Pubblicata la nuova edizione del rapporto Health at a Glance: l'Italia ha destinato meno soldi alla sanità e ha avuto poca attenzione per l'inquinamento ambientale
di Vincenzo Petrosino - Oncologo Chirurgo - Salerno. È stata pubblicata la nuova edizione del rapporto Health at a Glance con l’Ocse che quest’anno dedica una particolare attenzione all’impatto che la pandemia da Covid ha avuto sui sistemi sanitari.
“Malgrado si parli molto di come la spesa sanitaria si configuri come un investimento piuttosto che come un costo, le decisioni politiche prese prima dell’arrivo di questa crisi non si sono in realtà allineate in maniera significativa a questa visione”.
Ci troviamo di fronte alla più grande pandemia dell’ultimo secolo, ma l'Italia è sempre in coda, con una spesa sanitaria (pubblica e privata) pro capite che, a parità di potere d'acquisto, si attesta nel 2019 a 2.473 euro (a fronte di una media Ocse di 2.572 euro) con un gap vertiginoso rispetto ad alcuni Paesi di riferimento come Francia e Germania che, rispettivamente, segnano valori di spesa sanitaria pro capite di 3.644 euro e 4.504 euro. Inoltre, l'Italia è tra i pochi Paesi della UE ad aver tagliato al sua spesa sanitaria negli anni post crisi, a partire dal 2008, per iniziare a risalire solo dal 2013.
Tratto da Health at a Glance:
Nel corso del 2020, l’epidemia da COVID-19 si è diffusa a tal punto da diventare la pandemia più grave dell'ultimo secolo. La crisi sanitaria originata dalla pandemia ha causato a sua volta una grave crisi economica, che avrà conseguenze importanti sul benessere presente e futuro delle persone e della società. Lo shock sanitario causato dal COVID-19 ha messo in luce le varie fragilità latenti dei nostri sistemi sanitari ancor prima dell'inizio dell’epidemia.L'impatto sconcertante che il COVID-19 ha avuto sulla nostra società e sull’ economia ha quindi riportato bruscamente il tema della salute pubblica al centro dell'agenda politica. La mortalità del COVID-19 riflette un chiaro gradiente sociale, un’ulteriore, triste testimonianza dell'assoluta importanza dei determinanti sociali della salute.Alla fine di ottobre 2020, oltre 7 milioni di persone sono state contaminate e 220 000 sono decedute a causa del COVID-19 nei Paesi dell'UE, in Islanda, Norvegia, Svizzera e nel Regno Unito. Durante la prima ondata della pandemia, il virus ha colpito particolarmente alcuni Paesi dell'Europa occidentale – in particolare il Belgio, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi, la Spagna, il Regno Unito e la Svezia. Tuttavia, a partire dall’ agosto 2020, il virus ha iniziato a diffondersi più ampiamente in tutto il resto d’Europa.Questa situazione ha lasciato i Paesi con poche opzioni per contenere la diffusione del virus durante la prima ondata, rendendo necessarie misure di confinamento più severe.Le persone anziane sono state colpite dal virus in misura sproporzionata; le persone domiciliate nelle residenze sanitarie assistenziali sono stati un gruppo particolarmente a rischio.Il virus ha colpito in modo sproporzionato le persone anziane e quelle affette da patologie pregresse. In quasi tutti i Paesi, almeno il 90 % dei decessi per COVID-19 si è verificato tra le persone di età pari o superiore a 60 anni. In molti Paesi, circa la metà o più dei decessi per COVID-19 si sono registrati tra le persone domiciliate nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA). In molti Paesi, la risposta iniziale al virus si è concentrata sulla protezione dei pazienti e dei lavoratori nelle strutture ospedaliere.Solo in una fase successiva sono state adottate misure analoghe per proteggere i residenti e i lavoratori nelle RSA. In alcuni Paesi, c’è stato uno ritardo di almeno 2 mesi tra la segnalazione dei primi casi di COVID-19 e l'integrazione di linee guida per la prevenzione delle infezioni nelle RSA. In un quarto dei Paesi per i quali sono disponibili informazioni, ci sono volute due settimane in più per limitare le visite nelle case di riposo rispetto alle restrizioni imposte negli spazi pubbliciLa prima ondata della pandemia ha sottolineato l'importanza fondamentale di proteggere i pazienti anziani e le altre popolazioni vulnerabili dal COVID-19 per ridurre i ricoveri ospedalieri e i decessiL’impatto del COVID è stato sproporzionato anche sulle persone povere, le persone che vivono in zone disagiate e le minoranze etniche. Questo dato evidenzia la necessità di una forte attenzione alle politiche volte ad affrontare i determinanti sociali della salute, comprese le politiche sociali ed economiche inclusive e gli interventi al di fuori del sistema sanitario che affrontano le cause alla radice delle disuguaglianze.Bisogna assolutamente Affrontare l'impatto dell'inquinamento atmosferico sulla salute e il benessereTra 168 000 e 346 000 morti premature nei Paesi dell’UE possono essere attribuite ogni anno all'inquinamento dell’aria causato da polveri sottili.Anche se nel 2020 la maggior parte dell’attenzione si è focalizzata sul COVID-19, è importante non trascurare altri fattori di rischio per la salute, compresi i fattori ambientali come l'inquinamento atmosfericoNonostante la qualità dell'aria sia migliorata nella maggior parte dei Paesi europei negli ultimi due decenni, i livelli di inquinamento restano al di sopra delle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella maggior parte dei Paesi, in particolare nelle grandi città. Ciò comporta gravi conseguenze per la salute e la mortalità delle personeNel 2018, in tutti i Paesi dell'UE, una cifra stimata tra168.000 e 346.000 decessi prematuri potrebbe essere ascrivibile attribuibile all'esposizione all'inquinamento atmosferico dovuto alle sole polveri sottili(PM2.5). La mortalità legata all’ inquinamento atmosferico è particolarmente elevata nell'Europa centrale e orientale, a causa del maggiore utilizzo ai di combustibili fossiliAll’interno di ogni Paese, le categorie svantaggiate sono colpite in modo sproporzionato a causa della loro maggiore esposizione all'inquinamento atmosferico e di una maggiore suscettibilità a gravi conseguenze per la loro salute.L'inquinamento atmosferico causa ogni anno circa 600 miliardi di euro di perdite in termini economici e di benessere nei Paesi dell'UE, pari al 4,9 % del PIL totale nel 2017Le perdite economiche e di benessere ascrivibili all'inquinamento atmosferico sono notevoli. Le nuove stime dell'impatto del PM2.5 e dell’ozono mostrano che le perdite ammontavano a circa 600 miliardi di euro nel 2017 ovvero al 4,9 % del PIL di tutta l'UE. Ciò è dovuto principalmente all’impatto che questi inquinanti atmosferici hanno sulla mortalità, ma anche alla minore qualità della vita e produttività del lavoro delle persone che vivono con malattie correlate, oltre che all'aumento della spesa sanitaria.Gli sforzi per ridurre l'inquinamento atmosferico devono concentrarsi sulle principali fonti di emissioni. Queste includono l’uso di combustibili fossili nella produzione di energia, nei trasporti e nel settore residenziale, così come nelle attività industriali e agricole. Il Piano per la ripresa dell'Europa (Recovery plan for Europe) dalla crisi generata dal COVID 19 offre un'opportunità unica per promuovere una ripresa economica verde, integrando le considerazioni ambientali nei processi decisionali, sostenendo così il raggiungimento degli obiettivi dell’UE in materia di riduzione delle emissioni nazionali entro il 2030.Il settore sanitario stesso può contribuire alla realizzazione di questo obiettivo mettendo in atto misure per ridurre la propria impronta ambientale. Attraverso approcci multisettoriali, le autorità sanitarie pubbliche possono altresì contribuire alle politiche urbane e di trasporto rispettose dell’ambiente, che possono altresì promuovere una maggiore attività fisica.La pandemia da COVID-19 ha evidenziato la carenza di operatori sanitari in molti Paesi e la necessità di meccanismi per mobilitare rapidamente le risorse umane in tempi di crisi.Sebbene il numero di medici e infermieri sia aumentato nell’ultimo decennio, in quasi tutti i Paesi dell'UE, in molti di essi permangono importanti carenze di personale sanitario.Tali carenze sono state evidenziate bruscamente durante la pandemia da COVID-19, quando gli operatori sanitari sono stati sottoposti a forti pressioni.Molti Paesi hanno cercato di mobilitare rapidamente personale supplementare, spesso richiamando operatori sanitari inattivi e in pensione, nonché mobilitando gli studenti in medicina, infermieristica e altri programmi di studio nel campo sanitario, in procinto di concludere i loro studi. Alcuni Paesi sono stati anche in grado di riassegnare parte del personale dalle regioni meno colpite a quelle maggiormente colpite dalla crisi sanitaria.Questa crisi sanitaria ha messo in evidenza la necessità di creare ulteriori capacità di riserva che possano essere mobilitate rapidamente.
Qui è possibile scaricare l'interessante ed esaustivo rapporto Health at a Glance Europe 2020: State in the Health in Europe cycle.
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