A Roma, a Palazzo Colonna, questo mercoledì ha avuto luogo il Welfare Day, da quasi un decennio occasione importante di approfondimento, riflessione e confronto per i protagonisti del welfare sui dati forniti dal rapporto Rbm-Censis sul sistema di sicurezza sociale del nostro Paese.
Il tema trattato nel 2018 è quello del diritto alla salute ed alla spesa per la sanità delle famiglie italiane, per testare così la sostenibilità economica e sociale del nostro Sistema sanitario.
I punti salienti del rapporto sono stati riassunti nell'evento odierno da Roberto Favaretto, Presidente di Previmedical, Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute, Giuseppe De Rita e Francesco Maietta, rispettivamente Presidente e Responsabile dell'Area Politiche sociali del Censis.
Questo un breve riassunto.
La spesa sanitaria privata sale, raggiungendo 40 miliardi di euro, quasi il 10% in più nel periodo 2013-2017. E tale spesa incide di più sulle famiglie a basso reddito, tanto che la tredicesima di un operaio, 1.100 euro circa, se ne va in cure sanitarie per sé e i familiari.
Sono sempre di più gli italiani che pagano di tasca propria le prestazioni sanitarie, tanto che nel 2017 il loro numero è arrivato a 44 milioni, mentre soltanto due anni fa erano 36 milioni. Ciò equivale ad un aumento del 22%, pari ad 8 milioni di persone!
Nel periodo 2014-2016, mentre i consumi delle famiglie operaie sono rimasti fermi (+0,1%), le spese sanitarie private sono aumentate del 6,4% (in media 86 euro in più nell'ultimo anno per famiglia).
Al contrario, per gli imprenditori c'è stato invece un forte incremento dei consumi (+6%), mentre la crescita della spesa sanitaria privata è risultata inferiore (+4,5%: in media 80 euro in più nell'ultimo anno).
Nell'ultimo anno, 7 milioni di italiani hanno dovuto ricorrere ad un prestito e 2,8 milioni hanno dovuto usare il ricavato della vendita di una casa o utilizzare i propri risparmi per far fronte a delle spese sanitarie.
Solo il 41% degli italiani copre le spese sanitarie esclusivamente con il proprio reddito: il 23,3% deve integrarlo attingendo ai risparmi, mentre il 35,6% deve usare i risparmi o fare debiti (in questo caso la percentuale sale al 41% tra le famiglie a basso reddito). Il 47% degli italiani taglia le altre spese per pagarsi la sanità (e la quota sale al 51% tra le famiglie meno abbienti).
In sintesi, secondo quanto riporta il rapporto Rbm-Censis, meno uno guadagna, più deve trovare i soldi per pagare le spese sanitarie di cui ha bisogno.
In quali settori i cittadini hanno dovuto spendere di tasca propria per curarsi?
7 cittadini su 10 hanno acquistato farmaci (per una spesa complessiva di 17 miliardi di euro), 6 cittadini su 10 visite specialistiche (per 7,5 miliardi), 4 su 10 prestazioni odontoiatriche (per 8 miliardi), 5 su 10 prestazioni diagnostiche e analisi di laboratorio (per 3,8 miliardi) e 1 su 10 protesi e presidi (per quasi 1 miliardo)... in totale sono 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani.
A questa forma di ingiustizia se ne aggiunge un'altra, quella di chi non vuole la mobilità sanitaria. Sono 13 milioni gli italiani che dicono stop alla mobilità sanitaria fuori regione. E in 21 milioni ritengono giusto penalizzare con tasse aggiuntive o limitazioni nell'accesso alle cure del Servizio sanitario le persone che compromettono la propria salute a causa di stili di vita nocivi, come i fumatori, gli alcolisti, i tossicodipendenti e gli obesi.
Questo è quanto ha dichiarato nel merito Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute: «La salute è da sempre uno dei beni di maggiore importanza per tutti i cittadini, ma in questi anni non è mai stata al centro dell'agenda politica.
La spesa sanitaria di tasca propria è la più grande forma di disuguaglianza in sanità, perché colpisce in particolar modo i redditi più bassi, le Regioni con situazioni economiche più critiche, i cittadini più fragili e gli anziani. Questa situazione può essere contrastata solo restituendo una dimensione sociale alla spesa sanitaria privata attraverso una intermediazione strutturata da parte del settore assicurativo e dei fondi sanitari integrativi.
Bisogna superare posizioni di retroguardia e attivare subito, come già avvenuto in tutti gli altri grandi Paesi europei, un secondo pilastro anche in sanità che renda disponibile su base universale - quindi a tutti i cittadini - le soluzioni che attualmente molte aziende riservano ai propri dipendenti. In questo modo si potrebbe dimezzare il costo delle cure che oggi schiaccia i redditi familiari, con un risparmio per ciascun cittadino di circa 340 euro all'anno.
I soldi per farlo già ci sono, basterebbe recuperarli dalle detrazioni sanitarie che favoriscono solo i redditi più elevati e promuovono il consumismo sanitario. Ci dichiariamo sin d'ora disponibili ad illustrare al nuovo governo la nostra proposta, che può assicurare oltre 20 miliardi di risorse da investire sulla salute di tutti.»
E quali sono, quindi, le reazioni degli italiani nei confronti del sistema sanitario?
Il 37,8% prova rabbia a causa delle liste d'attesa troppo lunghe o i casi di malasanità. Il 26,8% è critico perché, oltre alle tasse, bisogna pagare di tasca propria troppe prestazioni e perché le strutture non sempre funzionano come dovrebbero. I più arrabbiati verso il Servizio sanitario sono le persone con redditi bassi (43,3%) e i residenti al Sud (45,5%).
Ma c'è anche chi pensa in positivo. Il 17,3% prova un senso di protezione e di fronte al rischio di ammalarsi pensa: «meno male che il Servizio sanitario esiste». L'11,3% prova un sentimento di orgoglio, perché la sanità italiana è tra le migliori al mondo.
E tutto questo poteva non avere un riflesso in politica?
E come sarebbe stato possibile pensare il contrario. La sanità ha giocato molto nel risultato elettorale (per l'81% dei cittadini è una questione decisiva nella scelta del partito per cui votare) e sarà il cantiere in cui gli italiani metteranno alla prova il passaggio dall'alleanza del rancore al governo del cambiamento.
Per un miglioramento della sanità il 63% degli italiani non si attende nulla dalla politica. Per il 47% i politici hanno fatto troppe promesse e lanciato poche idee valide, per il 24,5% non hanno più le competenze e le capacità di un tempo.
Più rancorosi verso il Servizio sanitario sono gli elettori del Movimento 5 Stelle (41,1%) e della Lega (39,2%), meno quelli di Forza Italia (32,9%) e Pd (30%).
Inoltre, gli elettori di 5 Stelle (47,1%) e Lega (44,7%) sono anche i più fiduciosi nella politica del cambiamento, rispetto a quelli di Forza Italia (31,4%) e del Pd (31%).
La sanità ha giocato molto nel risultato elettorale (per l'81% dei cittadini è una questione decisiva nella scelta del partito per cui votare) e sarà il cantiere in cui gli italiani metteranno alla prova il passaggio dall'alleanza del rancore al governo del cambiamento.