Dopo 22 mesi d'indagine, il consigliere speciale Robert Mueller ha prodotto un rapporto di ben 448 pagine dove si dice che non è stato possibile stabilire se Trump fosse o meno a conoscenza dell'attività svolta dalla Russia per screditare la sua avversaria, Hillary Clinton, durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2016 e che non è stato neppure possibile stabilire se Trump abbia o meno tentato di ostacolare il corso della giustizia in relazione a tale inchiesta.

Donald Trump ed i media che lo supportano hanno festeggiato il risultato del rapporto, dichiarando che tutta la vicenda era una farsa e che lui ne è uscito pulito, promuovendo lo slogan "no collusion, no obstruction".

Il problema per Trump e i suoi sostenitori, però, è che nel suo rapporto Mueller non dice che Trump sia del tutto estraneo alla vicenda che lo vedeva al centro dell'indagine, ma che non è riuscito a dimostrarne, al di là di ogni dubbio, l'effettiva colpevolezza, indicando al riguardo più di un episodio controverso.

"Se dopo un'indagine approfondita avessimo avuto la consapevolezza del fatto che il presidente non abbia in alcun modo ostacolato il corso della giustizia, lo avremmo dichiarato", si legge nel rapporto. "Sulla base dei fatti e delle interpretazioni di legge ad essi applicabili, non siamo però in grado di raggiungere tale giudizio. Di conseguenza, anche se questo rapporto non conclude che il presidente abbia commesso un crimine, comunque non lo scagiona".

A supporto di tale conclusione, nel rapporto si rileva che:

Trump ha incaricato un legale della Casa Bianca di cercare di far allontanare Mueller per presunti "conflitti di interesse", ma il legale si è dimesso perché non aveva intenzione di seguire la direttiva;

Trump, quando ha saputo dell'inchiesta, ha dichiarato: "Oh mio Dio. È terribile. Segnerà la fine della mia presidenza";

il potenziale tentativo di ostacolare la giustizia da parte del presidente è venuto meno solo perché i membri della sua amministrazione si sono rifiutati di "eseguire le direttive" loro imposte;

gli investigatori hanno definito come "inadeguate" le risposte alle loro domande scritte dal presidente, ma hanno scelto di non costringerlo a sottostare ad un interrogatorio formale, perché questo avrebbe potuto innescare una battaglia legale che si sarebbe risolta solo in tempi lunghi.

Per questi motivi, i leader democratici di Camera e Senato, Nancy Pelosi e Chuck Schumer, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui il rapporto viene definito come un "inquietante ritratto di un presidente che ha intessuto una rete di inganni, menzogne e comportamenti scorretti" e  al contempo stanno cercando di ottenere dal segretario alla Giustizia il documento completo scritto da Mueller e valutano anche l'ipotesi di chiamare Trump a testimoniare davanti al Congresso.

Infatti, secondo i democratici, Mueller scrivendo quella conclusione avrebbe sostanzialmente rilanciato la palla al Congresso invitandolo ad agire per perseguire il reato di ostruzione alla giustizia.

Adesso, però, per i democratici vi è la necessità di capire quale possa essere il modo migliore di agire. Per cercare di danneggiare l'immagine del presidente, potrebbero scegliere la strada dell'impeachment. C'è però il rischio di ottenere il risultato opposto, e cioè quello di ricompattare il partito repubblicano, attualmente diviso, nel sostegno a Trump in vista delle presidenziali del 2020.

Quale sia per i democratici la strada più conveniente da percorrere, pertanto, è al momento difficile dirlo. Certo è che Trump non si è lasciato travolgere dai dubbi, inondando la sua pagina Twitter di messaggi di questo tenore: