Matteo Renzi, neo martire della politica italiana, neo obbiettivo della spietatissima magistratura che vorrebbe tarpare le ali sul nascere al suo personalissimo partito Italia Viva, ieri prima di addormentarsi, ha pubblicato via social il pensierino della buona notte.

Qualche disgraziato - mannaggia a lui - ha fatto credere a Matteo che oltre ad essere un provetto mistificatore fosse anche un fantastico scrittore, addirittura un poeta.

«È difficile condensare in un post - ha scritto Renzi - tanti pensieri prima di dormire. Vorrei dire grazie ai tantissimi che in queste ore hanno dato una mano, scritto una email, versato un piccolo contributo. La politica è bellissima e crudele: regala emozioni ma toglie spazi, libertà, privacy.In queste ore mi sono ritrovato di nuovo assediato dalle polemiche, dal gossip fragoroso degli scandalizzati di professione, dalle critiche feroci di moralisti senza morale. Talvolta si fa fatica, è giusto riconoscerlo. Avere a fianco un popolo di donne e uomini veri, tosti, grintosi mi ha aiutato tanto, lo ammetto. Ho pensato che avere a fianco persone come voi mi rende un uomo forte e fortunato. E mentre vado a letto vi dico grazie.Qualcuno vorrebbe soffocare nella culla Italia Viva: non ci riuscirà. Siamo nati per crescere, nati per restare, nati per cambiare: non tradiremo il nostro destino. Grazie per la Vostra amicizia, mi onora! E buona notte dal cuore, a tutti.»

Dopo aver bagnato l'ennesimo fazzoletto - le lacrime dal gran ridere d'altra parte sono incontenibili - è possibile passare alla notizia vera che riguarda Matteo Renzi e una parte del "popolo di donne e uomini veri, tosti, grintosi" che lui cocciutamente e fortemente ha voluto danneggiare... con il Jobs Act.

Ad aggiungere ulteriore discredito su quel provvedimento è arrivata, infatti, una decisione della Corte di Appello di Napoli che lo scorso 27 novembre ha chiesto sia alla Corte Costituzionale che alla Corte di giustizia europea di esprimere un proprio giudizio sulla disciplina che nel Jobs Act regola i licenziamenti collettivi.


Lo ha reso noto la Cgil in un comunicato pubblicato quest'oggi:

“La Corte di Appello di Napoli, in data 27 novembre, inserendosi nell’attuale ‘dialogo tra le Corti’, ha effettuato, per la prima volta in Italia, un doppio rinvio, investendo sia la Corte costituzionale che la Corte di giustizia europea del giudizio di legittimità riguardante la disciplina dei licenziamenti collettivi dettata dal jobs act. Due pronunce che confermano l’illegittimità del sistema delineato dal jobs act, così come da noi sempre denunciato.La Corte d’appello si è posta il problema della normativa sanzionatoria applicabile al licenziamento della lavoratrice. La Corte ha rilevato, infatti, che la lavoratrice era tutelata in forma minore rispetto ai ‘colleghi’ anch’essi licenziati che, in ragione della data di assunzione (antecedente al 7 marzo 2015) potevano rivendicare la reintegra nel posto di lavoro. La lavoratrice, viceversa, poteva aspirare esclusivamente a una modesta tutela indennitaria, compresa tra 4 e 24 mensilità, in ragione della ridotta anzianità aziendale.Nella prima ordinanza, destinata alla Corte costituzionale, il giudice ribadisce le critiche al sistema del jobs act rilevando la diversità del caso esaminato rispetto a quello già deciso dalla Corte Costituzionale con la sentenza 194/18 che riguardava un licenziamento individuale. Per queste ragioni, la Corte d’appello napoletana ha sollevato questione di legittimità costituzionale sotto tre profili: disparità di trattamento e inefficacia della tutela accordata dal jobs act; violazione di norme fondamentali dell’Unione europea; eccesso di delega.Nella seconda ordinanza, sollevata innanzi alla Corte di Giustizia, la Corte di Appello di Napoli sottopone nuovamente a critica il jobs act sulla base dei parametri della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione (CDFUE), già Carta di Nizza. Le disposizioni violate sarebbero l’art. 20 (parità di trattamento), l’art. 21 (non discriminazione), l’art. 30 (tutela avverso licenziamenti), l’art. 34 (tutela all’accesso a sistemi di previdenza) e l’art. 47 (diritto a un rimedio efficace). La Corte di Appello “dialoga” con la precedente ordinanza del Tribunale di Milano del 5 agosto 2019, integrandone il contenuto, nella quale tra l’altro la Cgil e la Filcams sono presenti direttamente al fine di sostenere le ragioni di una lavoratrice.Salutiamo con soddisfazione le due pronunce, che ribadiscono quanto da noi sempre sostenuto in relazione all’illegittimità del sistema delineato dal jobs act. Un sistema che, riducendo sensibilmente la tutela della reintegra delle lavoratrici e dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo e introducendo un regime indennitario inadeguato, ha inferto un colpo pesantissimo al sistema di tutele lavoristiche. Per queste ragioni seguiremo con attenzione le due ordinanze, fiduciosi nel positivo esito delle controversie”.

Quello contestato dalla Corte di appello di Napoli è solo uno dei tanti aspetti di una legge controversa, quasi certamente dannosa nel medio e lungo periodo, che ha solo provveduto ad istituzionalizzare la precarietà, diminuendo diritti e conseguenti tutele nel mondo del lavoro nel nostro Paese.

Il Renzi indignato, perché qualcuno si stupisce di 700mila euro "prestategli" dall'anziana madre di un imprenditore suo amico e finanziatore, da lui è stato nominato nel CdA di Cassa Depositi e Prestiti, non si è neppure fatto venire anche solo un qualche dubbio sul fatto che, da quando è in vigore il Jobs Act, il numero delle morti sul lavoro sia ripreso a crescere.

Pensa al suo partito, alla sua immagine, ai suoi finanziatori... quando inizierà a pensare ai lavoratori, quelli che ha reso precari a vita, sarà sempre troppo tardi.