Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 29 dicembre 2021-4 gennaio 2022, rispetto alla precedente, un'impennata di nuovi casi (810.535 vs 320.269) e un ulteriore aumento dei decessi (1.102 vs 1.012). In sette giorni raddoppiano i casi attualmente positivi (1.265.297 vs 598.868) e le persone in isolamento domiciliare (1.250.993 vs 587.634), e continuano a salire i ricoveri con sintomi (12.912 vs 10.089) e le terapie intensive (1.392 vs 1.145).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.102 (+8,9%)
- Terapia intensiva: +247 (+21,6%)
- Ricoverati con sintomi: +2.823 (+28%)
- Isolamento domiciliare: +663.359 (+112,9%)
- Nuovi casi: 810.535 (+153,1%)
- Casi attualmente positivi: +666.429 (+111,3%)
Nuovi casi. «Nell'ultima settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si è registrata un'esplosione di nuovi casi che volano oltre quota 810 mila, con un incremento del 153% rispetto alla settimana precedente».
La media mobile a 7 giorni è schizzata da 45.753 del 29 dicembre a 115.791 il 4 gennaio (+153,1%) e il rapporto positivi/persone testate ha raggiunto il66,2%, dimostrando che senza il calo dei tamponi nei giorni festivi i nuovi casi sarebbero stati ancora di più.
Nella settimana 29 dicembre 2021-4 gennaio 2022 in tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi: dal 66,8% della Liguria al 423,9% dell'Abruzzo. In 63 Province l'incidenza supera i 1.000 casi per 100.000 abitanti: Firenze (3.058), Lodi (2.747), Monza e della Brianza (2.677), Siena (2.631), Milano (2.538), Prato (2.503), Pisa (2.385), Rimini (2.315), Arezzo (2.275), Pavia (2.235), Pistoia (2.156), Lucca (2.136), Terni (2.079), Varese (2.049), Perugia (2.047), Como (2.005), Lecco (1.949), Cremona (1.879), Massa Carrara (1.780), Forlì-Cesena (1.769), Biella (1.740), Brescia (1.738), Bergamo (1.728), Vibo Valentia (1.723), Pescara (1.721), Ravenna (1.721), Chieti (1.715), Sondrio (1.651), Cuneo (1.642), Alessandria (1.626), Verbano-Cusio-Ossola (1.616), Teramo (1.585), Livorno (1.564), Trento (1.524), Treviso (1.524), Novara (1.512), Asti (1.498), Mantova (1.456), Verona (1.421), Napoli (1.420), Torino (1.395), Rovigo (1.384), Trieste (1.384), Vicenza (1.366), Venezia (1.344), Pordenone (1.308), Ferrara (1.294), Padova (1.283), Caserta (1.264), Vercelli (1.228), Rieti (1.216), Avellino (1.206), Bologna (1.203), Enna (1.192), Grosseto (1.180), Parma (1.142), Aosta (1.089), La Spezia (1.088), L'Aquila (1.080), Latina (1.028), Reggio nell'Emilia (1.020), Udine (1.010) e Piacenza (1.009).
Testing. Nelle ultime due settimane il numero dei tamponi totali è passato da 5.175.977 della settimana 22-28 dicembre a 6.487.127 della settimana 29 dicembre-4 gennaio (+25,3%), per l'incremento sia dei tamponi rapidi (+872.195; +23,9%) che di quelli molecolari (+438.955; +28,8%). L'aumentata attività di testing, tuttavia, influenza solo in misura marginale la crescita dei nuovi casi, vista l'impennata del tasso di positività dei tamponi: dal 28 dicembre al 4 gennaio la media mobile a 7 giorni è salita dal 2,8% all'8,2% per gli antigenici rapidi e dal 15% al 24% per i tamponi molecolari. «Tassi di positività – commenta il Presidente – che documentano l'enorme aumento della circolazione virale sia per il dilagare della contagiosissima variante omicron che per l'incremento dei contatti sociali nel periodo delle festività, il cui impatto su ricoveri e decessi sarà interamente visibile nelle prossime settimane».
Continua a scendere la percentuale dei pazienti ricoverati in area medica e in terapia intensiva sul totale degli attualmente positivi: in particolare la media mobile a 7 giorni per l'area medica si è ridotta dal 2,42% del 14 dicembre all'1,22% del 4 gennaio e per le terapie intensive dallo 0,30% del 14 dicembre allo 0,14% del 4 gennaio. «Vari i fattori – spiega Cartabellotta – alla base di questa riduzione: dall'identificazione di un maggior numero di casi asintomatici-oligosintomatici all'incremento di coperture vaccinali e richiami; dall'aumento del numero delle persone guarite all'elevato numero di casi tra gli under 30, meno soggetti a forme severe di malattia; dal minor tasso di ospedalizzazione da variante omicron all'impatto sugli ospedali, non ancora visibile, dell'enorme numero di contagi dell'ultima settimana».
Ospedalizzazioni. «Aumentano – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – i posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +28% in area medica e +21,6% in terapia intensiva».
A livello nazionale, al4 gennaio, il tasso di occupazione da parte di pazienti COVID è del20,3% in area medica e del 15,1% in area critica. Ad eccezione di Molise, Sardegna e Puglia, tutte le Regioni superano la soglia del 15% in area medica, con la Valle d'Aosta che raggiunge il 47,5%; ad eccezione di Basilicata, Campania, Molise, Puglia e Sardegna tutte superano la soglia del 10% in area critica, con la Provincia di Trento che si attesta al 24,4%.
«Aumentano gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – la cui media mobile a 7 giorni sale a 125ingressi/die rispetto ai100 della settimana precedente».«Anche se l'impatto sui ricoveri in area medica e in terapia intensiva viene “ammortizzato” dalle coperture vaccinali – spiega Cartabellotta – di fatto l'enorme numero di casi, in crescita vertiginosa, sta portando ad una silenziosa e pericolosa congestione degli ospedali che, oltre a ridurre le capacità assistenziali verso pazienti non COVID-19 ea mettere a dura prova la resilienza di professionisti e operatori sanitari, rischia di mandare in tempi brevi diverse Regioni in zona arancione e nel medio periodo qualcuna in zona rossa».
Decessi. Crescono i decessi: 1.102 negli ultimi 7 giorni (di cui 53 riferiti a periodi precedenti), con una media di 157 al giorno rispetto ai 146 della settimana precedente.
Vaccini: forniture. Al 5 gennaio (aggiornamento ore 07.06) risultano consegnate 114.221.491 dosi di cui 1.548.000 dosi di vaccino Pfizer pediatrico. Secondo quanto dichiarato dal Commissario Straordinario il fabbisogno di vaccini per gennaio sarà soddisfatto dalle dosi di Pfizer e Moderna nella disponibilità della Struttura Commissariale, per un totale di 26 milioni di somministrazioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 5 gennaio (aggiornamento ore 07.06)l'81,9% della popolazione (n. 48.538.168) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+308.986 rispetto alla settimana precedente) e il 78,4% (n. 46.484.927) ha completato il ciclo vaccinale (+179.030). In aumento nell'ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 3.131.852), con una media mobile a 7 giorni di 447.993 somministrazioni/die: crescono del 17,6% le terze dosi (n. 2.673.582) e del 44,2% i nuovi vaccinati (n. 290.613). Di questi il 57,6% appartiene alla fascia 5-11 anni che al 4 gennaio ha raggiunto quota 401.532 somministrazioni, attestando il mancato decollo delle vaccinazioni in età pediatrica.
Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 27 dicembre-2 gennaio il numero dei nuovi vaccinati è risalito a 290.613(+44,2%) rispetto ai 201.590 della settimana precedente : incrementano sia i nuovi vaccinati nella fascia 5-11 (n. 167.379; +78,5%) che quelli over 12 (n. 123.234; + 14,3%). Dei 9,13milioni di persone che al 4 gennaio non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, 3,25 milioni appartengono alla fascia 5-11 anni e 2,3 milioni over50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione.
Vaccini: coperture. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d'età (dal 97,9% degli over 80 al 10,9% della fascia 5-11), così come sul fronte dei richiami, che negli over 80 hanno raggiunto il 75,1%, nella fascia 70-79 il 64,2% e in quella 60-69 anni il 54,8%.
Vaccini: efficacia. I dati dell'Istituto Superiore di Sanità dimostrano la riduzione dell'efficacia vaccinale a partire da 3 mesi dal completamento del ciclo primario e la sua risalita dopo la somministrazione del richiamo. In particolare:
- l'efficacia sulla diagnosi scende progressivamente dall'82,7% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni al 57,5% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire all'86,6% dopo il richiamo;
- l'efficacia sulla malattia severa scende progressivamente dal 95,7% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni all'88,1% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 97% dopo il richiamo.
Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d'età si riduce l'incidenza di diagnosi (del 57,4-83,2%), ma soprattutto di malattia grave (dell'84,6-94,1% per ricoveri ordinari; del91,9-97,2% per le terapie intensive) e decesso (dell'80,9-94%).
Vaccini: terza dose. Al 5 gennaio (aggiornamento ore 07.06) sono state somministrate20.977.634 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 380.166somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale(n.31.001.107), aggiornata al 22 dicembre, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è del 67,7% con nette differenze regionali: dal54,6% della Sicilia al 76,9% della Valle D'Aosta.
Scenari futuri. Al fine di informare la popolazione e orientare le scelte di Governo e Regioni, la Fondazione GIMBE ha sintetizzato alcune ragionevoli certezze che emergono dall'attuale situazione epidemiologica e dalle evidenze scientifiche.
La progressiva espansione di una variante estremamente contagiosa, nonostante determini una malattia meno grave, nelle ultime settimane sta rapidamente sovraccaricando gli ospedali per tre ragioni. Innanzitutto per l'enorme numero di casi e la loro velocità di crescita; in secondo luogo perché la popolazione suscettibile è ancora troppo numerosa (non vaccinati, persone in attesa della terza dose); infine, perché la variante omicron presenta fenomeni di escape immunitario, ovvero può infettare sia i guariti sia i vaccinati che hanno già ricevuto il richiamo.
La narrativa sulla “raffreddorizzazione” della variante omicron, peraltro da confermare con ulteriori studi sul campo, abbassa il livello di guardia della popolazione e sottovaluta che i servizi sanitari territoriali sono già in tilt e la saturazione degli ospedali è dietro l'angolo.
In questa fase di circolazione simultanea di variante delta e omicron, con prevalenze molto diverse tra le varie Regioni, è impossibile prevedere i tempi per raggiungere il picco nazionale dei contagi.
Le misure anti-COVID attuate sinora dal Governo non hanno determinato alcun rallentamento nella crescita dei casi, sia per l'estrema contagiosità della variante omicron, sia per gli aumentati contatti sociali durante il periodo delle festività. Contatti che nelle prossime settimane certo non si ridurranno, vista l'imminente riapertura delle scuole, la ripresa delle attività lavorative e la stagione dei saldi.
Nonostante la revisione delle regole della quarantena, a fronte di un rischio accettabile di diffusione del virus, l'enorme numero dei contagi e la loro velocità di crescita rischiano di paralizzare il Paese, che si sta avviando verso un lockdown di fatto.
Con gli attuali tempi di raddoppiamento dei contagi, le decisioni politiche non possono più guardare l'andamento dei numeri, peraltro già ampiamente prevedibili, ma devono essere estremamente tempestive, molto più di quanto accaduto in passato.
«Purtroppo le nuove misure definite ieri dal Consiglio dei Ministri – conclude Cartabellotta – sono il frutto di compromessi politici, piuttosto che di una coraggiosa strategia di contrasto alla pandemia. Rappresentano un'ulteriore stratificazione di “pannicelli caldi” insufficienti e tardivi, privilegiando l'esasperazione della burocrazia per mettere tutti d'accordo e scommettendo per l'ennesima volta sulla resilienza di ospedali e professionisti sanitari, già allo stremo. Innanzitutto, l'obbligo vaccinale limitato agli over 50 (che al momento non prevede sanzioni) avrà un impatto non prevedibile visto che non è noto il numero degli esentati, ed il super green pass per i lavoratori over 50 sarà del tutto inefficace nel breve termine, perché entrerà in vigore il 15 febbraio. In secondo luogo, le misure per la sicurezza nelle scuole sono insufficienti per evitare il ricorso alla DAD e introducono regole complesse e difficili da applicare con i servizi di sanità pubblica già in sovraccarico. Ancora lo smart working viene liquidato con la semplice raccomandazione di “usare al meglio la flessibilità già consentita dalle regole vigenti”. Infine, si continua a inseguire il virus senza rendere noto alla popolazione qual è il piano B: ovvero quali sono le mosse successive per arginare l'ondata di contagi che rischia di portare al default dei servizi sanitari ospedalieri, nonché al lockdown di fatto del Paese».