Forse è una caratteristica tipica del nostro “Bel Paese”, rendere complicato tutto ciò che potrebbe essere semplice, anche produrre economia: eppure ne avremmo bisogno. In questo articolo esaminiamo un aspetto importante e attuale: l’invito a realizzare impianti tecnologicamente avanzati che producano biometano dai rifiuti (si tratta di impianti che riciclano per intero le biomasse, compresi i derivati come la C02 e non immettono inquinanti in ambiente), che viene anche da associazioni ambientaliste importanti (Legambiente) e l’ostracismo di tante associazioni, spesso improvvisate e incompetenti e di amministrazioni comunali.
L’Italia ha potenzialità tecnologiche per potere trasformare un problema enorme come quello dello smaltimento dei rifiuti (dei quali una quantità rilevante è costituita dalla parte organica), problema che tanto ci affligge sia in termini di costi che di inquinamento, in una grande risorsa e realizzare tanti circuiti di economia circolare reale, in una ottica di riutilizzo produttivo.
In teoria, ma anche in pratica se ogni comunità cittadina potesse trarre vantaggio dall’utilizzo dei rifiuti derivati dalla raccolta urbana, si troverebbe a non dovere sostenere il costo di smaltimento e a ricavare economia dalla trasformazione. Se consideriamo solo il risparmio ricavato dal conferimento dobbiamo pensare, in proporzione a 50.000 abitanti, a cifre intorno a 1,5 Mn annui, ai quali vanno aggiunti i ricavati della trasformazione, che possono arrivare ad altrettanto (senza considerare il ricavato del riciclo della parte non organica), il tutto, tolti i costi di gestione che comprendono anche reddito occupazionale, ridistribuirebbe ad ogni cittadino un minimo di 50 euro, in pratica, un piccolo comune consorziato di 5.000 abitanti potrebbe disporre di 250.000 euro anno in più e dati i bilanci delle nostre municipalità, non sarebbe poco.
Ma perché allora ciò non avviene? Principalmente per il timore di affrontare il problema rifiuti, di modificare un sistema che in apparenza funziona: la raccolta differenziata rappresenta un obiettivo, ma poi conferire tutto nei centri di smaltimento e negli inceneritori vanifica tutto.
Differenziare i rifiuti è basilare, ma poi bisogna convogliare lo sforzo fatto per un riciclo intelligente, se conferiamo tutto in discarica o in inceneritore, sprechiamo le risorse potenziali del “fare biometano”, che non sono poche.
Il biometano è il combustibile ottenuto dalla purificazione del biogas che, a seguito di opportuni trattamenti chimico-fisici (purificazione o upgrading), anche svolti in luogo diverso da quello di produzione, è idoneo alla successiva fase di compressione per l’immissione nella rete del gas naturale.
In tale definizione si comprende anche il combustibile prodotto tramite processi di conversione in metano dell’idrogeno ottenuto da fonti rinnovabili e della CO2 presente nel biogas destinato alla produzione di biometano o prodotta da processi biologici e fermentativi.
Il biometano viene definito come avanzato se ottenuto a partire dalle materie elencate nella parte A dell’allegato 3 del DM 10 ottobre 2014 e s.m.i….- nota G.S.E).
Se gli investimenti per realizzare questi circuiti di economia circolare vengono sostenuti esclusivamente da società private, anche gli utili tornano ad esse, è una logica di mercato, ma se le comunità cittadine programmassero dinamiche di sviluppo lungimiranti, potrebbero avviare una reale politica di svolta, ma per cambiare occorre impegno e coraggio. Per il momento continuiamo a sprecare e inquinare.
redatto da: ufficio stampa new sati engineering