Di Vincenzo Petrosino - Salerno -
Troppo ancora in embrione e fumosa la riorganizzazione del sistema sanitario sul territorio. Molti sono i dubbi e le perplessità e anche i vari compiti da affidare ai medici che tra l'altro mancano. Nel giro di 2- 3 anni al massimo ci sarà un cambio generazionale epocale dei medici di medicina generale.
La generazione anni 1950, laureatasi negli anni 80 andrà in pensione a 67 o max 70 anni e il ricambio già sembra complesso. Tra l'altro il passaggio a questa nuova forma di assistenza graverà in parte sui compiti dei medici ultra 65enni che sono già abbastanza stretti nelle morse dell'enorme e complessa burocrazia che esiste dietro la medicina generale.
Oggi l'accesso alla medicina generale avviene dopo un percorso di specializzazione e l'immissione in servizio secondo graduatorie. In Italia spesso e a torto si tende a sminuire questa figura che invece spesso è una scelta, un modo di fare il medico e interessa medici che sono anche specialisti in altre branche. Alla fine il medico di medicina generale, non a torto, potrebbe essere definita una delle professioni più complesse.
Immaginate ogni giorno quante patologie dalle più semplici alle più rare o rarissime hanno il primo approccio dal proprio medico di medicina generale. L'orizzonte diagnostico e clinico del medico di medicina generale è ampio. Anche la stessa mente deve abituarsi a passare dalla semplice ricetta o consiglio, alla malattia più difficile e complessa. Il medico di medicina generale avrebbe bisogno spesso di più tempo da dedicare all'ammalato, questo si doveva già fare riducendo i massimali e dando un congruo indennizzo. Gestire 1.000, 1.500 persone non è facile ed impossibile farlo da solo. Ovvio che il sistema tenda a collassare. Oggi dopo le varie informatizzazioni della medicina e i tanti troppi obblighi, note e cavilli si tenta una riforma, ma non credo onestamente che possa essere facile e veloce. Mancano a mio giudizio soldi, strutture, organizzazione e medici!
Inoltre, una mia idea personale avrebbe dovuto essere attuata: i medici giovani avrebbero dovuto affiancare i colleghi 60enni in prepensionamento, giustamente retribuiti e fare tesoro dell'esperienza dei vecchi apportando idee e tecnologie nuove.
Chi viene dalla vecchia scuola e ha studiato la semeiotica clinica quando mancavano ecografie, tac, risonanze e Pet, sviluppando quello che si definisce "il mestiere". Questo in Italia un po' lo stiamo perdendo e tralasciando in tante situazioni... a partire dalla medicina.
Il mestiere da sempre si impara dal vecchio, dal più esperto ed è qualcosa che non si trova sui libri e né tantomeno negli ECM, tanto cari a molti.
Un miliardo di euro fino al 2026 per assumere il personale per le nuove strutture dell’assistenza territoriale. È quanto prevede il decreto attuativo, anticipato dalla trasmissione di Rai 3 Presa Diretta, nella misura già approvata nella scorsa Legge di Bilancio emanato dal Ministero della Salute e ora all’attenzione delle Regioni.
Nel provvedimento le risorse (che sono a valere sul Fondo sanitario nazionale e quindi non sono aggiuntive) vengono ripartite e assegnate ad ogni regione che così in deroga al tetto di spesa potrà assumere (se lo vorrà, ndr) il personale per Case della Comunità, Ospedali di Comunità, Unità di continuità assistenziale e Centrali operative territoriali.
La misura prevede 90,9 mln per il 2022, 150,1 mln per il 2023, 328,3 mln per il 2024, 591,5 mln per il 2025 fino a 1,015 per il 2026 e ha proprio lo scopo “di sostenere il nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale”. Il punto ora è capire se queste risorse basteranno, anche se le Regioni hanno già fatto intendere che non sono sufficienti.
Qui è possibile scaricare il decreto riparto fondi per singola Regione Italiana.
https://drive.google.com/file/d/1S2vYrlzY-lOs2wRqMkiE0T6G2aSHS8ec/view?usp=sharing