In Italia, nel 2020, 41,5 milioni di contribuenti hanno presentato la dichiarazione dei redditi per un totale di 884 miliardi di euro. Di questi 41,5 milioni di contribuenti, 22 milioni hanno usato il modello 730, 9,1 milioni hanno usato il modello “Redditi” e 10,4 milioni non lo hanno presentato, affidandosi al modello CU compilato dal sostituto d’imposta.
A dichiarare tra 0 e 15.000 euro sono 17,2 milioni di contribuenti, tra 15.000 e 29.000 euro 14,5 milioni, tra 29.000 e 55.000 euro 6,9 milioni, tra 55.000 e 100.000 euro sono 1,4 milioni, tra 100.000 e 300.000 euro 461 mila e sopra i 300.000 euro 41 mila.
I dati del MEF mostrano che nel 2020 ci sono state 4000 persone che hanno dichiarato un reddito negativo e 947 mila che hanno dichiarato un reddito pari a zero, mentre 2,5 milioni di persone hanno dichiarato meno di 1000 euro.
Il reddito medio è di 21.800 euro e poco più dell’1% dei contribuenti ha dichiarato almeno 100 mila euro.
I governi nostrani effettuano manovre fiscali sempre favorevoli alle classi più abbienti assicurando che lo fanno per aiutare le classi più deboli, queste scelte hanno determinato l’aumento della povertà e un grave indebolimento del tessuto economico del Paese; Confindustria si strappa le vesti per gli eccessivi costi del lavoro quando l’Italia è l’unico paese in Europa che ha i salari più bassi e attualmente sono gravemente erosi dagli aumenti dei prezzi degli alimentari che permettono alla grande distribuzione grandi profitti in cambio di prodotti di dubbia qualità; è l’unico stato che non ha un reddito minimo garantito e le fasce giovani percepiscono redditi da fame o sono costretti a restituire fuori busta parte di quanto percepiscono dal loro “datore”.
Però chi afferma che l’Italia non è un Paese per ricchi sbaglia di grosso infatti ci ha pensato quel genio di Gentiloni nel 2016. Per attrarre capitali esteri destinati all’investimento anche l’Italia si è allineata all’andazzo generale infatti il governo Gentiloni ha approvato “l’imposta sostitutiva per i nuovi residenti”, sinteticamente: 100 mila euro l’anno fissi per i facoltosi che si trasferiscono nel nostro Paese. Questa “politica fiscale” la praticano i governi occidentali in concorrenza tra loro elaborano sofisticati regimi fiscali diretti a favorire i milionari che sono quotidianamente impegnati a trovare Paesi che offrano loro servizi migliori e tasse sempre più basse, tale fenomeno si è sviluppato soprattutto negli ultimi dieci anni ed è stato rallentato solo dalla pandemia.
Prendiamo i dati forniti nel 2019 dalla “Global Wealth Migration Review” che ha esaminato gli spostamenti dei milionari residenti in 90 Paesi e 150 città. Dallo studio emerge che la maggior parte dei milionari cambia residenza non solo per pagare meno tasse, ma anche perché cerca assistenza sanitaria d’alto livello, scuole elitarie, maggiore sicurezza, e nuove opportunità per accrescere la loro ricchezza.
La migrazione di questi previlegiati ha registrato un’accelerazione costante prima della pandemia infatti 108 mila ricchi hanno cambiato Paese nel 2018 rispetto ai 64 mila del 2015.
“Il numero totale, in tre anni, raggiunge i 350 mila. Nel 2019, ultimo anno esaminato, il Paese più attrattivo è stata l’Australia (12 mila), per via del basso tasso di criminalità, l’ottimo sistema sanitario, un’economia in crescita da 20 anni, e assenza di tasse di successione. Al secondo posto gli Stati Uniti (10.800), poi Svizzera (4 mila), Canada (2.200), Singapore (1.500). Da quali Paesi provengono i milionari che si spostano? Al primo posto c’è la Cina (16 mila), poi India (7 mila), Russia (5.500), Hong Kong (4.200) e Turchia (2.100). Ad alimentare l’esodo dalla Cina sono i maggiori controlli e la stretta sui milionari, ma sulla fuga ha avuto un suo peso anche la repressione su Hong Kong. Le città di destinazione preferite: Sydney, Ginevra, Melbourne, Singapore e Dubai”.
Noi poveri mortali condannati alla lotta quotidiana per arrivare a fine mese non immaginiamo che i ricchi si dividono in tre classi. Diamo uno sguardo alla statistica, nel mondo vi sono:
a) - la classe “bassa” è costituita da 18,7 milioni i ricchi che hanno un patrimonio netto tra 1 e 5 milioni di dollari in attività liquide (escluse residenza principale, oggetti da collezione, beni di consumo e beni durevoli;
b) - la classe “intermedia” è costituita da 1,89 milioni
e possiedono un patrimonio in attività liquide che va da 5 a 30;
c) - i super-ricchi sono 200.900 con un patrimonio che va oltre i 30 milioni.
Gli Stati Uniti sono il Paese con più milionari (6 milioni e 575 mila, 11,3% rispetto al 2019), seguiti da Giappone (3,5 milioni, +6,2%), Germania (1,5 milioni, (+6,9%), Cina (1,4 milioni, +11%) e Francia (714 mila, +1,7%). Nona l’Italia (301 mila ricchi, +2,1%). Come si può vedere anche tra i ricchi ci sono le “classi” e più si sale e più il numero è minore.
In Italia possiamo stabilire le regioni più ricche ma non i redditi dei ricchi perché sono top secret. La Lombardia è la regione più benestante d’Italia con un reddito medio per contribuente di 25,2 mila euro. Al secondo posto troviamo la provincia autonoma di Bolzano con 24,5 mila euro e poi l’Emilia Romagna con 23,5 mila euro. Con un reddito medio inferiore ai 16 mila euro ci sono invece l’Abruzzo (12 mila euro) e la Calabria (15,2 mila euro).
I Paesi europei che praticano questa politica fiscale a favore dei milionari perseguono due obiettivi: attrarre nuovi investimenti e aumentare le entrate.
Uno studio pubblicato dall’Osservatorio fiscale della Ue, laboratorio di ricerca indipendente che si occupa di evasione ed elusione fiscale, mostra che dal 1995 a oggi il numero di regimi speciali per milionari e pensionati benestanti è passato da 5 a 28, e rileva che le misure avvantaggiano una minoranza già ricca (nel 2021 si contano circa 200 mila beneficiari) a spese di 450 milioni di cittadini.
In Italia questa politica fiscale che risultati ha ottenuto?
Con l’approvazione dell’imposta sostitutiva per i nuovi residenti dal 2017 l’Italia ha visto aumentare le richieste dei ricchi provenienti dall’estero. Il regime fiscale speciale prevede un forfait di 100 mila euro fino a un massimo di 15 anni, a prescindere dall’importo dei redditi esteri percepiti. Un sistema disegnato non solo per attrarre stranieri, ma anche italiani che hanno spostato la residenza fiscale all’estero (per usufruire dell’opzione bisogna dimostrare di aver versato le tasse in un altro Paese negli ultimi 9 anni). L’opzione si può estendere anche ai loro familiari, che possono godere di un’imposta fissa di 25 mila euro. Se nel 2017 i soggetti che avevano scelto il regime fiscale speciale erano 98 (78 contribuenti principali e 20 familiari), nel 2018 erano già diventati 263, per poi raggiungere le 429 unità nel 2019, e nel 2020 salire a 790 (592 contribuenti principali e 198 familiari).
Quanto ha incassato l’erario italiano?
“Il primo anno di entrata in vigore della norma nelle casse pubbliche sono entrati 8,3 milioni di euro, nel 2020 sono diventati 64,1 milioni. Denaro che l’erario non avrebbe mai incassato senza l’imposta forfettaria.
E allora perché questo regime fiscale è considerato ingiusto?
Prima di tutto perché lede il principio di uguaglianza tributaria a danno dei soggetti che sono sempre stati residenti in Italia. In più tradisce l’art.53 della Costituzione che sottolinea come tutti i cittadini debbano concorrere al benessere della società in ragione della loro capacità contributiva (più guadagni, più tasse paghi). Inoltre - come ha spiegato la Corte dei Conti nell’ultima Relazione sul rendiconto generale dello Stato - l’obiettivo prefissato del regime forfettario era «favorire gli investimenti in Italia da parte di soggetti non residenti». Tuttavia non essendoci alcun obbligo di investire in Italia parte del patrimonio, lo scopo dell’imposta rimane lettera morta e ai milionari restano solo i benefici”.
Ma non è tutto! La UE critica aspramente il regime adottato dall’Italia, infatti l’Osservatorio fiscale della Ue sostiene:
“La tassa forfettaria per i neo-residenti in Italia è giudicata, insieme all’imposta per i ricchi in Grecia, il più pericoloso tra i 28 regimi fiscali speciali adottati in Europa. L’opzione è bocciata perché copre un periodo spropositato (15 anni) e perché fa risparmiare oltre il 50% per i redditi esteri che raggiungono almeno 500 mila euro. I sistemi più dannosi - introdotti da Italia, Grecia, Cipro e Portogallo - minano la progressività fiscale. Tasse simili sono in vigore in Francia (régime des impatriés), Lussemburgo (hiring international executive regime), Irlanda (non-remittance regime), Spagna (regime Espatriados) e a Malta (Residence Programme Rules). Complessivamente il ricorso a questi regimi provoca nella Ue una perdita fiscale di 4,5 miliardi di euro l’anno, pari al budget annuale del programma Erasmus”.
In conclusione si sottolinea che:
“Il timore è che sempre più Paesi europei si adeguino, indebolendo le nazioni che non sfruttano questa sorta di elusione fiscale legalizzata. Alla fine ci perdono tutti, Italia compresa, perché se da una parte attraiamo milionari stranieri, dall’altra anche i nostri ricchi si spostano. E nessuno paga ciò che dovrebbe, per incrementare il benessere del Paese in cui vive”.
Di conseguenza, ogni tanto, milioni di cittadini possono usufruire di un generoso bonus di 80/100 euro una tantum.
L’evasione fiscale nel nostro Paese è scandalosa, per questo nelle casse dello Stato italiano vi è un buco da 1.153 miliardi ad opera di 23 milioni di contribuenti difettosi, la perdita media annua per l’erario parte da 80 miliardi in su.