In data 19 settembre 2018 Confabitare ha chiesto il ritiro dell’Accordo Territoriale di Monterotondo per le Locazioni a canone concordato.
Per la prima volta un sindacato della proprietà edilizia chiede il ritiro di un Accordo Territoriale ad un Comune.
Accesso agli atti per rilevare la mancata convocazione di ben nove organizzazioni sindacali tra quelle dei proprietari e quelle degli inquilini.
Cosa è accaduto?
Ne parliamo con il Dott. Eugenio Romey, presidente di Confabitare Roma, una delle organizzazioni dei proprietari immobiliari “maggiormente rappresentativa” sul piano nazionale.
Con l’emanazione del D.M. 16/1/2017 da parte del Ministero delle Infrastrutture lo scenario delle locazioni a canone concordato assume contorni molto molto più rigidi e diversi dal passato. Lo Stato ha riflettuto sul fatto che le importanti agevolazioni fiscali che nel frattempo erano state introdotte, in tema di tassazione ordinaria ma soprattutto in tema di Cedolare Secca e di imposte locali, IMU e TASI, non potesse essere più legato ad una “autoqualificazione” di conformità da parte di locatore e conduttore, in quanto spesso priva di qualunque veridicità. Pertanto, ha delegato il controllo e la relativa attestazione alle organizzazioni dei proprietari e degli inquilini, previa la stipula dei nuovi Accordi Territoriali.
Dr. Romey, qual è stata la reazione dei Comuni?
I Comuni, in tutto ciò, non hanno immediatamente compreso la portata innovativa del Decreto. Infatti, solo in pochi hanno convocato le organizzazioni nei 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto stesso, come prevede la Legge 431/98, facendo, per così dire, quasi una cortesia a quelle organizzazioni che hanno un atavico, tutto italiano, senso di “mantenimento dell’orticello”.
Cosa significa?
In altre parole, in mancanza di convocazione da parte del Comune, le organizzazioni possono autoconvocarsi, stipulare l’Accordo e depositarlo al Comune. Ma questa prassi viene spesso posta in essere, quasi segretamente, da alcune organizzazioni, che così facendo assumono, agli occhi del “bacino” dei proprietari e degli inquilini, un’immagine di oligopolisti del settore, pensando che ciò gli giovi. In realtà, con la previgente disciplina, che non prevedeva l’obbligo di rivolgersi alle organizzazioni se si voleva stipulare un Contratto a Canone Concordato, la cosa assumeva i contorni di mera strategia “politica”. Adesso, con l’entrata in vigore dell’obbligo, si ledono diritti anche patrimoniali, oltre che di immagine, delle organizzazioni che vengono escluse.
In pratica cosa accade?
Molto probabilmente inizieranno a fioccare azioni giudiziarie, anche di risarcimento del danno.
Il caso del Comune di Monterotondo è uno di questi?
No! Il caso del Comune di Monterotondo è forse ancora più grave, perché ad operare questo “gioco delle tre carte” sembrerebbe esser stato addirittura il Comune. Lo scorso luglio alcune organizzazioni hanno depositato l’Accordo Territoriale di Monterotondo e, in premessa di detto accordo, si legge che il Comune ha “ritualmente convocato le organizzazioni”. La legge prevede che, quando il Comune effettua le convocazioni, anche se oltre i rituali 60 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Ministeriale, debba convocare tutte le organizzazioni “maggiormente rappresentative” a livello nazionale. In realtà, a Monterotondo mancano alla firma ben tre associazioni dei proprietari e addirittura sei associazioni degli inquilini. Ma c’è di più: Confabitare aveva sollecitato formalmente al Comune di Monterotondo la convocazione, a norma di legge, già a novembre 2017. Per appurare cosa sia accaduto, e quali organizzazioni siano state effettivamente convocate, Confabitare ha inoltrato richiesta di accesso agli atti al Comune e, contestualmente, richiesta di ritiro dell’Accordo che deve essere ridiscusso tra tutte le organizzazioni “maggiormente rappresentative” su base nazionale. All’esito dell’accesso agli atti appureremo se il vulnus è del Comune, per omissione di convocazioni obbligatorie, oppure c’è altro.
Si spieghi meglio.
Beh, qualora non si riscontrassero le convocazioni da parte del Comune, ci potrebbe essere falso ideologico nel testo dell’Accordo. In pratica, un’autoconvocazione “old style” mascherata.
Insomma, una brutta storia.
Brutta? No, solo italiana. Massima opacità nel Paese che predica la massima trasparenza. Ma stavolta noi siamo pronti ad arrivare in Cassazione. Il segnale è quello di far comprendere che gli orticelli devono lasciare il posto al rispetto di tutti.