Ex ReArm eu / new Readiness 2030, ovvero chi paga il conto se il Premier Giorgia Meloni passa dalla stagione del “debito facile” di fatto irredimibile alla stagione del “prestito facile”  presumibilmente non rimborsabile? Questa è la domanda suggerita ai contribuenti dalla lettura anticonformista della preparazione - dell’esito del Consiglio europeo e dai numeri che gli esercizi scolastici scrivono sul retro della lavagna dei numeri ufficiali. Il Premier Giorgia Meloni, con le Comunicazioni (18-19 marzo 2025) in Parlamento in vista del Consiglio europeo del 20-21 marzo, spiega che il Piano Readiness 2030 è una priorità. “Senza difesa non c'è sicurezza. Senza sicurezza non c’è libertà, perché senza sicurezza noi non possiamo proteggere l’Italia, le sue imprese e i suoi cittadini. So che la libertà ha un prezzo; so che se non sei capace di difenderti da solo non puoi neanche decidere, contare, affermare il tuo interesse nazionale”. Spiega che si può disquisire su cosa si intende per sicurezza ma è indiscutibile che si debba perseguire la sicurezza ovviamente a 360 gradi. “In tempi di minacce ibride, la sicurezza è una materia molto vasta. Pensiamo alla difesa dei confini, alla lotta al terrorismo, all’importanza della cyber-sicurezza, soprattutto nell’epoca dell’intelligenza artificiale…… Tutte cose che non si fanno semplicemente con le armi. Senza questo approccio a 360 gradi non c’è difesa”.

Spiega che è semplicistico l’approccio al problema con la domanda “cosa scegli tra il cannone e il burro?” perché non ci sono soldi né per i cannoni né per il burro. E’ una “grossolana semplificazione che aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare. Non è, ovviamente, così, e chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa, ma perché centinaia di miliardi di euro sono stati bruciati…..”. Spiega che il vero problema è trovare i soldi necessari senza aumentare il debito in valore assoluto non tanto perché è problematico dimostrare la sostenibilità del rapporto debito/Pil (ci siamo sempre riusciti e siamo pagatori irreprensibili) ma perché è diventata insostenibile la botta di interessi (non si riesce a rimborsare il debito, la crescita non produce soldi sufficienti per coprire gli interessi ed è impraticabile aumentare le tasse già esagerate o tagliare le spese-i servizi già insufficienti, se non inesistenti, per pagare puntualmente sempre più interessi) e, se non si trovano alternative, servono gli Eurobond (i prestiti europei a basso tasso ed a rimborso negoziabile confidando sulla tolleranza dei Partner per il mancato rispetto dei tempi di restituzione come peraltro succederà per i fondi Pnrr).

“Il Piano arriva a 800 miliardi di euro con due voci. La prima, 150 miliardi, dovrebbe corrispondere a prestiti che gli Stati Membri possono attivare, se reputano opportuno farlo, garantiti dall’Ue. La seconda voce, che vale 650 miliardi, è sostanzialmente teorica, nel senso che è la stima di quanto potrebbe cubare un ulteriore indebitamento nazionale se ciascuno Stato Membro decidesse di ricorrere a deficit aggiuntivo per massimo l’1,5%, al di fuori del Patto di stabilità e crescita. Credo che sia nostro dovere proporre anche soluzioni alternative alla semplice creazione di nuovo debito per mobilitare più efficacemente i capitali privati e rilanciare gli investimenti nel settore della difesa ovviamente mantenendo l’equilibrio complessivo dei conti pubblici che caratterizza questo Governo”.

Il Premier Giorgia Meloni vola a Bruxelles a caccia di soldi dopo avere condiviso, durante l’usuale incontro conviviale pre Consiglio europeo, la nuova strategia (no “debito-deficit facile”, più “prestito facile”) con il Presidente della Repubblica Mattarella e tutti si piazzano davanti al tabellone di caccia ai soldi per vedere come e quanti soldi arriveranno senza peggiorare il rapporto debito-deficit/Pil e senza incrementare troppo gli interessi. Il Consiglio europeo chiude con soddisfazione di tutti e con l’impegno di rendere operativo il piano Readiness 2030 ma con i dubbi su come finanziarlo. I Paesi più indebitati, come Italia e Francia, temono le ripercussioni sui conti pubblici e potrebbero non chiedere né le deroghe al Patto di stabilità né i prestiti offerti dalla Commissione (Bruxelles ha proposto di attivare entro aprile la clausola nazionale, che permette di investire fino all’1,5% del Pil nella difesa). I pericoli sono simili anche per i 150 miliardi di prestiti diretti dell’Europa con il piano «Safe», garantiti dal bilancio Ue (gli eurobond, con la provvista poi girata agli Stati). Il vantaggio in questo caso è nella possibilità di indebitarsi a un tasso ridotto, pari al 3,2-3,3%, ma si tratta di soldi che in ogni caso vanno restituiti (gli Stati preferirebbero contributi a fondo perduto). Il Premier Giorgia Meloni torna da Bruxelles con l’invito a trovare soluzioni alternative (il Consiglio Ue “invita la Commissione a valutare l'opportunità di avvalersi maggiormente dei programmi dell'UE, ad esempio basandosi sull'esperienza del comparto degli Stati membri di InvestEU, tenendo conto del carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri”), l’impegno di destinare alla difesa il 2-3% del Pil (adesso è circa l’1,6%) e di stabilire come trovare i soldi per finanziare il piano Readiness 2030 (prestito europeo o variazione di destinazione a risorse già disponibili o rimodulazione delle poste di bilancio in entrata-in uscita) senza incrementare debito e correlati interessi (un incremento immediato degli interessi impedirebbe al Governo ed ai Politici della maggioranza anche quegli interventi fiscali senza impatto significativo sui numeri, facsimile bonus altamente selettivi, che non cambiano condizioni - qualità di vita dei contribuenti ma colpiscono almeno la fantasia). Ovviamente i Politici dell’opposizione stanno solo aspettando le iniziative del Governo per accantonare le discussioni sul papiro di Ventotene (sulla tirata di capelli di Prodi) e passare a più accesi dibattiti su cosa s’ha fare per trovare i soldi per fare o semplicemente per elencare cosa s’ha da fare, indipendentemente dalla difesa, senza avere i soldi per fare.

Ancor più ovviamente nessuno si chiede come possa il Governo Meloni trovare i soldi che servono con il “prestito facile” applicando la ricetta del sempre più “debito facile” (tassa differita con effetto incrementale degli interessi) senza dissestare di più i conti ed inguaiare di più i contribuenti. Gli esercizi scolastici spiegano ai contribuenti, scrivendo sul retro della lavagna dei numeri ufficiali, perché sono sempre mancati i soldi (con il “debito facile”) e continueranno a mancare (con il “prestito facile”).

Cioè, il conto del Readiness 2030 (che sia maggior debito o nuovo prestito comunitario) lo deve sempre pagare il “solito” contribuenteil tassato alla fonte (è costretto a pagare!) perché Istituzioni e Politici non hanno ancora letto i numeri scritti sul retro della lavagna dei numeri ufficiali e non si sono ancora accorti in più di un quarto di secolo (e quindi non sono intervenuti per imporre i necessari correttivi), che mancano sempre soldi perché l’Amministrazione finanziaria sta utilizzando un impianto di contrasto alle ruberie all’erario geneticamente impossibilitato ad impedirle. Infatti, raccoglie e sorveglia solo gli attestati fiscali che la disciplina fiscale impone di trasmettere e quindi non raccoglie e non sorveglia i trasferimenti di denaro non disciplinati dalla burocrazia fiscale (non vengono emessi attestati fiscali), non dispone degli attestati fiscali che il contribuente non trasmette (nessuno comunica quel che ha regolato in “nero” e si autodenuncia per le frodi), appiccica immeritate etichette di contribuente al di sopra di ogni sospetto ai contribuenti che occultano-falsano impunemente gli imponibili fiscali concordando di non emettere-non trasmettere attestati fiscali o di emetterli-trasmetterli con importi falsati o semplicemente regolando in contanti (notoriamente il pagamento in contanti non prevede necessariamente l’emissione di attestato-di scontrino fiscale ma viene barattato con lo sconto di pronta cassa). Cioè Istituzioni e Politici hanno dissestato i conti ed inguaiato i “soliti” contribuenti con il “debito facile” (di fatto irredimibile) e continueranno ad inguaiarli con “il prestito facile” (a rischio di impossibilità di rimborso) perché non si sono ancora accorti che si lasciano fregare troppi soldi?