavano sotto la voce di ‘diritti acquisiti’, sono stati calpestati e disattesi.
Tant’è che oggi come oggi, il rapporto di lavoro dei dipendenti della Pubblica Amministrazione è stato trasformato da pubblico a privato, senza ovviamente nessuna quattordicesima in busta paga, il giuramento di fedeltà alla Repubblica è stato cancellato con un tratto di penna, le prove scritte e orali sono state sostituite dai quiz a risposta multipla, ma soprattutto è cambiato tutto in materia di previdenza.
La PENSIONE, che un tempo era calcola con il sistema retributivo ed era fissata ad un’età di vecchia di 65 anni, si è via, via, ‘impoverita’, prima con il governo Dini, poi con il governo Monti-Fornero, arrivando ad un assegno previdenziale sempre più magro, – in quanto dal calcolo retributivo si è passati a quello contributivo – ad una liquidazione pagata a rate e ad un’età di vecchia che si è allungata sempre di più fino a raggiungere quota 70!
Insomma, le regole sono cambiate in corso d’opera. In campo previdenziale i diritti acquisiti non esistono più e chissà se trent’anni fa, alla luce di questi ultimi accadimenti e col senno del poi, tanti travet avrebbero scelto una strada diversa da quella del posto statale?
Ma la cosa che desta maggiore sconcerto è che nessuno protesta, nessuno ne parla, tutto tace: i sindacati non alzano un dito, la politica è assente, il mainstream asseconda il carrozzone e loro, i diretti interessati, subiscono zitti e mosca!