Intervista degli studenti della “School of Public Affairs and Administration (SPAA) della Rutgers University di Newark (USA)”.
Vincenzo Musacchio giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.
Qual è il rapporto tra la ‘ndrangheta e il processo Rinascita Scott? Il processo che si celebra in questi giorni a Lamezia Terme è uno scorcio di quella che è realmente la ‘ndrangheta calabrese. Sono circa duecento le ndrine che presidiano il territorio della Calabria e le più potenti sono nella piana di Gioia Tauro, nella Locride e nella provincia di Reggio Calabria. Non dimentichiamoci che la ‘ndrangheta nasce come fenomeno rurale, si è trasformata in una holding del crimine a livello internazionale nel tempo, soprattutto, con le seconde e le terze generazioni. Traffico internazionale di stupefacenti, appalti, compravendita di beni, intestazioni fittizie, contratti tra privati, frodi per ottenere fondi nazionali e comunitari, acquisizione di imprese, turismo, estorsione, usura. Le ndrine godono addirittura di circuiti bancari autonomi, illegali paralleli che gestiscono in funzione dei loro interessi. Oggi è tra le mafie più potenti al mondo, sia militarmente, sia economicamente. Rinascita Scott è certamente un punto di partenza e non di arrivo, su questo non ho dubbi di sorta.
Perché invece di essere ridimensionata, è cresciuta così vertiginosamente? Il potere della ndrangheta è sempre stato molto forte. Ha saputo mixare, nei modi e nei tempi giusti, il potere della violenza feroce con quello della corruzione e del clientelismo. Oggi ha amicizie nelle alte sfere. I primi ndranghetisti - ripeto - erano pastori poi, con l’arrivo della droga, sono diventati proprietari d’immobili, proprietari terrieri, azionisti in multinazionali sparse in ogni parte del mondo. Sono presenti in Australia, Canada e Germania. Fanno affari legati al traffico di stupefacenti in Sudamerica, negli Stati Uniti e in numerosi paesi europei. Investono in Thailandia, nelle Antille Olandesi e nella Repubblica Togolese. Hanno interessi nel commercio di diamanti in Sudafrica e nello smaltimento di rifiuti tossici in Somalia, Eritrea e in Kenya. Sono anche in affari nel settore del coltan nella Repubblica Democratica del Congo. Hanno amici potenti nelle istituzioni pubbliche e ciò consente loro una sorta d’impunità consolidata da troppo tempo.
In molti pensano che la ‘ndrangheta governi la Calabria. Qual è dunque il vero legame tra ‘ndrangheta e politica? In Calabria, ma non solo, la ndrangheta è un secondo Stato, giacché svolge molte delle funzioni che il Governo centrale ormai non esercita più. Fa molte cose che le istituzioni pubbliche non fanno ma dovrebbero fare, e da questo essa trae gran parte del suo potere. In particolare, offre protezione fisica, lavoro, sicurezza, che è una sorta welfare alternativo del Governo, ciò nonostante non crea sviluppo ma solo ricchezza per i singoli gruppi criminali. In una recente intercettazione un boss parlando del loro potere diceva: “In Calabria comandiamo noi” parlando appunto del loro potere sconfinato. La 'ndrangheta ha costruito negli anni rapporti con il mondo delle istituzioni, dell’imprenditoria, della politica e della massoneria deviata e queste collusioni sono la sua linfa vitale in Italia, ma anche all’estero.
Perché la ndrangheta è così potente? Lo spartiacque tra la vecchia e la nuova ndrangheta - come ho detto in precedenza - si ha con l’arrivo della droga. Gli ndranghetisti capiscono in anticipo su tutti i loro concorrenti, l’importanza del traffico internazionale e sono tra i primi a stringere alleanze con i narcotrafficanti del sud dell’America. La ndrangheta ha anche compreso che garantire il sostegno elettorale ai partiti al potere non solo da affari e denaro ma le consente anche di occupare ruoli di governo sotto forma di protezione. È una sorta di associazione parallela con la classe politica per cui riesce spesso a eleggere persone molto vicine alla sua organizzazione in posizioni di rilievo istituzionale, economico e politico. In quasi ogni assise pubblica (Comune, Provincia, Regione, Aziende sanitarie) ci sono sempre membri che fanno riferimento al boss mafioso locale. Mentre in Sicilia a combattere queste medesime situazioni c’erano tanti magistrati, in Calabria, allo stesso fenomeno è stato permesso di operare senza grandi opposizioni. Basta vedere che il primo grande processo a Cosa Nostra si ebbe negli anni ottanta, mentre, in Calabria è iniziato solo da pochi giorni e riguarda soltanto una parte di ‘ndrangheta. Un altro fattore decisivo, che fa differenza con le altre mafie, è che in questa i pentiti sono pochissimi perché prevale il vincolo di sangue, per cui ancora oggi è difficile permeare a fondo l’associazione criminale.
Qual è la vera forza della ndrangheta oggi?La ‘ndrangheta si colloca sicuramente tra le più potenti al mondo. È la prima organizzazione criminale in Italia e in Europa. Muove il 90% della cocaina dell’Unione europea. Tratta direttamente con i narcotrafficanti sudamericani. Possiede un’organizzazione specifica di riciclaggio di denaro e penetra spesso lecitamente nei mercati finanziari ripulendo anche il denaro sporco di altre associazioni mafiose (camorra, Cosa Nostra, mafia foggiana). La ‘ndrangheta è una potenza economica di livello mondiale ed è proprio questo potere che la rende così influente e forte. Quest’organizzazione criminale è penetrata in ogni singolo affare economico e finanziario del pianeta. Finanzia addirittura i partiti politici e determina spesso anche scelte legislative di enti centrali e locali, pertanto, sarà molto difficile sradicarla nel breve periodo.
Se queste sono le premesse, cosa ci riserva il futuro?Con i nostri Governi - perlomeno quelli degli ultimi trent’anni - non scommetterei contro il futuro delle mafie. Riflettiamo solo su qualche indicatore. In Parlamento abbiamo molti mafiosi e anche un partito fondato da un mafioso condannato con sentenza passata in giudicato. Penso che la grande tragedia dell’Italia sia che, in larga misura, lo Stato non abbia mai voluto combattere seriamente le mafie. Gli stessi italiani sono spesso divisi tra loro (nord e sud Italia) e questa faziosità crea, di fatto, nel cuore del Paese un vuoto che sarebbe invece colmato dall’unità e dalla compattezza del popolo italiano nell’affrontare la lotta al crimine organizzato. Questa mancanza di unità è certamente uno dei fattori che consente alle mafie e alla ndrangheta, di cui stiamo parlando, di persistere e di prosperare. Voglio comunque essere ottimista e pensarla come Giovanni Falcone: “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”. Auguriamoci soltanto che questo epilogo non coincida con la fine dell’umanità!