TACCUINO #19 ~ Parte Seconda

Frenologia. Dal greco φρήν, phrên, tradotto mente. Anche pensiero, e intelligenza. Comparato al sanscrito prāṇa, soffio, vita. Anche spirito. Si accosta all'albanese frig, ove frin-ig è io spiro. Abbiamo visto il latino ànimus, dalla radice an, spirare, e il greco psychè, anima, anche da psychò, io respiro. Logia da lògos, anche discorso. 
  
Interessante l'intima unione sussistente tra diaframma e cuore. Sulla nostra via iniziale, sulla congettura che ha mosso all'intuizione di una spinta iniziale delle informazioni dai neuroni cardiaci che agiscono il pensiero e corron via d'impulso ammantati per impatto da aria e sangue, i concetti che producono prāṇa, o ātman, o nèfesh, o ba, o psychè, o nafs trovano ben forma in quadro che non vogliamo dipingere forzatamente, ma sembra autorealizzare un'opera concreta e evidente.
  
Attenderemmo il critico incontrato all'interno di un passato taccuino che nel rimostrar asserirebbe che questo nostro dire smonta (per meglio: distrugge) la scienza che ha per oggetto lo scoprire per via d'induzione le facoltà e le inclinazioni dell'uomo dalle protuberanze che trovasi nel cranio, ma sostenendo di pensare di non aver scoperto nulla, risponderemmo che la frenologia si commenta (o si è commentata) da sola, ma ha il pregio di averci messo (o rimesso) sula via di maggior propria delucidazione e purificazione dalla nebbia. Potrebbe comunque esser la nebbia stessa catartico agente.

Notiamo diaframma e ci riportiamo a σωφροσύνη, soprosyne, di derivazione da sos, sano e phrên. Attiene a prudenza, autocontrollo, riflessione, capacità intellettuali, discernimento e sanità di mente. Saophron vien nominato il buon Apollo dal tal Omero, e qui si ha da perdersi tra topos, omonimie, il cosiddetto Cristo, un giudeo alessandrino, il sole, (nelle उपनिषद्, Upaniṣad dell’ Induismo vedista genera e divora i suoi figli - Crono, Kronos), Osiride, Mot, determinativi e appositivi che esperiscono possibili vissuti racconti intrappolati, nonostante i tentativi di non inimicarsi carnefici, tra Poseidone, acqua, terremoti, YHW, Κύριος, Zeus, Chemosh, Kamish, Moloch, Nergal, Ade, Milkom, Hadad, Melqart, Šamaš o altra cosiddetta 𒀭, Dingir. La lista è sin troppo densa. Una carrellata ci porterebbe fuori strada e calzerebbe quel che per astrazione interessa una trasformata macchinazione teologica, una weltanschauung più cara ad altri. Potremmo produrre linee di testo ricordando l'incontro con racconti che catapulterebbero da steli, papiri, cartepecora, scoperte, attribuzioni, macrologia su questo taccuino, muovendo da Enki, a El, a Baal, a Path, ad Atum, a Purusha, a Prajapati e intesi demiurghi, e progenie, tracciando ipotizzanti percorsi d'esistenza e attività di tali Apkallū, Oannes forma di Ea o Anu, Utu, Babbar, sospettando che (di tanti, uno) spingano (abbiano spinto) a straordinarie fantasticherie metafisiche sull'osservato, introducendo sull'ominizzazione il desiderio di una controparte (anche) utile a ogni eredità. Caste teocratiche e ierocratiche che nel critico riposo cosmico hanno teorizzato altra importanza di potere solare e lunare togliendo l'uomo all'uomo, muovendo in bilico su di un sottile sferzante rasoio d'autoinganno. Ma non ne siamo certi.
  
Tu ne quaesieris – scire nefas – quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Vt melius quicquid erit pati. Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam, quae nunc oppositis debilitat pumicibus mareTyrrhenum, sapias, uina liques et spatio breui spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. Odi, Orazio (1,11)

Sospendiamo attraverso καλοκαγαθία, kalokagathìa, è l'esser bello e buono. Se prova dovesse a trovarsi, cercheremo in questo luogo e in questo tempo e, seppur con rigida attenzione e serietà, il nostro dev'esser il favorirci guardia dal pericolo di sovrapersonalità. Dia- è separazione, e questo ci fa intendere divisione che riportiamo d'esistenza tra autenticità e inautenticità di gettatezza, riscontrabile tra il cosiddetto narcisista e personalità che non manifesta tratti. L'appartenenza a φρόνησις, phronesis alletta nel perseguire indagine del sottoconcetto su traduzione riportata in saggezza, ma un campanello d'allarme avverte della possibilità di cedere il passo alla via tanto religiosa quanto deviante, poichè si può capir che è si facile a ora cader sulla via di tempĕrantĭa. La bruma appare un muro che invita a non sprecar tempo.

Ecco udir alle nostre spalle il bue che critica il bove. 
  
«Anche lei è religato ai suoi pensier! Non osserva forse religiosamente producendo pensier che da un senso vanno in una direzione? In che cosa differisce? Quale è l'apporto? Qui si vuole il nuovo!».
  
Dobbiamo esser pronti al critico. Forse s'inganna causa il suo pensar terreno acclive; ma qui non si sale, si declina. Esso introduce il nuovo. Qual nuovo? Ecco, desidera. Desidera novità. Certo, in questa noia ... Rispondiamo al deietto.
  
«Non si colga error, poichè il nostro viaggio modifica il cercar di conseguire, l'impegnarsi con tenacia per raggiungere un fine, se un fine vi sarà, se si paleserà, se argomenteremo di risultato a motivo del perseguito nobile scopo. Lei agisce passo sul letterale perseguitare, il promuovere o attuare una persecuzione: linguaggio che patrocina istile atto. Scelga se fare, scelga se esser - per suo essere - il per facoltà domato».

ἀθάνατοι θνητοί, θνητοὶ ἀθάνατοι, ζῶντες τὸν ἐκείνων θάνατον, τὸν δὲ ἐκείνων βίον τεθνεῶτες

L'uomo liquido si divide nel partecipar dell'atteggiarsi in schieramento, tra questo e quello, quella via o l'altra via, ma abbiamo veduto quel quartierino ove i sorrisi spostano silicone a mezz'aria, mentre fuggono dall'essere che è l'esistere al mondo, nel mondo. E abbiamo vista l'anziana che più non ride e accuora per s' raro esserci l'angoscia, non paura, giacché tutte le maschere non erano altro che apparenze, tutto questo mondo non era altro e non è che l'immagine di una infinitesima globalizzata apparenza, sopra il pianeta mondo che non richiede il parassita nato terrestre, non più. Quindi apporto? Quindi fazioni? Quindi il confutare? Quindi il contraddittorio? Pensatore e critico sono entrati nello stesso quartierino, nel quale una porta si chiuderà sul qualcosa.
  
Dentro, e così correttamente separati.
  
«Vi esorto a non procedere su moraleggiante falcata, ben evitando il cucir quale seconda pelle i brutti panni di un crollo che di fine qualità assomiglia più a ruspa che batte e ribatte, passa e ripassa, e spiana terreno per crociate della verità!».

 
Ma io non ho assolutamente tempo libero (scholé) per queste cose; e la causa, amico, è la seguente: io non sono ancora capace di conoscere me stesso, secondo la scrittura (gramma) delfica. Perciò mi sembra ridicolo, senza ancora conoscere questo, indagare su cose aliene. Perciò le lascio andare e seguo quel che si crede, mentre, come dicevo, indago non esse ma me stesso, se sono per caso un mostro più complicato e furioso di Tifone, oppure una creatura più docile e semplice, partecipe per natura di un destino divino e moderato. Phaedrus, Plato (229e) 


Schizofrenia. Dal greco σχίζω, schizo, diviso, e phrên, indi mente divisa. Ci riporta alla stortura della mente, più che a un limes responsabile di una chiusura delle informazioni di partenza dirette al filtro deputato alle elaborazioni. Tuttavia, se trattiamo di scissione, codesto confine tra due campi è nel diaframma, o lo stesso. 

Psicopatia. Dal greco ψυχή, psychè, anima e pathía, da πάϑος, pàthos, sofferenza. Anche passionalità, concitazione, grandezza. Alcuni riportano malattia mentale. Come già scritto nei taccuini, non intendiamo reazioni psicogene e psicosi endogene (ma su queste ultime i collegamenti sono significativi), quindi riteniamo scorretto basarci su malattia e / o disturbo, campi che distraggono e muovono fuori percorso tracciatosi. In assenza di trauma cranico, che può modificare l'elaborazione delle informazioni giunte dai neuroni cardiaci, non sospettiamo alcuna alterazione, e riteniamo che si debba argomentare di mancanza, per l'appunto: sofferenza.

Taccuini fa ho debolmente accennato a una nuova forma di psicopatia, una nuova forma di individuo,  di essere, di sostanza e di ente. Una nuova forma di pericolosità, sulla spinta di indagine e tempi, di commìxtio sànguinis. Risulta ovvio che, siffattamente, non v'è esclusione di stirpe. 

Il tal Kraepelin ha distinto gli psicopatici facendo uso di: eccitabili, istintivi, instabili, bizzarri, bugiardi, litigiosi, antisociali.

Il tal Schneider ha classificato i soggetti psicopatici utilizzando: ipertimici, depressivi, anancastici, insicuri, fanatici, desiderosi di valore, labili dell’umore, esplosivi, disforici, amorali, freddi d’animo, abulici, astenici.

No, non vacilliamo sulla nostra esperienza generalizzando. Sappiamo bene che si cade in errore. 

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