Robert Lighthizer, il rappresentante del commercio statunitense dell'amministrazione Trump, ha confermato ufficialmente che gli Usa aumenteranno i dazi sulle importazioni di prodotti cinesi.

"L'aumento - ha dichiarato Lighthizer - è destinato a fornire all'amministrazione ulteriori opzioni per incoraggiare la Cina a cambiare le sue politiche commerciali e ad adottarne altre che porteranno ad una più corretta gestione delle transazioni commerciali, con un conseguente benessere per tutti gli americani."

La decisione di Trump, per buona parte dei lobbisti delle imprese americane, è vista come un ostacolo alla crescita economica e non la via migliore per rispondere alle politiche commerciali cinesi, comunque riconosciute come dannose.

I nuovi dazi, che passeranno dal 10% al 25% e che colpiranno prodotti per un valore di 200 miliardi di dollari, non saranno applicati se non a partire dalla prima settimana di settembre.

Da parte della Cina si è avuta una dichiarazione ufficiale dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang che ha dichiarato che "la pressione e il ricatto degli Stati Uniti non avranno alcun effetto. Se gli Stati Uniti aumenteranno i dazi, la Cina prenderà inevitabilmente contromisure per proteggere i propri legittimi interessi."

L'escalation nella guerra commerciale iniziata da Trump non è ben vista neanche dai mercati e da molte importanti aziende americane che in tal caso dovrebbero rivedere i propri piani, non solo commerciali, ma anche produttivi.

Per quanto riguarda la politica, anche il Congresso si sta muovendo contro Trump, con una iniziativa bipartisan, guidata dal senatore repubblicano dell'Ohio Rob Portman, per varare una legge che limiti il potere del presidente di imporre tariffe doganali per ragioni di sicurezza nazionale.

Anche se le probabilità che tale legge possa essere approvata sono meno che scarse, è comunque interessante riportarne la notizia, perché dimostra il nervosismo da parte dei repubblicani per le elezioni di medio termine, con deputati e senatori che dovranno confrontarsi con gli interessi degli elettori dei propri collegi, alcuni dei quali rischiano di essere gravemente penalizzati dalle iniziative commerciali di Trump.