La Convenzione di Istanbul del 2011 è un trattato internazionale il cui intento è quello di prevenire e combattere la violenza contro le donne. In particolare,  il trattato obbliga i Paesi che l'hanno sottoscritto ad adottare leggi che combattano  abusi e violenza di genere di qualsiasi tipo, dalle mutilazioni genitali femminili fino alla violenza domestica.

Dopo dieci anni, la Turchia ha deciso di non riconoscere più la Convenzione perché, secondo i conservatori, il principio dell'uguaglianza di genere su cui si fonda, evitando discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale, minerebbe i valori della famiglia promuovendo l'omosessualità.

Secondo la croata Marija Pejcinovic Buric, segretario generale del Consiglio d'Europa (organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali nel continente), la decisione della Turchia è "devastante" in relazione agli sforzi per combattere la violenza domestica:

"Questa mossa è un enorme ostacolo a questi sforzi ed è ancor più deplorevole perché compromette la protezione delle donne in Turchia".
Sui social media, il ministro turco per la famiglia, il lavoro e le politiche sociali, Zehra Zumrut, ha affermato che i diritti delle donne sono protetti dalla Costituzione del paese, non spiegando però il motivo del ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, istituita proprio per prevenire la violenza di genere.

Gokce Gokcen, vicepresidente del Partito popolare repubblicano, che in Parlamento è all'opposizione, in un tweet ha dichiarato che abbandonare la Convenzione significava "mantenere le donne [come] cittadine di seconda classe e lasciare addirittura che vengano uccise".