Per non sbagliare, ecco la definizione che Treccani da di "progressista": 

"[Colui] che sostiene la necessità di accelerare il progresso, cioè l'evoluzione della società, nell'ambito politico, sociale ed economico, e agisce di conseguenza con riforme e innovazioni". 

Il perché di tale precisazione, è l'intervista rilasciata a La Stampa da Giuseppe Conte, in cui il presidente del M5s dichiara:  "Siamo noi i veri progressisti, [quelli che stanno] con chi non ha voce nel paese".

Ecco quanto pubblicato dal giornale della Gedi.

Presidente Conte, ha ucciso lei il governo Draghi?
«Davvero pensa siamo stati noi?»

Direi che è una delle ipotesi più accreditate. Per citare Letta: Conte è Gavrilo Princip che spara al duca Francesco Ferdinando scatenando la Prima guerra mondiale.
«Veramente il primo colpo di questa crisi l'ha sparato chi ha inserito nel decreto sugli aiuti una norma sull'inceneritore di Roma sapendo perfettamente di mettere due dita negli occhi al MoVimento e di attaccare le nostre battaglie decennali per l'ambiente, la transizione energetica e l'economia circolare».

Perché nessuno si vuole prendere la responsabilità di avere affondato Draghi?
«Perché c'è una diffusa forma di ipocrisia. E quindi si prova a scaricare la colpa sul MoVimento che ha solo chiesto di risolvere alcune criticità. Ma il punto vero è un altro. Un governo di unità nazionale che non riesce a costruire un terreno di dialettica politica ma si affida a un decisionismo autoreferenziale, alimentato solo da una ristretta cerchia di collaboratori, finisce inevitabilmente per andare in cortocircuito e saltare».

Non mi è chiaro: meglio che Draghi se ne sia andato? Mi bastano un sì o un no.
«Sono convinto che l'agenda sociale autunnale richieda forte visione politica e grande determinazione».

Lo prendo per un sì.
«Le rispondo che non abbiamo visto risposte adeguate alle nostre richieste».

Letta, semplificando molto, le ha dato del traditore.
«Ma io l'unico impegno l'ho preso con i cittadini. I nostri obiettivi sono chiari: portare avanti le battaglie sulla giustizia sociale e sulla tutela ambientale. Come avevamo spiegato sin dal primo momento erano queste le ragioni del nostro appoggio al governo Draghi: difendere le nostre riforme su ambiente e giustizia sociale».

Traditore è brutto. Non le fa male?
«È un'infamia, ma non mi fa male. Credo piuttosto che sia la spia di un certo modo di fare politica che non è il mio. Come MoVimento siamo sempre stati lineari e coerenti. Interrogo spesso la mia coscienza e so che posso guardare i cittadini italiani diritto negli occhi».

Il campo largo non esiste più.
«L'ho sempre detto. Non si può pensare di definire con arroganza un perimetro di gioco e stabilire arbitrariamente chi vi è ammesso. Ho sempre invitato a considerare la necessità di misurarsi con l'agenda sociale e ambientale che serve all'Italia. E da lì non mi muovo».

Non ha risposto.
«Ora ci arrivo. Col Conte 2 abbiamo salvato un milione di persone dalla povertà, ottenuto 209 miliardi dall'Europa e fatto crescere il Pil del 6,6%. Tutto questo grazie alla nostra agenda che ci definisce i veri progressisti».

Era prima della non fiducia.
«Ed è così anche ora. È il Pd che ha cambiato linea accontentandosi di un bonus una tantum da 200 euro e dicendo sì agli inceneritori e alle trivelle».

Una ferita che non si cura?
«Tocca al Pd decidere che cosa fare. Ovvio che se i dem cercano una svolta moderata che possa accogliere anche l'agenda di Calenda noi non ci possiamo stare».

Immagino che Calenda pensi lo stesso.
«Immagino anch'io. Certamente è impossibile costruire qualcosa di utile per i cittadini con chi - dando sfogo a pulsioni antidemocratiche - ha dichiarato più volte che il suo scopo è distruggere il MoVimento».

Al di là delle aspettative di Calenda, sono i sondaggi a dire che per il MoVimento le cose non vanno bene.
«Ci risentiamo il 26 settembre, dopo che gli italiani si saranno espressi».

In attesa di un improbabile chiarimento col Pd, va avanti con Speranza e Articolo 1?
«Con loro c'è genuina consonanza di cose da fare».

Landini può essere un vostro compagno di viaggio?
«Nel rispetto dei ruoli reciproci. Landini, come Bombardieri, si sta dimostrando molto sensibile al dramma che si sta abbattendo sull'Italia e sicuramente sono interlocutori che possono contribuire alla nostra agenda progressista».

Salvini, Calenda, Renzi, Draghi, ora Letta. Non è facile andare d'accordo con lei.
«Questa domanda può essere fatta a chiunque nel quadro attuale dove sembrano tutti contro tutti. Ma nella mia vita politica io non ho mai attaccato e non mi sono mai scontrato con nessuno per motivi personali. Ho sempre posto questioni politiche».

Anche con Draghi?
«Certo. Ho sempre rispettato il suo ruolo e confidato sul fatto che il suo prestigio potesse essere utile al Paese in questo momento drammatico».

Quel “prestigio” se n'è andato.
«Stavo aggiungendo che il prestigio non basta. Che servono risposte concrete. L'ho chiarito sin da marzo esprimendo la mia contrarietà alla distrazione di risorse per famiglie e imprese, investendo nel riarmo, peraltro senza un coinvolgimento parlamentare che avrebbe dato più forza al governo».

Però avete votato a favore?
«Sulla risoluzione abbiamo cercato di ottenere il massimo per non mortificare il parlamento e ci siamo fermati proprio perché non eravamo interessati a mettere in difficoltà il governo. Abbiamo cercato ogni mediazione possibile. Anche di fronte alle pressioni di Palazzo Chigi e Farnesina che non volevano passare in Parlamento per le questioni più significative di politica estera. Scelta che invece avrebbe rafforzato il suo ruolo. Mi sono trovato di fronte a irrigidimenti incomprensibili».

Dopo le dimissioni di Draghi il decreto Aiuti è passato da dieci a tre miliardi.
«Con noi sarebbe salito a trenta. Ora la cosa importante è avere un governo che appena si insedia a ottobre abbia la forza e la capacità di affrontare una manovra finanziaria politicamente coraggiosa».

Scostamento di bilancio e debito?
«Valuteremo ogni opzione. Già a Draghi abbiamo proposto scostamento di bilancio o extragettito da estendere al compartimento assicurativo e farmaceutico. Chi colleziona profitti extra deve ridare qualcosa indietro a tanti cittadini che non ce la fanno».

È diventato sinceramente di sinistra?
«Sono un cattolico democratico di formazione e progressista convinto».

Davvero il reddito di cittadinanza le piace così com'è?
«Qualsiasi forma va calibrata nel corso del tempo, però bisogna intendersi: un conto è renderla più efficace, un altro cercare di smantellarla come vogliono fare Italia Viva e Fratelli d'Italia che continuano a comportarsi come se la povertà non esistesse».

Il ministro Di Maio ha detto a la Stampa: con Conte il MoVimento ha perso 11 milioni di voti e regalato il potere alla destra.
«Ma davvero vuole che risponda a battute di questo livello?»

Mi piacerebbe.
«Di Maio forse dimentica che è stato lui a dimezzare in pochi mesi il consenso ottenuto nel 2018. Da lui mi sarei aspettato un maggiore senso di responsabilità, visto il delicatissimo ruolo istituzionale che ricopre. Invece non ha mai perso occasione per fomentare e contribuire a destabilizzare la maggioranza».

Alla caduta di Draghi, a Mosca hanno brindato.
«Hanno poco da festeggiare. Le elezioni sono la forza delle democrazie. Nei sistemi autocratici come il loro le crepe sono meno visibili, ma quando appaiono fanno crollare quei sistemi di botto».

Lei Putin non l'aveva capito?
«Non è questione di capire. Putin ha una sua agenda e degli interessi strategici chiari da tempo. Ora ha commesso un gravissimo errore storico che mette a rischio il suo stesso sistema».

Presidente, nessuna deroga al doppio mandato, lo dice Grillo. Come fa con Fico o Taverna?
«Quella del doppio mandato è stata una intuizione straordinaria. La politica non deve pensare all'autoconservazione altrimenti si rischia di trovare un ministro degli Esteri che invece di pensare alla guerra si dedica anima e corpo a garantirsi una carriera politica».

Così ha parlato di Di Maio ma non di Fico.
«Le persone che sono rimaste nel MoVimento mi hanno assicurato anche in queste ore che sono pronte a lavorare con noi comunque vada».

Meloni presidente del Consiglio resta oggi l'ipotesi più realistica.
«Noi chiederemo agli italiani di non permetterlo. Non per un pregiudizio ideologico, ma perché troviamo insensibile chi guadagna 500 euro al giorno e vuole togliere 500 euro al mese a chi non ha niente. Chi cancellerà misure anti-evasione e anti-corruzione. Chi concentrerà gli investimenti sulle spese militari. Chi, durante la pandemia, ha contrastato ogni provvedimento a protezione della salute dei cittadini».

In questa campagna elettorale surreale Berlusconi ha promesso mille euro per ogni pensione minima, mamme comprese, e un milione di alberi. Lei cosa promette?
«Ha promesso meno alberi di quelli che già garantiremo grazie al Pnrr, con i fondi ottenuti in Europa dal M5S. È cominciato il gioco a chi la spara più grossa. Io non partecipo. Voglio stare vicino a chi ha perso la speranza, impegnarmi per un'Italia migliore, guardare negli occhi chi ha bisogno. Ascoltare e cercare soluzioni condivise».

Alessandro Di Battista lo riprende a bordo?
«È un po' che non lo sento. Avremo occasione di confrontarci».


Un giudizio sulle parole di Conte? Quello che può esprimere una nota battuta di Totò: "Signori si nasce, e io lo nacqui". 

Da apprezzare anche la presa di distanza, garbata, su Di Battista, espressione della destra rautiana, quello che potremmo definire un fascista di sinistra. 

Unico appunto. Visto che il Movimento 5 stelle ha finalmente ripreso la sua anima originale, inconsapevolmente rappresentata da Grillo all'inizio, perché non definire i 5 Stelle un partito di sinistra, una volta per tutte, evitando così di confondersi con chi usurpa il termine progressista come i vari Renzi, Calenda e Letta?