Dopo il via libera al Senato il governo Conte 2 inizia il suo percorso per arrivare a fine legislatura
"Con 169 voti favorevoli, 133 contrari e 5 astensioni, l'Aula del Senato, martedì 10 settembre, ha approvato la mozione di fiducia al Governo, presentata dai senatori Perilli, Marcucci, De Petris e Laniece.
Nella mattinata si è svolta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, seguite dalla replica del Premier.
Dopo le dichiarazioni finali, ha avuto luogo l'appello nominale per il voto di fiducia. Il Senato è convocato a domicilio".
Questa la dichiarazione di Palazzo Madama che conferma la fiducia al Governo Conte 2 che da stasera è ufficialmente e pienamente in carica.
Tra le dichiarazioni di giornata, immancabile da segnalare quella di Salvini. Come al solito, l'ex ministro ed ex capitano si è distinto nel voler disegnare gli avversari con il proprio autoritratto, come dimostra il seguente passaggio:
"Tutti hanno capito che questo è un Governo basato sulla spartizione delle poltrone e sulla paura evocata da tanti: qua l'unica paura che ormai è chiara a tutti, a prescindere dalle idee politiche, è quella di tornare al voto e di essere lasciati a casa dagli italiani e di dover ricominciare a fare un lavoro, ammesso e non concesso che ci sia a casa un lavoro da fare".
Qualcuno può indicare un lavoro che abbia "occupato" Salvini al di fuori delle attività da lui svolte, sempre connesse al partito? Ma il personaggio è questo e non si preoccupa certo che tra i suoi sostenitori vi sia gente capace di fargli le pulci su quanto da lui detto quotidianamente.
Altro passaggio degno del miglior avanspettacolo, è quando Salvini ha detto di esser stato "onorato di servire il Paese come Ministro", aggiungendo, "incontrando per strada poliziotti, carabinieri o vigili del fuoco, di tornare a farlo il prima possibile), perché quando una donna o un uomo in divisa mi dice lei sarà sempre il nostro Ministro per me è un'emozione enorme".
Ma come è possibile dire ad uno come Salvini "lei sarà sempre il nostro Ministro", quando al Viminale - ben che vada - in 14 mesi lo avranno visto forse per una settimana o due?
Da segnalare poi, in dichiarazione di voto, l'atteso intervento in dissenso di Gianluigi Paragone:
"Signor Presidente, e così dalle parole guerriere siamo passati al linguaggio mite. Le parole guerriere erano parole contro l'establishment finanziario, contro il Fiscal Compact, i grandi accordi internazionali scritti dalle lobby, erano parole guerriere contro quel meccanismo europeo di stabilità che adesso, con il linguaggio mite, renderete ancora più una gabbia restrittiva sull'Italia.
Non mi dite che cambierete l'Europa perché l'Europa vi ha già intellettualmente corrotti con i suoi inganni. Il 4 marzo il popolo degli abissi rialzò la testa. Oggi, dopo avere ripescato gli sconfitti, lo ricacciate voi negli abissi, perché il PD è la garanzia italiana del fanatismo europeo, del globalismo e dell'uomo di Davos. Bruxelles lo avete riportato in casa. Il conte Gentiloni in Europa agli affari economici, marcato a uomo però dal falco Dombrovskis. Dai riti di Bruxelles arriva quel Gualtieri che negoziò il Fiscal Compact, che digerì il bail-in e il primo MES che ora lei, signor Presidente, vuole riformare in senso ancora più restrittivo, e non si sogni minimamente di non passare dal Parlamento perché questo non glielo consento.
Dopo avere elevato al cielo la von der Leyen e Christine Lagarde, resta soltanto il santo protettore degli evasori fiscali a norma di legge, Jean-Claude Juncker. Lo potreste mettere, magari, all'Agenzia delle entrate, così potreste proseguire con la simmetria fiscale per cui le multinazionali fanno quello che vogliono e i piccoli imprenditori vengono massacrati da fisco e banche. E non mi dite che non conoscevate il profilo di Juncker, lo dico soprattutto al PD.
Dal Governo del cambiamento siamo entrati nel Governo dell'assurdo nel senso di Ionesco. Lei, Presidente Conte, si è guadagnato una parte nella commedia «Il rinoceronte»: quelli che prima si indignavano perché il rinoceronte scorrazzava per la città facendo danni, adesso sono diventati loro stessi il rinoceronte, contenti di esserlo. Ecco, da sovranisti si è diventati "euristi". Lei si accontenterà di una flessibilità che oggi è soltanto morfina. L'eurozona non migliorerà se non si rivedrà il capital key rule, se non si parla di monetizzazione del debito, se non si ripensa profondamente la politica monetaria e se non si costituisce un'Agenzia di rating europea.
La mia tentazione di votare "No" è forte. Mi asterrò soltanto per rispetto di chi, in una ipnosi in buona fede, pensa alla rivoluzione della pochette. Io resto nella trincea delle parole guerriere contro il fanatismo neoliberista incistato in questa Unione europea".
Secondo il regolamento del Senato, non è sufficiente che i Senatori favorevoli superino i contrari, ma occorre che superino la somma dei senatori che esprimono voto contrario e di quelli che dichiarano la propria astensione. Al Senato, infatti, i Senatori che si dichiarano astenuti sono considerati presenti, a differenza della Camera dove sono considerati presenti solo i deputati che esprimono voto favorevole o contrario. Ciò comporta che, per non prendere parte alla votazione, i Senatori devono uscire dall'Aula. Quindi, se votava no, non faceva prima?
Sulla linea dell'astensione, ma almeno supportata da maggior logica (!) tra Pangloss e La Palice, anche l'ex renziano Richetti. Questa la sua dichiarazione:
"Presidente Conte, dopo questo voto lei sarà anche il mio Presidente del Consiglio, ma non avrà la mia fiducia. È uno dei giorni più difficili del mio impegno politico e parlamentare. Dover ricorrere a quell'assenza di vincolo di mandato che la Costituzione all'articolo 67 assicura a ciascuno di noi non è una scelta che si fa a cuor leggero. Ma non posso, per coerenza ai valori della mia militanza politica e per amore del Paese che tutti qui rappresentiamo, votare la fiducia ad un Governo nato su basi di convenienza e ambiguità. Ancora adesso, il collega del MoVimento 5 Stelle ha parlato del Governo che lei ha presieduto in precedenza come un Governo che stava lavorando bene: questa è un'ambiguità per me insostenibile.
Non le ho assicurato la mia fiducia quando era uno stimato professore di diritto privato che si apprestava a diventare Premier, e non lo posso fare oggi dopo che ha consegnato a questo Paese la sua firma in calce a provvedimenti che io definisco vergognosi e che hanno fatto dell'Italia un Paese meno aperto, meno civile, meno democratico e meno liberale. Lei è il Presidente - e io la rispetto fino in fondo - che ha messo la sua firma sotto i decreti sicurezza, i condoni, la legittima difesa, la chiusura dei porti.
E quando in quest'Aula, presidente Conte, ha pronunciato un discorso per molti aspetti condivisibile, che io ho apprezzato nei contenuti, di denuncia dei limiti dell'azione di Governo che lei rappresentava, ha ai miei occhi aggravato la sua posizione. L'ha aggravata perché se Matteo Salvini non avesse staccato la spina, non avesse presentato una mozione di sfiducia e aperto la crisi, lei oggi sarebbe ancora il Premier da lui sostenuto. Ha denunciato pericoli gravissimi e lo ha fatto perché sfiduciato e privato del sostegno parlamentare. Un Presidente del Consiglio degno di questo nome quelle cose le avrebbe dette prima e poi avrebbe staccato la spina.
Presidente Conte, se il suo Vice presidente del Consiglio non ha collaborato non fornendo le informazioni necessarie alla sua apprezzata informativa, delicatissima, in Parlamento sui soldi russi, lei lo doveva riferire il giorno che è venuto in questo Parlamento, e non dopo levandosi i sassolini dalle scarpe perché la Lega ha presentato la mozione di sfiducia. Questi sono tratti distintivi di come si intendono le istituzioni.
Francamente, presidente Conte, non so come si possa interpretare oggi, con quale coerenza e quale autorevolezza, l'incontro tra due forze politiche - una è la mia e l'altra ha tutto il mio rispetto - che una sola cosa hanno detto chiara all'Italia: mai l'uno con l'altro. Lasciatelo dire a chi non ha mai usato gli hashtag «senza di me», «grullini», «pidioti», «Bibbiano», «la piovra». Mai, non li trovate mai nel mio linguaggio e nel mio atteggiamento.
Colleghi, oggi si doveva fare un altro tentativo, di un altro livello, per dare un Governo a questo Paese, tentativo che io ho sostenuto in tutti i modi, per mostrare al Paese che questo Governo nasceva da coraggio e generosità, non da paura e da cinismo. Lo stesso premier, rimasugli del precedente Governo, capibastone che corrono ad assicurarsi una posizione dalla quale alimentare ulteriormente il loro consenso. Una fase nuova, Presidente, richiedeva un Premier nuovo, una fase nuova richiedeva autorevolezza alla Farnesina, una fase nuova richiedeva un'idea di giustizia diversa da quella che ho sentito negli ultimi 14 mesi, una fase nuova non poteva consentire il teorico della democrazia diretta nel cuore di Palazzo Chigi.
Sono punti per me imprescindibili. Non voterò contro, mi asterrò. Non avrete la mia fiducia ma non voglio in nessun modo accomunare il mio voto a quello della Lega come voi avete fatto negli ultimi 14 mesi. E terrò fino alla fine, presidente Conte, un atteggiamento costruttivo, dialogante e responsabile, ma non mi fido dell'abilità dell'avvocato del popolo che quando cambia il popolo rimane avvocato.
Matteo Salvini e la Destra saranno sempre i miei avversari. Voglio evitare che il Paese li abbia al Governo battendoli alle elezioni, non allenandomi maldestramente con chi ha consentito loro di raddoppiare i voti. Non lo scrivo su Twitter, non lancio hashtag, non faccio post. Io «senza di me» lo dico in maniera rispettosa in quest'Aula e non voterò la fiducia a questo Governo".
Ovviamente, però, sui social Richetti è finito ugualmente, diventando un quasi campione per i leghisti ed un quasi traditore per i sostenitori della sinistra. Ça va sans dire... così va il mondo.