Francesco Carbone, le cinquantun procure presidiate e il silenzio del regime
Articolo di Gabriele Catozzi
Quando nel governo di uno stato si evidenziano lacune, il cittadino ha il dovere di denunciarle!
Quando un governo inganna e coercisce i cittadini, ovvero lo Stato, commette reato di alto tradimento.
Quando migliaia di persone si organizzano e denunciano, con un presidio pacifico innanzi a cinquantuno procure di altrettante province le anomalie di un sistema, gli apparati informativi di un pluralista e democratico paese ne danno notizia. Nessuna notizia in nessun media ha riportato la mobilitazione perpetuata dal 23 al 26 maggio davanti alle procure italiane, promossa e coordinata dall’Associazione di promozione sociale “Governo del popolo”.
Ma ormai chi ricorda più quel vanto delle “ democrazie” e che ancora si propone come insegnamento nelle scuole, che dichiarava principi di rispetto del pensiero differente come fondanti, appunto, delle democrazie; chi pensa ancora che la “Legge delle Leggi”, chiamata anche Costituzione della Repubblica italiana sia un dogma inviolabile, quando ci hanno dimostrato che basta un decreto ed un Parlamento asservito e tutto è possibile. Ma si sbagliano.
Da anni Francesco Carbone, presidente della sopra citata Associazione Governo del popolo APS, denuncia uno dei più pesanti e pericolosi problemi che affliggono l’Italia, ovvero l’abuso dell’archiviazione delle denunce effettuate dai cittadini italiani (ogni anno sono circa 300.000 le denunce cestinate con modello 45). E non si tratta solo di reati minori, senza prove circostanziate ecc… Si archiviano anche denunce di reati gravissimi, lesivi della persona, violazioni di articoli della Costituzione e dei diritti sanciti dalle leggi sovranazionali.
Del presidio di denuncia, avviato il giorno 23 maggio non a caso ricorrenza di quel connubio di complicità che ha portato alla morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, nella strage di Capaci, seguita cinquantasette giorni dopo da quella di via D’Amelio a Palermo, in cui morirono Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, è nata una consapevolezza di un popolo che non vuole soprassedere e che sarà sempre più numeroso.
La censura mediatica non potrà mai arginare la richiesta di legalità e giustizia.