"Le posizioni teologiche tra Papa Francesco e Benedetto XVI sul celibato sono vicine. Proprio un editoriale sul sito Vatican News sottolinea che anche Francesco ha difeso il celibato dei sacerdoti:  Papa Francesco potrebbe aprire presto alla riammissione dei preti sposati (una normativa diversa rispetto alla discussione teologica sul valore del celibato)". 

Per Don Serrone: "I preti sposati come me sono risorsa in tempi di crisi.  Nella chiesa cattolica, come me, ci sono migliaia di sacerdoti sposati. Molti hanno il desiderio di poter ritornare al ministero. Non è una questione di ostacoli teologici, solo di una normativa di diritto canonico che oggi non lo permette. Questi preti sposati sono un grande potenziale: rientrando in servizio, potrebbero sopperire alla situazione di crisi vocazionale, di deficit nelle parrocchie". A dirlo all'Adnkronos è don Giuseppe Serrone, fondatore del Movimento dei Sacerdoti Sposati, che chiedendo la dispensa dagli obblighi del celibato per unirsi in matrimonio, non può più celebrare Messa.

Intervenendo sulle posizioni di Joseph Ratzinger riguardo al celibato dei sacerdoti, afferma che "c'era da aspettarselo". In fondo, "il papa emerito Benedetto XVI non ha fatto altro che rinnovare le posizioni classiche sulla teologia del sacerdozio. Il suo pensiero si inserisce in una linea più tradizionalista", aggiunge don Serrone a giudizio del quale, ad ogni modo, "non è in gioco la questione del celibato che ha un gran valore" ma di considerare nel contempo la risorsa che rappresenta l'esercito di preti sposati, "salvaguardando tutta la dottrina teologica e le idee di Ratzinger. Non bisogna far confusione tra le due cose".

"Da una decina d'anni a questa parte sono stati accolti nella Chiesa cattolica gli anglicani con moglie e figli: convertiti al cattolicesimo, sono stati ordinati sacerdoti", ricorda ancora don Serrone che in passato ha lanciato a Papa Francesco e ai vertici del Vaticano "più appelli per riaccogliere i preti sposati". "Noi siamo disponibili a collaborare con la chiesa cattolica", conclude.

Ratzinger non ha scritto un libro a quattro mani con Sarah. Non ha dato il via libera «ad alcuna pubblicazione». E in ogni caso non avrebbe «visto né approvato la copertina» del volume che presenta il nome Benedetto XVI di fianco al cardinale Sarah.

Dietro tutto ciò invece ci sarebbe «un’operazione editoriale di chi gestisce le pubblicazioni di Sarah», cardinale conservatore considerato punto di riferimento degli oppositori del pontificato di Bergoglio.

Un colpo di scena che può cambiare le carte in tavola, dopo due giorni di tensioni e polemiche riaccese dalla notizia dell’uscita in Francia dell’opera «Dal profondo del nostro cuore» (edito da Fayard), firmata da Benedetto XVI e da Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino. Il saggio contiene un monito accorato di Ratzinger: la scelta di non sposarsi è per un prete «indispensabile». «Io credo - è scritto - che il celibato» dei sacerdoti «abbia un grande significato» ed è «indispensabile perché il nostro cammino verso Dio possa restare il fondamento della nostra vita». Aggiungendo: «Non posso tacere». Un altolà senza se e senza ma accompagnato da cori social di esultanza tra commentatori, siti e blog della galassia tradizionalista, che vedono come fumo negli occhi qualsiasi fessura si schiuda in questo senso. 

Passando sul versante istituzionale d’Oltretevere, la linea tenuta dalla Santa Sede è quella di stemperare gli animi tra pro e contro i preti sposati. E un editoriale sul sito Vatican News sottolinea che anche Francesco ha difeso il celibato dei sacerdoti, ricordando le sue parole di un anno fa: concedere la possibilità del «celibato opzionale» prima di diventare diaconi? «No - disse - Io non lo farò. Non mi sento di mettermi davanti a Dio con questa decisione». 

Il territorio amazzonico è sterminato - sette milioni e mezzo di chilometri quadrati, nove Paesi -, i sacerdoti scarseggiano, il problema è sentito e annoso. «Una delle cose principali da ascoltare è il gemito di migliaia di comunità private dell’Eucaristia domenicale per lunghi periodi», si legge nel documento preparatorio. Ci sono comunità che possono fare la comunione solo una o due volte l’anno. Il missionario austriaco Erwin Kraeutler, per venticinque anni vescovo ella più grande diocesi amazzonica brasiliana, due a anni fa aveva parlato al Papa e riassunto la sua esperienza così: «Ho un territorio sterminato, 700 mila fedeli, 800 comunità e appena 27 preti». Di «viri probati», del resto, si discute da tempo. Il cardinale Carlo Maria Martini fu tra i primi a parlarne. Il cardinale brasiliano Claudio Hummes, amico di lunga data di Bergoglio, sostiene questa possibilità dal 2006. Il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, nel libro intervista «Tutti gli uomini di Francesco», del vaticanista Fabio Marchese Ragona, ha spiegato di recente che «è un’ipotesi da valutare con attenzione senza chiusure né rigidità». Del resto lo stesso Francesco ne aveva parlato, da ultimo, al settimanale tedesco «Die Zeit» nel 2017: «Dobbiamo riflettere se i “viri probati” siano una possibilità e dobbiamo anche stabilire quali compiti possano assumere, ad esempio in comunità isolate. La Chiesa deve riconoscere il momento giusto nel quale lo Spirito chiede qualcosa». 


La questione del celibato
Tutto questo non significa mettere in discussione il celibato millenario della Chiesa latina. Nel volo di ritorno dal viaggio in Terra Santa del 2014, il Papa aveva ricordato ai giornalisti che la Chiesa Cattolica ha già dei preti sposati, «ci sono nel rito orientale», e che «il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa». Non essendo un dogma di fede, comunque, «c’è sempre una porta aperta». Benedetto XVI, ad esempio, l’ha aperta agli anglicani che fanno ritorno alla Chiesa di Roma. Sullo sfondo, rimane la possibilità che in futuro si vada verso una doppia disciplina anche nella Chiesa latina, magari con le stesse regole: solo i celibi possono essere vescovi. Ma ora non si tratta di questo, la questione dei «viri probati» è più limitata. Bergoglio si poneva il problema già da cardinale e si diceva «pienamente convinto» che «il celibato vada conservato», ma aggiungeva che «se la Chiesa dovesse rivedere tale norma» non lo farebbe «spinta dalla scarsità» di vocazioni e comunque «non sarebbe una regola valida per tutti»: «Tratterebbe la cosa come un problema culturale di un luogo specifico, non in modo universale ma come un'opzione personale». Se ne continuerà a discutere.


Fonti dell'articolo: ADN Krons, La Stampa, Il Corriere della Sera