Il ceto medio torna al centro del dibattito politico e fiscale. Con l’approvazione in Senato del decreto correttivo sull’Irpef, varato il 23 aprile dal Consiglio dei ministri, il governo cerca di rimettere ordine nella complessa riforma del sistema tributario avviata con la delega fiscale. Un provvedimento necessario, pensato per allineare il calcolo degli acconti Irpef alle nuove aliquote e, allo stesso tempo, per iniziare a delineare una strategia di alleggerimento fiscale in favore dei lavoratori e delle famiglie che più hanno sentito il peso dell’inflazione.
Irpef a tre aliquote: cosa cambia.
La novità più importante riguarda la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre, un cambiamento che per il 2024 è stato temporaneo ma che, con l’ultima legge di bilancio, è diventato strutturale. Oggi le aliquote sono:
23% fino a 28.000 euro,
35% da 28.001 a 50.000 euro,
43% oltre i 50.000 euro.
Una semplificazione che ha l’obiettivo di ridurre il prelievo sui redditi medio-bassi, ma che – secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio – ha aumentato la sensibilità dell’Irpef all’inflazione, rischiando di annullare parte degli aumenti salariali dovuti ai rinnovi contrattuali.
Un intervento per evitare errori nei calcoli degli acconti.
Il decreto correttivo si è reso necessario per evitare che gli acconti 2024 venissero calcolati secondo le vecchie aliquote. Una distorsione denunciata da Caf e Cgil, che avrebbe potuto portare a versamenti più elevati del dovuto, proprio a causa del mancato coordinamento normativo. Il correttivo permette ora di allineare il calcolo degli acconti al nuovo sistema a tre aliquote, evitando ingiustizie e semplificando la vita ai contribuenti.
Detrazioni: attenzione ai redditi sopra i 50mila euro.
Sul fronte delle detrazioni, il decreto introduce un primo correttivo importante: viene rimodulata la detrazione per il lavoro dipendente, con un incremento a 1.955 euro per i redditi fino a 15.000 euro. Per chi guadagna fino a 20.000 euro, è previsto un ulteriore bonus integrativo, per non perdere il cosiddetto “bonus 100 euro”.
Ma la vera novità scatterà dal 1° gennaio 2025. Per i redditi sopra i 75.000 euro, il governo introduce limiti alla fruizione delle detrazioni, secondo un meccanismo basato su:
reddito complessivo,
numero di figli fiscalmente a carico (con particolare tutela per famiglie numerose o con disabilità).
In pratica, più alto è il reddito, minore sarà la quota di spese detraibili, soprattutto in ambito sanitario, scolastico o per ristrutturazioni. È un passo verso un sistema che cerca maggiore equità redistributiva, ma che rischia di penalizzare alcuni profili professionali con alti carichi familiari.
Un taglio strutturale? Servono 4 miliardi.
Il vero nodo politico riguarda però il futuro. Per introdurre un taglio stabile delle tasse sul ceto medio – in particolare per i redditi fino a 60.000 euro – servono tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro. Al momento, però, le risorse non ci sono: il “concordato preventivo biennale” ha portato nelle casse dello Stato appena 1,6 miliardi, a fronte di una platea potenziale di 4,5 milioni di contribuenti.
Toccherà alla manovra autunnale trovare le coperture. La premier Meloni e Forza Italia puntano sul taglio fiscale per il ceto medio, mentre la Lega insiste sulla pace fiscale, con una rottamazione in 120 rate da pagare in 10 anni. Due visioni diverse, ma che dovranno convergere su un obiettivo comune: alleggerire il peso fiscale su chi lavora.
Conclusioni: un equilibrio difficile da raggiungere.
La revisione dell’Irpef e delle detrazioni rappresenta un primo passo nella giusta direzione, ma non basta. Il sistema fiscale italiano resta complicato e iniquo, e l’inflazione continua a erodere il potere d’acquisto soprattutto dei redditi fissi. Il ceto medio – lavoratori dipendenti, autonomi, famiglie con figli – chiede una riduzione concreta della pressione fiscale e maggiori certezze.
L’autunno sarà decisivo. Molto dipenderà dalla capacità del governo di reperire risorse, ma anche dalla volontà politica di costruire un fisco più semplice, più giusto e più sostenibile. Non sarà facile. Ma è una sfida che il Paese non può più permettersi di rimandare.
In conclusione:
Reddito annuo Effetto manovra
0 – 15.000 € ✅ Benefici netti (più detrazioni, meno Irpef)
15.000 – 50.000 € ⚖️ Leggero vantaggio (aliquota ridotta)
50.000 – 75.000 € 😐 Nessun cambiamento rilevante
Oltre 75.000 € ❌ Penalizzati (meno detrazioni)