«Nessun pericolo di affondamento né rischio di vita (sic!) per le persone a bordo (come documentato da foto), nessun mare in tempesta. Ignorate le indicazioni della Guardia Costiera libica che stava per intervenire, scelta di navigare verso l’Italia e non Libia o Tunisia, mettendo a rischio la vita di chi c’è a bordo, ma soprattutto disobbedienza (per ben due volte) alla richiesta di non entrare nelle acque italiane della Guardia di Finanza. Se un cittadino forza un posto di blocco stradale di Polizia o Carabinieri, viene arrestato. Conto che questo accada.»
Le parole sopra riportate, espresse pure in un italiano alquanto approssimativo, mostrano tutta la difficoltà in cui si trova il ministro dell'Interno Salvini che, chiuso in un angolo dalla sua stessa propaganda, adesso è costretto a rilasciare direttive assurde e pretendere arresti ancor più assurdi, oltretutto richiamandosi a paragoni a dir poco surreali.
Tutto questo per prospettare ai suoi sostenitori una verità che in qualche modo renda giustificabile quanto finora da lui sostenuto nella sua propaganda. Ma la realtà non è quella che Salvini cerca di spacciare.
La realtà è un'altra, ed è quella descritta di seguito.
Il porto italiano di Lampedusa, dal 2018 e così anche in questi primi mesi del 2019, continua ad essere aperto... anche per le imbarcazioni dei migranti che finora sono continuate ad arrivare, con persone che ciclicamente vengono ospitate nel locale centro di accoglienza, ancora perfettamente funzionante, presente sull'isola, prima di essere trasferite sul continente. E questo è quanto dichiara l'attuale sindaco di Lampedusa, Martello.
E riguardo ai "salvataggi" effettuati dalla Guardia costiera libica, secondo Salvini efficientissima, oggi abbiamo la testimonianza di un naufragio davanti alle coste della Libia, al largo di Sabrata, a est di Tripoli, in cui 15 persone si sarebbero salvate, mentre numerose altre sarebbero annegate, secondo quanto riportato da Alarm Phone.
I migranti a bordo della Mare Jonio sono persone che provengono dai lager libici, quelli del Paese sicuro che sicuro non è, che hanno subito privazioni, violenze e torture di ogni genere e che in quei lager hanno visto morire decine di persone (uomini e donne) meno fortunate o più deboli di loro.
E la realtà è anche quella di Pietro Marrone, pescatore siciliano al comando della Mare Jonio che alla motovedetta della Guardia di Finanza che gli ha intimato di spegnere i motori ha risposto: «Abbiamo persone che non stanno bene, devo portarle al sicuro e ci sono due metri di onda. Io non spengo nessun motore». A Morrone i libici sequestrarono una nave nel 1982 e qualche anno fa uno dei suoi pescherecci fu mitragliato dai guardacoste di Tripoli che gli avevano sparato contro ad altezza d’uomo, squarciando lo scafo e mancando, per puro miracolo, i pescatori a bordo che stavano pescando in acque internazionali.
E tutto questo accade proprio alla vigilia del voto con cui il Senato è chiamato ad esprimersi per concedere o meno l'autorizzazione a procedere per reati ministeriali nei confronti di Matteo Salvini, in relazione al caso Diciotti. Coincidenza del destino che non potrà non accrescere l'imbarazzo dei senatori 5 Stelle nei confronti dei loro elettori per l'ennesima promessa elettorale mancata.