Sono 639 i membri della Camera dei Comuni. Pertanto, perché il piano sulla Brexit così come lo ha concordato Johnson con Bruxelles possa essere approvato, il premier  ha bisogno di 320 voti.

Ci sono i numeri? Riuscirà Boris Johnson  ad ottenere il consenso dai parlamentari e a valicare quell'ostacolo che è stato insormontabile per Theresa May?

I conservatori, di cui Johnson è il leader, favorevoli al suo accordo sono 287. Nel numero, però sono inclusi anche i 28 parlamentari del gruppo ERG che invece sono favorevoli ad una hard Brexit e che in passato non avevano votato il piano May. Pertanto, non è certo che siano comunque a favore del piano proposto da Johnson.

Gli altri 23 ex membri del partito conservatore espulsi il mese scorso per aver votato contro una no-deal Brexit supporteranno il nuovo accordo di Boris Johnson... ma non compattamente: alcuni di loro voteranno no.

I 10 parlamentari del DUP, partito degli unionisti dell'Irlanda del Nord che teoricamente dovrebbe far parte della maggioranza di governo, hanno dichiarato che voteranno no.

I gruppi dell'opposizione costituiti da SNP, Plaid, Greens, Lib Dem, Indipendent Group for Change sono decisamente contrari al piano Johnson.

Il partito laburista di Corbyn, che ha giudicato l'ultimo accordo per la Brexit addirittura peggiore di quello siglato da Theresa May, è anch'esso contrario. Però, alcuni dei laburisti (nove)  pro Brexit  ammettono di non essere contrari all'ultimo piano concordato con l'Ue, anche per un problema di "stanchezza": per loro è necessario guardare avanti e chiudere la questione Brexit una volta per tutte. In ogni caso, non è affatto sicuro che il loro voto sia un sì: tutti o in parte potrebbero decidere anche di astenersi. In quel caso, la loro decisione non farebbe abbassare il quorum ed il loro voto, in pratica, corrisponderebbe ad un no.

La Camera inizierà a votare nel pomeriggio e, prima di decidere sul sì o no al piano di Boris Johnson, voterà anche un emendamento presentato da Oliver Letwin, uno dei tories espulsi, che propone di far slittare il voto, fin quando non sarà approvata la legge che decreta l'uscita della Gran Bretagna dalla Ue, in pratica la legge che farebbe entrare in vigore i termini dell'accordo. In caso di approvazione dell'emendamento Letwin, scatterebbe la norma prevista dal Benn act, cioè l'obbligo da parte di Boris Johnson di chiedere all'Ue un allungamento dei tempi previsti dall'articolo 50, in mancanza del raggiungimento di un accordo entro le 23 di oggi, 19 ottobre.

Lo scopo di Letwin è proprio quello di garantirsi un allungamento dei tempi di uscita, per evitare una no-deal Brexit, nel caso che qualcosa andasse storto durante tutto l'iter legislativo. Letwin avrebbe ottenuto l'appoggio dei laburisti e dei liberal-democratici, quindi il suo emendamento ha buone possibilità di passare.