Annunciata un paio di giorni fa dal bollettino della Sala stampa vaticana, perché la ricorrenza non passasse inosservata, mercoledì 8 luglio, alle ore 11, papa Francesco ha celebrato la Messa nella cappella di Casa Santa Marta per ricordare l'anniversario della sua visita a Lampedusa nel 2013.

Nell'omelia, richiamandosi al Salmo responsoriale che oggi invitava a una ricerca costante del volto del Signore (Sal 104), Bergoglio ha ricordato nelle sue parole che "questo incontro personale con Gesù Cristo è possibile anche per noi, che siamo i discepoli del terzo millennio. Protesi alla ricerca del volto del Signore, lo possiamo riconoscere nel volto dei poveri, degli ammalati, degli abbandonati e degli stranieri che Dio pone sul nostro cammino. E questo incontro diventa anche per noi tempo di grazia e di salvezza, investendoci della stessa missione affidata agli Apostoli.Oggi ricorre il settimo anno, settimo anniversario della mia visita a Lampedusa. Alla luce della Parola di Dio, vorrei ribadire quanto dicevo ai partecipanti al meeting “Liberi dalla paura” nel febbraio dello scorso anno: «L’incontro con l’altro è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare. E se avessimo ancora qualche dubbio, ecco la sua parola chiara: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)».«Tutto quello che avete fatto...», nel bene e nel male! Questo monito risulta oggi di bruciante attualità. Dovremmo usarlo tutti come punto fondamentale del nostro esame di coscienza, quello che facciamo tutti i giorni. Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti. «Tutto quello che avete fatto… l’avete fatto a me».Ricordo quel giorno, sette anni fa, proprio al Sud dell’Europa, in quell’isola… Alcuni mi raccontavano le proprie storie, quanto avevano sofferto per arrivare lì. E c’erano degli interpreti. Uno raccontava cose terribili nella sua lingua, e l’interprete sembrava tradurre bene; ma questo parlava tanto e la traduzione era breve. “Mah – pensai – si vede che questa lingua per esprimersi ha dei giri più lunghi”. Quando sono tornato a casa, il pomeriggio, nella reception, c’era una signora – pace alla sua anima, se n’è andata – che era figlia di etiopi. Capiva la lingua e aveva guardato alla tv l’incontro. E mi ha detto questo: “Senta, quello che il traduttore etiope Le ha detto non è nemmeno la quarta parte delle torture, delle sofferenze, che hanno vissuto loro”. Mi hanno dato la versione “distillata”. Questo succede oggi con la Libia: ci danno una versione “distillata”. La guerra sì è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione. E questa gente veniva soltanto con la speranza e di attraversare il mare".

Un viaggio, quello a Lampedusa, durato poche ore ma che - come sottolinea Vatican News - è stato in qualche modo programmatico per il Pontificato. "Lì, nella punta Sud dell’Europa, Francesco ha mostrato cosa intenda quando parla di Chiesa in uscita. Ha reso visibile l’affermazione che la realtà si vede meglio dalle periferie che dal centro. In mezzo ai migranti fuggiti dalla guerra e dalla miseria, ha fatto toccare con mano il suo sogno di una Chiesa povera e per i poveri. A Lampedusa, d’altro canto, parlando di Caino e Abele, ha anche posto in primo piano l’interrogativo sulla fratellanza. Domanda fondamentale per il nostro tempo. O forse, di ogni tempo... "Dov’è tuo fratello?"

Una domanda che i confusi e ruttanti sostenitori del sovranismo nostrano, quelli del prima questo o quello (ma solo a seconda della convenienza del momento) neanche si pongono, perché credono che baciare un rosario sia per loro il massimo segno della fede, non avendo mai neppure letto il libro del vangelo che sventolano a spropositano, a testimonianza della loro ignoranza e della loro "mala fede".