Quel puzzle di Salvini
Ipotizziamo di sistemare sul tavolo alcuni pizzini e di descrivere su ognuno un comportamento oppure una dichiarazione che l’imbonitore padano ha manifestato nelle ultime settimane.
Otterremmo le tessere di un puzzle ingarbugliato e bislacco che, qualora riuscissimo a ricomporre, potrebbe farci capire, forse, cosa frulli nella cocuzza di Matteo Salvini.
Ad esempio, potremmo ricordare sul primo pizzino l’abiura che ha fatto della sua fede sovranista ed antieuropea con fulminante conversione europeista appena si è trovato al cospetto di Mario Draghi, incaricato di formare il governo.
Sul secondo pizzino annoteremmo il summit di Budapest, con i sovranisti Orban e Morawiecki, al quale il neo europeista Salvini non ha voluto mancare per dare il suo contributo al programma con cui contestare la UE.
Sul terzo pizzino, invece, riporteremmo il braccio di ferro con Giorgia Meloni per la presidenza del COPASIR (ndr: Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica). Infatti Salvini non intende rispettare la consolidata prassi istituzionale che prevede che la presidenza del Comitato sia affidata sempre ad un esponente delle opposizioni. Così l’attuale presidente, il leghista Raffaele Volpi, non rassegna le dimissioni che avrebbe dovuto dare lo stesso giorno in cui i suoi colleghi leghisti hanno prestato giuramento come ministri del governo Draghi.
Nel quarto pizzino appunteremmo che il segretario ha ingiunto ai tre ministri leghisti (ndr: Giorgetti, Garavaglia, Stefani) di non votare in CdM il “decreto riaperture”.
Sul quinto pizzino potremmo annotare i ripetuti attacchi al ministro della salute, Speranza, che hanno costretto Draghi a ribadire pubblicamente la sua incondizionata fiducia e stima per il ministro.
Nel sesto pizzino registreremmo la sottoscrizione di firme promossa da Salvini contro il coprifuoco anti-Covid che in CdM è stato votato anche dai 3 ministri leghisti.
Infine, nel settimo pizzino ricorderemmo le reiterate censure e critiche alle restrizioni anti-Covid decise dal governo Draghi.
Ci sarebbero anche molti altri pizzini da scrivere ma sul tavolo non c’è più spazio.
A questo punto, perciò, potremmo provare a rimettere in ordine le tessere di questo singolare puzzle e decifrare, se possibile, cosa frulli nella crapa del segretario leghista.
Innanzitutto sembra chiaro che quella folgorante conversione all’europeismo sia stato solo un modo per indurre Draghi ad assegnare alcune poltrone ministeriali ad esponenti legisti.
Tanto è vero che Salvini ha pensato bene di precipitarsi a Budapest per rassicurare Orban e Morawiecki sulla sua innegabile fede sovranista ed antieuropea.
Così come è evidente che, infischiandosi di mettere in difficoltà i tre ministri ed i dieci sottosegretari leghisti, lui si atteggi e comporti da oppositore del governo, libero di criticare e contrastare ogni decisione dell’esecutivo che non torni utile alla sua propaganda populista. Fino ad organizzare e promuovere la raccolta delle firme per la petizione contro il coprifuoco deciso dal governo.
Salvini, infatti, si è reso conto che la sua conversione all’europeismo, anche se fittizia, e la presenza di ministri leghisti nel governo portano acqua al mulino non solo di Giorgia Meloni, che oramai lo ha superato nell’indice di gradimento dell’elettorato, ma dello stesso FdI che cresce nei sondaggi e potrebbe fare lo sgambetto alla Lega nelle prossime elezioni politiche.
Per questo non vuole mollare la presidenza COPASIR perché in cuor suo attende solo che maturi la circostanza adatta per tirare fuori la Lega dal governo e tornare di fatto all’opposizione.
Questo sembrerebbe il finale suggerito dalla ricomposizione del puzzle.