Capitolo 23. Io sono il tuo dio.

 

“Paolo, svegliati”

“Eh? Ma che c…”

“Paolo, dormi da diciotto ore. Dici che basta?”

“Oh, chi ti conosce, a te! E perchè ti sei vestito così?”

“Sono vestito secondo la moda dei tempi miei. Che per caso io ti dico qualcosa sul pigiama che porti?”

“No, ma..come sei entrato?”

“E adesso lo racconto proprio a te, guarda.”

“Ma chi sei?”

“Sono Dio!”

“Cristo santo!”

“Non me ne parlare!”

“Di che?”

“Di mio figlio. Una spina nel fianco.”

“Ma perchè sei quì?”

“Sono venuto per parlarti.”

“E di che?”

“Come di che? M’hanno quasi intasato la pec per raccontarmi del monte di casini che stai combinando!”

“Intendi quel problemino con Gionni?”

“Ma che mi frega a me di Gionni o come cavolo si chiama! Uno, più che dargli quello che gli deve dare, che altro deve fare?

Io ti ho dato la paletta, a te invece ti piace giocare col secchiello e allora gioca col secchiello. Ma che sono affari miei?”

“Ma allora…”

“Devo parlarti di te, non di Gionni. Quello adesso sta a casa a passarsi la crema sui piedi.”

“E io che ho fatto, scusa?”

“Senti Paoletto, ma tu l’hai vista bene Teresa?”

“Teresa è una bellissima donna, chiaro che l’ho vista”

“Teresa è una chiavica, Paolo! Ma che ti dice il cervello?

Senti, io c’ho già un figlio che mi fa incazzare tutte le sere che torno a casa, non ti ci mettere pure tu, ok?”

“Ma io..”

“Tu è ora che ti butti, Paolo! E’ inutile che vai dietro alle donne che ti ricordano mammina. E guarda che mamma tua non era mica una santa, eh?”

“Come no?”

“Seeh, lallèro!”

“Paolo, sei l’unico essere umano al mondo con la tallonite psicosomatica, ma ti rendi conto di come sei messo?”

“A parte che io ho il referto di un luminare dell’ortopedia…”

“Luminare? Lo so solo io come ha passato il concorso quello! Famme sta’ zitto, Paole’..”

“Ma c’ho le lastre!”

“E stai ancora a guardare le lastre, tu, vero? Ma non hai capito che invece ti devi guardare attorno? C’è un mondo, fuori, Paolo!

Sai quanto c’ho lavorato, io, per organizzare tutto l’ambaradan? Almeno almeno sei giorni dei miei, che sono come tremila anni dei tuoi. E tu che fai, non guardi nemmeno?

Guarda che il tempo passa, Paolo, e quello non guarda in faccia a nessuno! Mo alzati, che è ora.”

“Ora di cosa?”

“Di vivere, Paolo, che la corda si accorcia. Sei già in peccato mortale, occhio! Oh, a proposito, mica sarai uno che crede a quelli là….insomma ai preti, ecco.”

“Che c’entrano adesso i preti?”

“C’entrano, Paoletto mio. Quelli stanno ancora a carissimo amico ma a me mica m’hanno capito ancora! I peccati mortali che dicono loro, per esempio, mica sono gli stessi che dico io.”

“Ah no?”

“E certo che no! Io li lascio fare per non vedermela coi sindacati, ma per me potete fare quello che vi pare, basta che non vi fate male. Esiste un solo peccato.

“Uno solo?”

“Perchè, ti pare poco? Guarda che è un peccato mortale!”

“Uccidere”

“No”

“Rubare”

“Manco”

“Commettere adulterio”

“Ma figurati”

“E che c’è di peggio?”

“Buttare via il tempo, questo è peggio.”

“A me non pare così grave, Signore..”

Signore ci chiami l’amico di mamma. Ma scusa, tu credevi che bastava fare il cielo, la terra e gli uccellini, per mettere su la Creazione?

E no, Paoletto bello, il difficile è venuto dopo, quando ho dovuto inventarmi le cose che si sentono ma non si toccano, come il coraggio, la tenerezza, la pietà e tutte quelle cose che vi ho ficcato dentro ma che voi usate male.

Poi ho dovuto tirare fuori l’idea del tempo, sennò stavate ancora a rubarmi l’orto e a non fare niente tutto il giorno.

Il tempo è stata la cosa più difficile di tutte, io manco lo capivo, all’inizio. Poi la domanda ha superato l’offerta e quindi no, quello non si può proprio sprecare, mi dispiace.”

“E io che dovrei fare, Signore?”

“Pazienza, mi parevi sveglio e invece non capisci un cazzo.

E’ il problema mio, questo. Io non inquadro al volo le persone, mannaggia! Vediamo se mi spiego meglio.

Ti sei guardato, Paole’? A quarant’anni devi ancora fare tutto e invece stai quà a dormire con gli orsacchiotti sul pigiama, perdi tempo perchè la vita ti fa ancora paura e per avere una scusa ti sei pure convinto di essere zoppo. E dai!”

“E cosa posso fare, Signore?”

“Ancora ‘Signore’...c’hai proprio la terra in mezzo alle orecchie, tu.

“E allora illuminami, Immenso, ti prego!”

“Insomma, Paole’, ti devi da’ una mossa.

E poi esci. Devi uscì, mannaggia a te, Paolo, che fuori è pieno de fica!!”

 

Paolo si sveglia di botto, madido di sudore.

Ha sognato Dio in persona. E sembrava così vero!

Scende dal letto e si avvia verso la cucina, ancora confuso.

Si ferma. Cammina ancora, torna indietro, si ferma di nuovo.

Il piede non gli fa più male.