Intervista di Lucia De Sanctis

Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark (Usa). Oltre ad essere ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.

 

Professore ci spiega in parole semplici cos’è lo stalking?

È un delitto contro la persona previsto all’art. 612 bis del codice penale e incrimina la condotta di chi “minaccia o molesta taluno con condotte reiterate”. Per espressa previsione normativa la reiterazione delle condotte attuate dallo stalker costituisce un requisito essenziale della fattispecie incriminatrice. Tale condotta deve provocare un grave stato di ansia o di paura; suscitare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva; costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici, se è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, ovvero con armi o da persona travisata.

Cosa si nasconde dietro l’aumento dei casi di stalking in Italia?

Credo che, in primis, dietro tali comportamenti ci siano dei forti disturbi di personalità. Non è raro che gli autori di tali delitti siano soggetti con psicopatologie rilevanti. Un altro aspetto da non trascurare è la rigidità nelle relazioni interpersonali con la conseguente individuazione di un nemico. Lo stalker può agire per vendetta, perché pensa di aver subito un torto (una delusione amorosa o un licenziamento), per il desiderio di avere una relazione, per erotomania, odio o per l’impulso di controllare la vittima o di indurla a modificare il proprio comportamento. 

Come difendersi dallo stalking? 

Io credo che la prevenzione sia una via da seguire ed è una delle poche speranze per evitare quegli esiti spesso tragici soprattutto in famiglia. A una vittima di stalking consiglio sempre di denunciare per far sì che sia dia avvio alle indagini contro l’autore del crimine. Il problema, però, è dal momento in cui si presenta la denuncia a quello in cui effettivamente comincia il processo penale passa troppo tempo e purtroppo durante tutto questo tempo, lo stalker può continuare a perpetrare le sue condotte criminose con estrema facilità. 

Cos’è il divieto di avvicinamento?

È una delle misure contro lo stalking mediante la quale l’autorità giudiziaria vieta all’indagato o imputato di avvicinarsi alla vittima, impedendogli di recarsi nei posti che normalmente la persona offesa frequenta. Se la vittima di stalking frequenta spesso determinati luoghi (palestra, lavoro, familiari), il giudice potrà ordinare allo stalker di mantenere le distanze da quei luoghi. Il divieto può anche riguardare l’avvicinamento alla persona offesa stessa, oppure ai suoi familiari, senza riferimenti precisi ai luoghi abitualmente frequentati. In caso di trasgressione del divieto, la misura può essere sostituita con una maggiormente afflittiva (ad esempio, gli arresti domiciliari o la custodia cautelare in carcere).

Si può imporre il braccialetto elettronico allo stalker?

Secondo me è lo strumento che potrebbe salvare tante vittime spesso sacrificali. Il braccialetto elettronico è un dispositivo tecnologico che consente di controllare a distanza gli spostamenti della persona che lo indossa. La legge ha esteso i casi in cui il giudice può disporre l’applicazione del braccialetto elettronico rispetto all’ipotesi iniziale che era limitata al caso degli arresti domiciliari. Nei casi di stalking e in tutti quelli di violenza di genere (maltrattamenti, abusi e violenze sessuali), l’applicazione del braccialetto elettronico dovrebbe essere una modalità di controllo automatica, soprattutto al fine di verificare il rispetto del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Personalmente penso al doppio braccialetto sia per la possibile vittima sia per il suo probabile carnefice. Tarato per una certa distanza, monitorerebbe i possibili contatti pericolosi tra le due parti. Si tratterebbe di un doppio dispositivo GPS indossato dalla vittima e dallo stalker che segnalerebbe alle forze dell’ordine i movimenti della persona controllata.

Che cosa direbbe a una vittima di stalking se le chiedesse aiuto?

La prima cosa l’ho già detta e cioè gli consiglierei di denunciare subito. Poi di non incolparsi e di non vergognarsi perché chi deve provare vergogna non è certo la vittima ma il carnefice. Molto importante è avere supporto morale e psicologico. Avere il sostegno dei familiari e quello di esperti è un percorso assolutamente da raccomandare. Un’altra azione molto importante è quella di cercare di documentare le condotte violente dello stalker.

Cosa ne pensa del caso di Vanessa Zappalà, vittima di stalking da parte dell’ex fidanzato che poi l’ha uccisa e si è suicidato?

Rispondo, ovviamente, per quanto ho letto sui giornali e sentito nei telegiornali. E la faccio breve. Secondo me con il doppio braccialetto GPS alla vittima e al carnefice questa vicenda avrebbe potuto avere con un esito diverso.

Sembra che non ci fosse la disponibilità di questi braccialetti, se fosse così?

Il numero dei braccialetti elettronici è attualmente insoddisfacente per far fronte alle normali esigenze ma questo è un problema politico non certo di natura giudiziaria. Il cd. codice rosso se pur in parte apprezzabile deve fare i conti con la mancanza di un’adeguata formazione che consenta ai magistrati e alla polizia giudiziaria di captare nell’immediato quali siano i concreti rischi caso per caso. Le Procure della Repubblica dovrebbero essere dotate di linee guida precise e le forze dell’ordine fornite di un’adeguata formazione.

Perché nonostante le denunce delle vittime si arriva spesso a un epilogo funesto?

Sono tutte purtroppo vittime di uno Stato che non è in grado di proteggerle. Forze dell’ordine e magistratura però da sole non bastano per fermare questi delitti. Bisogna partire dalle famiglie, dalla scuola e dalla società civile. Anche i consultori per l'aiuto alle vittime di tali reati possono per esempio offrire un buon supporto ma vanno rafforzati con personale adeguatamente formato Purtroppo sempre più femminicidi sono preannunciati dalle condotte di stalking e poi realizzati con troppa facilità nell’inerzia e nel disinteresse generale. A oggi le vittime di simili delitti sono quarantadue. Troppi se calcoliamo che la maggior parte di essi sono stati preannunciati come altamente probabili (mi viene in mente Clara Ceccarelli di Genova che si recò a pagare il suo funerale talmente era certa che il suo carnefice l’avrebbe ammazzata).