Le udienze di martedì 20 e mercoledì 21 febbraio all'Alta Corte di Londra sono state decisive per il destino di Julian Assange, giornalista australiano e cofondatore di WikiLeaks, in quanto hanno rappresentato l'ultimo tentativo di Assange di bloccare la sua estradizione negli Stati Uniti.
Assange rischia una condanna fino a 175 anni di carcere negli Stati Uniti per aver divulgato attraverso WikiLeaks 700.000 documenti riservati relativi alle attività militari e diplomatiche degli Stati Uniti.
L'Alta Corte di Londra dovrà decidere sul ricorso della difesa contro il rifiuto del giudice britannico di prima istanza di ammettere un ulteriore appello per fermare l'estradizione. Se l'appello sarà accolto, Assange avrà avuto un'altra possibilità di discutere il suo caso in un tribunale di Londra, altrimenti la sua unica possibilità per evitare di essere trasferito negli Stati Uniti è chiedere alla Corte europea dei diritti dell'uomo di bloccare l'estradizione.
Clair Dobbin, del team legale statunitense che oggi alla Corte ha presentato le proprie motivazioni a supporto dell'estradione, ha affermato che la volontà di Washington di estradare e perseguire Assange è fondata solo sulle sue azioni e non sulle sue opinioni politiche. Secondo la Dobbin, che ci sono state "gravi conseguenze", per alcune delle fonti citate nei documenti rivelati da Wikileaks che avevano fornito informazioni agli Stati Uniti, che hanno dovuto affrontare arresti, perdita di beni, minacce e molestie.
Il verdetto è atteso entro la prima metà di marzo.