Due articoli della nostra Costituzione, il 46 e il 99, riconoscono, in modo chiaro e inequivocabile, al lavoratore italiano, mediante le rappresentanze delle categorie produttrici (Corporazioni?) il diritto di partecipare alla gestione delle aziende, e alle scelte di politica economica e sociale della Nazione. I due articoli, inseriti dai Padri Costituendi, sono chiaramente riconducibili alla legislazione fascista in tema di lavoro e socialità. Pur nel fervore antifascista che contraddistinse la stesura della Costituzione italiana nell’immediato dopoguerra, non si poté fare a meno di inserire i due articoli, portatori di elementi di giustizia ed equità nel mondo del lavoro. Questi articoli sono rimasti inapplicati e sconosciuti ai lavoratori, i quali, per vedere tutelati i loro interessi hanno riservato la loro attenzione ai Sindacati, diventandone succubi strumenti per lotte politiche che nulla hanno a che fare con la salvaguardia dei loro diritti. Li riportiamo integralmente. Art. 46 Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. Art. 99 Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. E` organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge. Mario Settineri Componente CC MSFT