"La legge sull'autonomia differenziata trae origine dall'intenzione di alcune regioni del Nord Italia di trattenere all'interno del proprio territorio una quota maggiore di risorse tributarie e contributive che da quello stesso territorio hanno avuto origine. Il cammino verso quell'obiettivo è tuttavia lungo, accidentato e per nulla scontato, poiché nell'iter di approvazione della legge le ragioni del Mezzogiorno e della perequazione a favore delle regioni svantaggiate si sono fatte sentire con forza, anche all'interno della maggioranza di governo. Altri due motivi hanno giocato e giocheranno in futuro un ruolo importante. Il primo è che l'Italia ha un serio problema di conti pubblici: un sistema di finanza centralizzato può forse non essere efficiente e deresponsabilizza gli amministratori locali, ma rassicura il ministro dell'economia (e i mercati) riguardo alla tenuta dei conti. Un secondo motivo è che il Pil aggregato di tutte le regioni del Mezzogiorno è piccolo rispetto a quello dell'intero Paese: circa il 22%. Se dunque le regioni del Nord si coalizzassero per ridurre l'ammontare dei trasferimenti verso il Mezzogiorno avrebbero un pool di risorse molto scarso a cui attingere, a meno di ipotizzare dei veri e propri disastri nel sistema di welfare delle regioni meridionali".

Così l'Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha introdotto la sua analisi sulle conseguenze che l'applicazione della legge Calderoli, quella sull'Autonomia differenziata, avrebbe sui conti pubblici.

Qual è il nocciolo della questione? I residui fiscali.

"I residui fiscali - ci ricordano Rossana Arcano, Alessio Capacci e Giampaolo Galli che hanno redatto l'articolo - sono dati dalla differenza tra spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche: se il residuo è positivo allora nella regione la PA spende più delle entrate che si generano su quel territorio (i residenti della regione ricevono quindi trasferimenti dal resto del Paese per tramite dello Stato); se il residuo è negativo allora nella regione si spende meno delle entrate che si generano su quel territorio (i residenti della regione contribuiscono quindi positivamente al saldo del bilancio pubblico e/o ai trasferimenti ad altre regioni). In altre parole, se il residuo è positivo allora i residenti della regione ricevono dallo Stato centrale più di quanto versano, mentre se è negativo essi versano allo Stato centrale più di quanto ricevono".

 La "saggezza popolare" riassume il concetto sopra espresso in maniera analoga in tutta Italia, seppur con espressioni diverse. In Toscana direbbero "poggio e buca fan pari", in veneto direbbero "na alta e na bassa fa na guaiva"...

La sostanza è che chi guadagna di più e riesce a soddisfare i propri bisogni, i soldi in avanzo li dà all'amministrazione centrale, che a sua volta li usa per soddisfare i bisogni di chi invece, autonomamente, non riesce a coprire le spese minime necessarie per garantire i servizi di base (sanciti dalla Costituzione) ai propri residenti.

La regione che ha versato di più allo Stato è la Lombardia che ha un avanzo di bilancio di ben 56,8 miliardi di euro, quasi il 60% del residuo del Centro-Nord e il 90% del residuo fiscale – positivo – del Mezzogiorno. A livello nazionale, la regione con il residuo fiscale positivo più alto è la Campania (16 miliardi), seguita da Sicilia (14,2 miliardi) e Puglia (12,7 miliardi).

"... Il Centro-Nord contribuisce con quasi 100 miliardi (95,9) al bilancio aggregato del sistema Italia. Il Mezzogiorno invece assorbe risorse dall'esterno per un po' più 60 miliardi (64,2). La somma algebrica di queste due cifre è il bilancio primario dell'Italia che nel 2019 era pari a 31,7 miliardi di euro e l'1,8% del Pil.  ...   Se, per assurdo, le regioni del Centro-Nord si coalizzassero per fare ciò che la Regione Veneto aveva richiesto nel 2017, ossia trattenere per intero (o quasi) il proprio residuo [fiscale], il costo per lo Stato sarebbe di 95,9 miliardi di euro (5,3% del Pil nazionale dell'anno), pari al 24% del Pil del Mezzogiorno.  ...  Il Pil del Centro-Nord è il 78% del Pil nazionale e 78/22=3,5. Quindi ogni punto di Pil del Centro-Nord che viene sottratto al Sud si abbatte sul Sud con un moltiplicatore di 3,5. Anche questo esempio numerico mostra quanto sia improbabile che si realizzi l'obiettivo di aumentare le risorse a disposizione delle regioni Centro- Nord penalizzando le regioni del Mezzogiorno".

Adesso, dopo tali semplici evidenze, è giusto pretendere dai sostenitori della legge Calderoli che ci spieghino - LEP o non LEP - come diavolo sia possibile dar seguito all'Autonomia differenziata, considerato lo stato dell'arte di come le risorse sono ripartite nel nostro Paese. Ancora non lo hanno spiegato.


Fonte: osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-autonomia-differenziata-e-conti-pubblici-qualche-simulazione