L’Oms il 31 maggio celebra la Giornata mondiale senza tabacco per accendere i riflettori sui danni creati dal fumo e per distogliere i giovani dal farne uso.
Tra l’altro in occasione della pandemia da coronavirus c'è da sottolineare che il fumo è un fattore certamente di rischio per l’infezione.
Chi fuma, infatti, è soggetto a maggior rischio di infezioni batteriche, virali e micotiche.
Da una parte esistono i fattori infiammatori e dall’altra si ipotizzano livelli più alti di recettori Ace2 nelle cellule polmonari dei fumatori.
Tali recettori sono utilizzati dai coronavirus per entrare nel corpo umano.
In uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, risulta chiaro che i fumatori abbiano il 24% di possibilità di sviluppare la malattia grave, mentre chi non ha mai fumato solo il 14%.
Un altro dato che sembra emergere è che comunque, durante il lockdown tra gennaio e aprile, da una parte è aumentato il consumo di tabacco, mentre in altri la nuova situazione ha creato un ripensamento con abbandono dell'abitudine al fumo.
I dati sarebbero questi : 630 mila le persone che hanno smesso di fumare, contro i quasi 4 milioni che hanno aumentato il numero di sigarette fumate al giorno e i 220 mila nuovi consumatori, stressati probabilmente dalle condizioni della pandemia. I giovani sembrano tra quelli che hanno colto di più l’occasione per smettere.
Purtroppo l’associazione tra tabacco e cancro del polmone è cosa certa, smettere di fumare dimezza quasi il rischio di ammalarsi di cancro al polmone entro i primi 10 anni.
Ma il fumo non è da bandire solo per il cancro ai polmoni, ma anche per le numerosi conseguenze negative che ha su organi e apparati, in special modo quello cardiovascolare.