La scorsa settimana, a Charlottesville due gruppi di manifestanti si sono dati appuntamento nei pressi della statua del Generale Lee. Un gruppo, composto da simpatizzanti e membri del KKK, neonazisti e "suprematisti" protestava contro la sua rimozione, l'altro manifestava contro chi protestava.

È finita con un ventenne, con simpatie neonaziste, che si è scagliato con la propria auto contro i manifestanti che volevano la rimozione della statua di Lee uccidendo una donna di 32 anni, Heather Heyer, e ferendo altre 19 persone.

Per Trump è subito sorto un problema. Il gruppo di manifestanti di estrema destra rappresenta una fetta della sua base elettorale. Per questo il presidente degli Stati Uniti ha rilasciato dichiarazioni, nell'arco di alcuni giorni, che hanno cercato di mettere sullo stesso piano i due gruppi di manifestanti, salvo poi fare dei distinguo in merito a neonazisti, suprematisti e membri del KKK che, comunque, sono finiti nella lista dei "bad guys"... almeno loro!

Nell'ultima sua uscita sulla vicenda di Charlottesville, all'ultimo, Trump ha voluto ribadire che in entrambi i gruppi che manifestavano c'erano i violenti e le persone perbene. In entrambi i gruppi.

Questa ennesima precisazione non ha contribuito ad appianare le già molte perplessità suscitate da Trump in questi giorni. Anzi, ha piuttosto contribuito ad aumentarle, soprattutto anche tra i rappresentanti del partito repubblicano. Tra questi, il capogruppo dei senatori Mitch McConnell che, pur non citando direttamente il presidente, ha detto che i messaggi di odio da parte di neonazisti, membri del Ku Klux Klan e suprematisti non possono essere accettati negli Stati Uniti, come nessuna ideologia basata sul'odio razziale. Non ci sono, ha proseguito McConnel, neonazisti buoni... ciò che loro sostengono è contro gli ideali di libertà degli Stati Uniti.

Nel frattempo, Trump ha trovato il tempo di cambiare obbiettivo alla propria comunicazione. Così stavolta se l'è presa con Amazon, accusandola di danneggiare le imprese locali in tutti gli Stati Uniti, e di essere così la causa della perdita di molti posti di lavoro.


Poco importa a Trump di provare le sue dichiarazioni, d'altronde non sarebbe neppure possibile considerato il numero ridotto di caratteri a disposizione. Quel che importa, d'altronde, è che lui possa parlare male di Amazon perché Jeff Bezos proprietario di Amazon, è anche proprietario del Washington Post, uno dei giornali più autorevoli del paese, nei cui articoli però, ha dimostrato di non avere molta simpatia per l'attuale presidente Usa, tanto da finire nella sua lista nera di produttori e promotori di "fake news".

E, alla fine, anche questa notizia finisce per avere un'attinenza con la precedente.