Siamo nell’epoca dell’era digitale: i bambini, anche i più piccoli, sanno usare uno smartphone o un tablet senza difficoltà ed è probabilmente con quello che sanno già ordinare i loro giochi preferiti.

Ma è soprattutto la presenza di ritmi sempre più veloci, di vite frenetiche, che spinge le persone ad utilizzare metodi più comodi per gli acquisti: l’utilizzo dei siti di e-commerce è ormai una prassi consolidata (oggi anche la spesa al supermercato la si può “ordinare” on line). Eh sì, la soddisfazione di non fare file è davvero una fonte di riduzione di stress, che tutti dicono sia la malattia del secolo, e, dunque, di miglioramento della vita. Sarà davvero così?

La risposta non è così immediata, ma, è proprio questo meccanismo, che ha comportato l’apertura, nel mese di settembre, della pratica di bancarotta assistita dello storico colosso americano nella vendita dei giocattoli Toys’R us. Ma, essendo fallito il tentativo di rilancio, viste le scarse vendite nel periodo delle festività, come è stato riportato dal Wall Street Journal, l’azienda venderà o chiuderà tutti i suoi punti vendita.

Eppure, in quasi tutti i film di Natale americani sono da sempre presenti questi giganteschi edifici a più piani con ogni gioco possibile su migliaia di scaffali, bambini felici di poter scegliere il proprio regalo, di poterlo vedere da vicino. Tutto questo sembra già essere un lontano ricordo degli anni ’90, con la bellezza di quando il contatto con le cose e le persone era più bello di un “touch” ad uno schermo.

Al di là dell’aspetto “amarcord”, ovviamente c’è da considerare l’impatto economico.

In primis la perdita del posto di lavoro di migliaia di persone, senza considerare che un’eventuale liquidazione sarebbe una delle maggiori mai avutesi negli Stati Uniti. Infatti, per Toys ‘R us sta risultando difficile, al momento, trovare un accordo con i creditori per la ristrutturazione del debito, che ammonta a 5 miliardi di dollari.

Siamo, quindi, di fronte alla prova che il commercio tradizionale, quello al dettaglio, sia un settore in crisi. Infatti, portando l’analisi al contesto italiano si nota, come emerge da un’indagine condotta da Confesercenti sulla base dei dati camerali e dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, che dal 2012 al 2017 le imprese del commercio on line sono aumentate del 72,6%. Questo cambio di tendenza è anche (o forse in maggior misura) da attribuirsi a giovani imprenditori in cerca di – nuova - occupazione che investono in start up, puntando sull’e-commerce.

Il futuro sembra, dunque, che sarà fatto di meno mattoni e più spazio virtuale. Il reale impatto di tutto ciò probabilmente potrà essere realmente percepito tra qualche anno, anche se fin da ora si sono modificati i rapporti tra produttore e consumatore, fornitore e azienda, punto vendita e cliente. A maggior ragione che le aziende di vendita on line puntano su una fidelizzazione con il cliente, creando una relazione stabile, cosa che i punti di vendita non riescono a raggiungere, (almeno per ora).