«Rimango francamente basita dal fatto che praticamente nessun quotidiano abbia deciso di pubblicare sulle pagine nazionali una foto di Piazza del Popolo gremita, ieri a Roma, per Fratelli d'Italia. Chiunque altro avesse radunato così tanta gente in questo tempo difficile avrebbe visto riconosciuto lo spazio che meritava nelle notizie del giorno. Noi no. Dobbiamo fare veramente molta paura. Poco male. Grazie alle migliaia di persone che ieri hanno colorato una piazza enorme per sostenerci nelle nostre battaglie!»

Con questo lungo post su Facebook Giorgia Meloni ha commentato amaramente il poco spazio che i principali quotidiani italiani hanno riservato alla manifestazione organizzata da Fdi in onore del candidato sindaco del centrodestra  Enrico Michetti, sabato a Piazza del  Popolo.

Effettivamente per chi come noi ha avuto occasione di presenziare alla manifestazione, ha visto la partecipazione di una nutrita folla di simpatizzanti che malgrado la bellissima e caldissima giornata di sapore agostano, hanno rinunciato ad una gita fuori porta o all'ultima tintarella, per presenziare composti e seduti al comizio di Enrico Michetti e di Giorgia Meloni.

Ed è un dato di fatto che i tre principali quotidiani nazionali Corriere, Repubblica e La Stampa non abbiano dedicato alla manifestazione nemmeno un piccolo trafiletto e financo il Messaggero di Roma ha ritenuto opportuno nella sua edizione nazionale di parlare della manifestazione che riguarda comunque un importante candidato ( in testa secondo tutti i sondaggi al primo turno) a corsa al Campidoglio, “il silenziamento che la stampa mainstream di una manifestazione che ha visto la partecipazione composta e rispettosa delle regine di 10000 persone nel centro di Roma la dice lunga sul clima che si respira in questo paese”.

Rincara la dose Carlo Fidanza capo delegazione del partito a Bruxelles. Facile immaginare le polemiche che ne deriveranno dopo quelle scoppiate settimane fa per l'inspiegabile decisione di escludere il partito dal consiglio di amministrazione della RAI. Insomma avranno gioco facile i Meloniani a gridare alla censura per la loro scelta di essere convintamente e coerentemente alla opposizione del governo Draghi, che sembra invece godere della maggiore considerazione a livello  di informazione che si ricordi a memoria d’uomo per un governo della repubblica. E altrettanto facile sarà come già ha lasciato intendere la stessa Meloni, insinuare il dubbio che ci sia una sorta di disegno perverso, per mettere in qualche modo all'angolo o comunque rendere il suo ruolo marginale quello che ormai tutti i sondaggi danno come il primo partito del paese.

E forse questo scollamento fra la salita del partito nella considerazione fra gli elettori e invece una sempre minore considerazione verso di esso da parte degli organi di informazione, che potrebbe essere ennesimo sintomo della distanza che c’è fra il paese reale e la classe dirigente. E come se Fdi e il successo della sua combattiva leader cominciassero a fare paura non solo a sinistra.

Fino a quando, infatti, il partito della Meloni veleggiava al 4-5%, era vista con benevolenza un po' da tutti (basti pensare alla presenza del premier Conte all’ultima festa del partito nel 2019), ora invece la sua posizione è diventata più scomoda e la vecchia accusa di connivenze o recrudescenze con il ventennio a ripreso a diffondersi.

La Meloni con il caso Rai, ma prima con quell'allucinante teatrino della presidenza Copasir (a proposito complimenti al nuovo presidente Adolfo Urso per il suo attivismo di questo ultimo mese), ha voluto porre la questione non tanto in termini personali, ma in termini di rispetto del ruolo delle opposizioni. Ecco perché lo strappo sulla RAI, come il silenzio della stampa sulla manifestazione di Roma, sono sicuramente brutti segnali in un'ottica distensiva necessaria in un momento in cui il livello dello scontro politico è abbastanza  elevato per le questioni legate al green pass e alle sue limitazioni. Ed è proprio in questi momenti che è ancora più fondamentale garantire, o almeno dare la sensazione che ci sia quel pluralismo dell'informazione che da voce a tutte le libere e democratiche manifestazioni di pensiero, anche quelle di dissenso proprio come quella che incarnano, come è nel loro pieno diritto, in questo momento Giorgia Meloni e il suo partito.