"Il Governo accoglie volentieri l'invito a riferire in Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, intanto perché non vi è nessuna difficoltà a farlo, ma soprattutto perché la consideriamo un’opportunità. Anzi, un’ottima occasione di confronto per approfondire e chiarire il merito delle questioni".
Lo dichiara il Ministro per Affari Europei, il Pnrr, il Sud e la Politica di coesione Raffaele Fitto in una nota, diffusa da Palazzo Chigi.
Ma questa dichiarazione non riesce a nascondere la confusione che, sul tema, regna sovrana tra i partiti della maggioranza. In attesa di sapere che cosa si diranno al riguardo Meloni, Salvini e Tajani nel vertice che è stato concordato per martedì su migranti e Pnrr, possiamo riportare le ultime dichiarazioni della Lega sull'attuazione del programma definito da Draghi.
Il leghista Molinari, anche oggi, è tornato a ribadire quanto aveva detto ieri:
"Io ho detto una cosa assolutamente in linea con quello che dicono Meloni e Fitto. E' un ragionamento logico.Proviamo a seguire. Allora Fitto dice: entro il 2026 alcuni progetti non riusciamo a finirli, meglio parlarne subito che aspettare. Ok? Come si risolve il problema? Ci sono due vie. O si ricontratta in Europa il Pnrr, e quindi si destinano quei fondi ad altro oppure se non si riesce piuttosto che spenderli male, meglio non spenderli. È un ragionamento assolutamente logico. Se la Meloni dice: riusciremo a spenderli e riusciremo a ricontrattare, evviva. Stappiamo lo spumante".
Anche un altro leghista si è espresso sull'argomento ed è sulla stessa linea di Molinar. Questo l'intervento odierno alla Camera di Bagnai:
"Visto che è stato evocato, mi sia consentito di fare un passaggio sul tema del giorno che, per usare una parola un po' complessa, è assolutamente isomorfo a quello di cui stiamo parlando. Mi riferisco al tema del Pnrr, che merita una riflessione. Infatti, anche il tema del Pnrr ha suscitato, esattamente come il tema del superbonus, fin dall'inizio, le nostre perplessità nel merito e nel metodo. Nel merito, perché, fin dall'inizio, noi ci siamo posti il tema di quanto le priorità scelte in Europa, che il Pnrr incorporava, fossero effettivamente compatibili con le esigenze del tessuto produttivo del nostro Paese. Faccio un esempio banale: chiunque il Paese lo giri sa che noi abbiamo bisogno di infrastrutture tradizionali, di strade. Nel Pnrr non c'è un centesimo per queste cose; ci sono le smart road, ma sono un'altra cosa: sono i sensori messi sul ponte, così, quando cade, ti avvertono che sta cadendo. Ma non è di questo che abbiamo bisogno. Noi abbiamo bisogno di ponti che stiano su e, quindi, bisogna spendere in cemento, quell'orrenda cosa grigia, che, però, serve a mandare avanti l'economia e a far circolare le merci.E siamo stati anche contrari nel metodo, perché non ci ha mai particolarmente convinto la fretta con cui il Piano di Conte è stato, poi, approvato dal Governo Draghi. Lo abbiamo detto: eravamo in maggioranza e lo abbiamo detto. Fra l'altro, in quell'approvazione, non è stata accolta alcuna delle tante cautele che la Lega aveva messo avanti, prima fra tutte, la richiesta di trasparenza sul costo dei finanziamenti che il Pnrr ci porta a contrarre, e su questo ritorno subito.Però, venendo all'isomorfismo, io vorrei far stare tranquilli i cittadini. Gli elettori devono sapere che, come oggi mettiamo in sicurezza il superbonus che fin dall'inizio non ci ha convinto, così metteremo in sicurezza anche il Pnrr, ma ciò richiede un'operazione di verità e non di propaganda.Il vero nemico del Pnrr è chi continua a considerarlo come un totem e, quindi, a tabuizzare qualsiasi discorso sul Pnrr, anziché chi, come questo centrodestra, lo considera come uno strumento e, quindi, in quanto tale, deve essere adattato alle circostanze. Il tema è molto semplice: gli eventi degli ultimi due anni, in particolare la crisi energetica e le tensioni inflattive, cui hanno contribuito - perché possiamo dirlo - alcune scelte strategiche sbagliate intraprese in sede europea, come quella di affidarsi esclusivamente alla Russia per il rifornimento di fonti fossili o quella di imporre tappe forzate per la transizione verso le fonti rinnovabili, ci pongono oggi in uno scenario totalmente diverso, in uno scenario inflattivo.Io qui vorrei ribadire - in modo stilizzato, naturalmente, ma per essere efficace - quello che da sempre diciamo: è profondamente scorretto dire che, se i prezzi raddoppiano, con la stessa quantità di soldi si possono fare le stesse cose. Si può fare metà delle cose, e vanno anche scelte bene per evitare che si vada dietro a quelle scelte strategiche e ideologiche che già oggi ci hanno messo in difficoltà. Per questo, noi rivendichiamo di dovere e di potere criticare l'impostazione del Pnrr in sede nazionale e anche in sede europea. Infatti, io qua voglio dirlo: preoccupa vedere la sinistra intenta nel solito giochino denigratorio di sparare addosso al Paese nel tentativo di mettere in difficoltà chi lo sta governando, quando chi lo governa è il centrodestra. Preoccupa anche perché è segno di una grave e profonda ignoranza dei fatti e delle cose. Il racconto di un'Italia in ritardo, di un'Italia "malato d'Europa" per colpa di questo Governo di centrodestra, si scontra contro la realtà dei fatti. Basta fare un giro sui siti della Commissione europea, basta andare sul Recovery and Resilience Scoreboard, e lì si vedrà, per esempio, che la Germania aveva circa una venticinquina di obiettivi da raggiungere nel 2022, ma da quel sito ne risultano raggiunti zero, la cifra tonda, d'accordo? Allora non è un problema solo nostro. Io vorrei esortare chi attacca l'Italia, facendo pensare che esiste un problema italiano, a considerare che presto questo sarà un problema tedesco, e quindi sarà un problema europeo, e quindi gli europeisti di complemento dovranno cambiare discorso. Vorrei che questo discorso, invece, venisse compreso subito. I prestiti NGEU per l'Italia hanno un tasso caratteristico: non è il 3 per cento, non è il 4 per cento, è il tasso da determinare, ancora non sappiamo quanto ci costa 'sta roba, e quindi sarà il caso di approfondire e di saperlo".
La Lega è lo stesso partito che ha votato e approvato il piano Draghi e che adesso vuol far credere o che lo abbia fatto a propria insaputa o sotto non si sa bene quale ricatto.
L'importante, però, adesso è disconoscere ciò che si è fatto in passato perché non si è capaci di attuarlo, volendo incolpare altri delle proprie inefficienze.
Ovviamente, questa gente ragiona - termine fuori luogo associato a certi politici - in termini di riscontro di consensi per rivendere certi provvedimenti in chiave elettorale. Pertanto, non sarebbe da stupirsi se al termine di questo ennesimo teatro, dovessimo scoprire che certi investimenti potranno esser fatti in alcune parti d'Italia, mentre in altre, dovranno essere cancellati.
La premier, nel frattempo, continua a ripetere che i progetti non sono i suoi, ma di non voler rinunciare ai fondi, aggiungendo di lavorare per risolvere problemi figli di altri!
Ma secondo Giavazzi, consigliere numero uno di Mario Draghi nel precedente esecutivo, il Recovery è bloccato, oltre che dalla solita burocrazia, anche e soprattutto dalle lobby elettorali della destra - come balneari e ambulanti - che starebbero causando veti incrociati all'interno del governo, bloccando le riforme e, quindi, il Pnrr con la rata dei 19 miliari che avrebbe già dovuto arrivare e che invece è stata per il momento congelata a Bruxelles.