Domenica, Avvenire ha pubblicato un articolo in cui lancia l'allarme sull'affollamento delle carceri italiane. Al 30 novembre, riporta il quotidiano della Cei, "i reclusi nei 190 istituti penitenziari italiani erano 61.174, quasi 11mila in più rispetto alla capienza prevista dalla legge (sono 50.476, infatti, i posti disponibili)".
Le conseguenze di questa nuova emergenza sono violenze, sommosse, aggressioni e suicidi. Questi ultimi non riguardano solo i detenuti, ma anche le guardie carcerarie, tanto che solo quest'anno sono addirittura 30 quelle che si sono tolte la vita, spesso a causa dello stress causato da turni massacranti.
Avvenire riporta alcune considerazioni del garante dei detenuti Mauro Palma che fa notare quanto una parte del problema sia legato al fattore povertà.
«Tra le persone trattenute in carcere, per esempio, ce ne sono anche 1.700 che devono scontare una pena inferiore a un anno, e circa 2mila condannate definitivamente a una reclusione che va da uno a due anni – spiega Palma. – Si tratta per la maggior parte di gente senza dimora, di poveri che non hanno una casa e un lavoro e non possono permettersi una difesa adeguata, sono soggetti, cioè, che non hanno legami con la società: non si può relegare la povertà esistenziale alla struttura restrittiva, bisogna creare una rete di fiducia fuori dal carcere, perché il sistema sociale oggi non è capace di sanare queste ferite. Servono quindi più servizi sul territorio, oltre ad una riforma penale che preveda sanzioni alternative alla detenzione: i reati di minore entità non vanno puniti col carcere».
Nel 2015, secondo i dati del Centro Europeo per il Monitoraggio sulle Droghe e le Dipendenze (EMCDDA), quando un utente arrivava in carcere con un'incriminazione o una sentenza relativa all'uso ed allo spaccio di droghe, era soprattutto la cannabis la sostanza incriminata, per il 73,7% delle persone.
Pertanto, visto che nel 2019 la cannabis è ancora considerata un reato è abbastanza logico ritenere che una sua depenalizzazione avrebbe ricadute significative sul numero di persone presenti nelle carceri italiane e sul loro sovraffollamento, oltre alle ricadute sul mercato dello spaccio, ecc.
Mercato dello spaccio, tra l'altro, che spesso è legato all'emarginazione e ai numerosi immigrati privi di documenti che non sono in grado di svolgere un'attività regolare e che, come dimostrato dal cosiddetto governo gialloverde, è impossibile rimpatriare se non in tempi biblici.
È pertanto evidente che per risolvere il problema delle carceri - come numerosi altri problemi che affliggono il nostro Paese - sarebbe sufficiente utilizzare un minimo di logica, un po' di coraggio e un pizzico di visione in modo da poter immaginare il futuro a cui si vuole tendere.
La classe politica che, evidentemente, rappresenta l'Italia è quello che è. Pertanto, se gli italiani ritengono di essere degnamente rappresentati dalla qualità di persone come quelle che ad oggi affollano le aule parlamentari, non possono certo poi stupirsi se ogni giorno viene indicato loro un nuovo problema. Quello delle carceri è solo l'ultimo di giornata.
E questo nonostante un governo del cambiamento abbia governato per 14 mesi, nulla in Italia è cambiato rispetto al passato, salvo qualche divieto in più che si è aggiunto ai precedenti.