Domenica, a Gerusalemme ovest, centinaia di coloni ebrei hanno partecipato al convegno titolato "Gli insediamenti portano sicurezza", organizzato dal movimento di estrema destra Nahala, che promuove l'espansione (illegale secondo il diritto internazionale) degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a Gerusalemme est.

Scopo del convegno, quello di ripristinare gli insediamenti a Gaza, da dove lo Stato ebraico aveva ritirato i suoi militari e i suoi coloni dal 2005, dopo un'occupazione durata 38 anni.

L'evento non è stato organizzato dal governo israeliano ma, come hanno riportato i media israeliani, erano presenti parlamentari e ministri in carica anche del Likud (i partito di Netanyahu che è maggioranza alla Knesset), insieme al ministro della Pubblica sicurezza Itamar Ben Gvir e al ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, entrambi a capo di rispettivi partiti dell'area di estrema destra .

Smotrich ha detto che molti dei bambini che erano stati evacuati (nel 2005) dagli insediamenti a Gaza erano tornati come soldati per combattere in una guerra con Hamas e che in passato si era opposto alla decisione del governo di evacuare gli insediamenti ebraici dalla Striscia.

Alla stessa maniera, Ben Gvir ha detto di aver protestato contro l'evacuazione degli insediamenti ebraici da Gaza e di aver avvertito che ciò avrebbe portato "razzi su Sderot" e "razzi su Ashkelon" nel sud di Israele e se Israele non vuole un altro 7 ottobre, deve "tornare a casa e controllare il territorio".

Ovviamente, le parole sono state accolte dai presenti con cori e entusiastici che inneggiavano al ritorno degli ebrei a Gaza... e tutto questo, in barba a quanto imposto pochi giorni fa dalla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia che ha chiesto a Israele, entro un mese, di dimostrare come ha provveduto a risolvere le problematiche segnalate che hanno indotto la Corte a denunciare un reale pericolo che nella Striscia si stia perpetrando un genocidio.

Netanyahu, finora, è rimasto nel vago nel comunicare che cosa il suo governo voglia fare a Gaza dopo la fine del conflitto, anche se pensare che possa realmente finire a breve appare utopico. Infatti la resistenza palestinese, a dire degli esperti, è stata ampiamente sottovalutata e i combattimenti continuano ad essere violenti nel centro della Striscia, con il nord che sarebbe in mano all'IDF, ma solo in base a quanto sostiene Tel Aviv.

E sempre alle mire israeliane sul controllo totale di Gaza, l'Egitto negli ultimi giorni ha informato le fazioni palestinesi di aver deciso che non consentirà a Israele, come affermato unilateralmente da Netanyahu, di prendere il controllo del confine palestinese-egiziano a Rafah.

Pochi giorni fa il capo del Servizio d'informazione egiziano, il giornalista Diaa Rashwan, ha dichiarato che "il tentativo di Israele di controllare a Gaza il corridoio Filadelfia (o Salah al-Din) lungo il confine con l'Egitto porterebbe a minacciare molto seriamente le relazioni tra Egitto e Israele. Negli ultimi tempi sono state rilasciate diverse dichiarazioni di funzionari israeliani, suggerite dal primo ministro Benjamin Netanyahu, con false accuse riguardanti l'esistenza di operazioni di contrabbando di armi, esplosivi, munizioni che sarebbero affluiti a Gaza dal territorio egiziano. La persistenza di Israele nel diffondere tali menzogne ​​è un tentativo di creare legittimità per il suo tentativo di occupare il corridoio Filadelfia, in violazione degli accordi e dei protocolli di sicurezza firmati in passato".

Nel frattempo, anche l'attività diplomatica prosegue, con la notizia che un nuovo vertice per un cessate il fuoco temporaneo per il rilascio di tutti i prigionieri detenuti a Gaza si è tenuto a Parigi tra Israele, Stati Uniti, Egitto e Qatar. Vertice in cui si è praticamente confermata la proposta già rifiutata da Hamas di una tregua di due mesi in cambio del rilascio scaglionato di tutte le persone catturate il 7 ottobre. Hamas chiede invece che Israele accetti la fine del conflitto e il ritiro da Gaza.