Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia avanza più velocemente della nostra capacità di comprenderla e regolamentarla. L’intelligenza artificiale, la realtà immersiva e la bioinformatica stanno ridisegnando il nostro modo di lavorare, studiare e persino pensare. Eppure, nonostante il progresso porti con sé opportunità straordinarie, c’è chi si oppone con tutte le forze, spesso senza una reale comprensione dei processi in atto. Ci sono i disfattisti, quelli che vedono in ogni innovazione un pericolo e un motivo di lamentela. Poi ci sono i nostalgici del passato, che credono che tutto fosse meglio prima, senza rendersi conto che senza evoluzione ci saremmo fermati al medioevo. Infine, c’è chi proviene da altri paesi e, paradossalmente, cerca di ostacolare il progresso nel paese che lo ospita, rivendicando un attaccamento a tradizioni che nel loro stesso paese sono state travolte dalla modernità.
Ma oltre ai soliti noti, ora emergono nuovi livelli di ostilità: quando il progresso tecnologico diventa un obiettivo concreto, ecco che arrivano pressioni, tentativi di intimidazione e persino minacce, velate o esplicite, da parte di chi vuole che tutto resti immobile. Recentemente, infatti, in occasione della conferenza di Massimiliano Nicolini a Pontremoli, non sono mancate contestazioni, alcune provenienti da cittadini stranieri che si oppongono all’idea che una piccola città possa svilupparsi e adottare le nuove tecnologie. Ma la domanda è: per quale motivo si dovrebbe impedire a un territorio di evolversi? E, soprattutto, quali interessi si nascondono dietro questa opposizione?
Ieri, al Palazzetto dello Sport di Pontremoli, è andata in scena una di quelle lezioni che, se ascoltate con attenzione, potrebbero evitare parecchi guai nei prossimi decenni. Protagonista: Massimiliano Nicolini, esperto in sistemi complessi di intelligenza artificiale, salito in cattedra per illuminare (e forse allarmare) un pubblico di studenti delle scuole medie e superiori. Il tema? "Cambiamo il mondo un bit alla volta". Organizzatore? Il Lions Club Distretto 108 Toscana, insieme all’amministrazione comunale, che almeno su questo ha dimostrato un barlume di lungimiranza.
Ma veniamo al dunque. Nicolini, il cui nome forse non dirà molto ai più, è uno di quei personaggi che lavorano dietro le quinte mentre altri si riempiono la bocca di parole vuote su innovazione e progresso. La sua azienda, Olitec, ha avuto un ruolo in quella che è stata l’epopea dell’Olivetti, il laboratorio di genio tecnologico che ha partorito, tra le altre cose, il primo computer, l’algoritmo delle videochiamate, il linguaggio di programmazione su cui si basa il metaverso, il primo telefono cellulare, il primo microprocessore (sì, con Federico Faggin) e persino i touch screen. Insomma, la tecnologia che oggi diamo per scontata e che in mano a persone sbagliate rischia di trasformarsi in un incubo.
Davanti a una platea gremita di studenti provenienti dagli Istituti Da Vinci, Pacinotti Belmesseri, Liceo Vescovile e Ferrari, Nicolini ha cercato di spiegare quello che ai più sfugge: l’intelligenza artificiale non è solo un giochino per nerd, ma uno strumento potentissimo che può essere usato per il bene o per il male. Per questo, ha insistito, bisogna educare i ragazzi non solo a utilizzarla, ma anche a riconoscere quando è un’arma nelle mani di pochi contro i molti.
Tra i presenti, anche il sindaco di Pontremoli Jacopo Ferri, l’assessore all’Istruzione Annalisa Clerici, il vice governatore del Lions Club Distretto 108 Gilberto Tuccinardi, il past governatore Gianluca Rocchi e il presidente del Lions Club Lunigiana Stefano Lorenzelli. Nicolini è stato introdotto da Daniele Rossi, e da lì in poi il discorso ha preso una piega che difficilmente si dimenticherà.
"Molti relatori parlano difficile perché hanno poco da dire", ha affermato Nicolini senza troppi giri di parole. "Ma oggi esiste un metodo per insegnare le nuove tecnologie senza annoiare a morte gli studenti: il disciplinare BRIA, che integra bioinformatica, realtà immersiva e intelligenza artificiale. Il Ministero dell'Istruzione sta iniziando a sperimentarlo, ed è ora di svegliarsi: dobbiamo insegnare ai bambini delle elementari a usare queste tecnologie come strumenti e non come materie astratte. Se li abituiamo fin da piccoli a esplorare la storia con un Giulio Cesare virtuale e non con il solito libro ammuffito, forse cresceranno con una testa pensante".
Parole forti, che dovrebbero far riflettere anche chi governa, ma che purtroppo spesso finiscono nel dimenticatoio, perché la scuola – quella vera – non è mai stata la priorità di chi ha il potere di cambiarla.
Per rendere il tutto più digeribile, Nicolini ha lasciato i ragazzi giocare con i visori di realtà immersiva, facendoli diventare avatar ed esploratori di mondi virtuali. "Così capiscono cosa c’è dietro la tecnologia e non la usano come degli zombie", ha spiegato. Il problema è che troppi adulti non capiscono nulla di questi strumenti e lasciano che sia il mercato a decidere il loro futuro.
A Pontremoli si è tenuta una lezione che andrebbe replicata in ogni scuola d’Italia. Ma basterà una conferenza a svegliare chi dorme? La risposta, come sempre, è nelle mani di chi ha ancora voglia di pensare con la propria testa.
La bella giornata è però stata infastidita dal tentativo di un cittadino extracomunitario che vive in un comune limitrofo, di origine boliviana, che da anni viene aiutato dai comuni della Lunigiana con un suo piccolo progetto di integrazione di un blog online. L'uomo, noto per le sue posizioni contrarie a ogni trasformazione del territorio, ha contestato con veemenza l'idea che Pontremoli possa svilupparsi attraverso l'innovazione tecnologica, sostenendo che l'identità locale vada preservata senza contaminazioni digitali. Opinioni legittime o resistenza sterile al cambiamento? Le autorità locali sono state allertate e hanno avviato le verifiche sulle reali intenzioni dell'uomo, cercando di capire se si tratti di una semplice espressione di dissenso o di una campagna organizzata contro lo sviluppo della città.
Stupisce come persone che non hanno mai partecipato attivamente alla crescita del territorio, diversamente dagli italiani che vi risiedono da generazioni, si ergano oggi a decisori del futuro, utilizzando peraltro proprio quelle nuove tecnologie che tanto contestano per comunicare il loro dissenso. Una contraddizione che fa riflettere su quanto spesso il progresso venga osteggiato non per convinzione, ma per paura di un cambiamento che ormai è inevitabile.