Il dato del PIL italiano, in special modo se raffrontato a quello di paesi che, a livello economico, sono paragonabili all'Italia, non poteva essere ignorato dal Governo, anche se il periodo vacanziero avrebbe potuto essere utilizzato come scusa per non rilasciare dichiarazioni in merito.
Ma così non è stato. Seppur non firmato, il MEF, ministero dell'Economia e delle Finanze, ha rilasciato, riguardo al PIL, un commento al dato preliminare del II trimestre.
Leggendone il contenuto, la prima cosa che colpisce è la sensazione di leggere la sceneggiatura di un film sul mondo dei supereroi dove il protagonista di turno reagisce alle difficoltà facendo, se possibile, ancor più lo sbruffone di quanto non faccia abitualmente.
Anche se il documento è stato pubblicato sul sito del MEF, sembra più il parto di un ghostwriter di Palazzo Chigi: «In una riunione del G7 in maggio il FMI aveva segnalato un preoccupante rallentamento degli scambi internazionali e avevo messo in guardia da una riduzione generalizzata del commercio mondiale. Gli effetti di questi fenomeni sulle prospettive di crescita dell'Italia erano noti da tempo, quindi il dato di oggi non costituisce una sorpresa».
Ciò che è scritto nel commento del MEF sembra potersi riassumere nella scena di un film dove il protagonista, legato come un salame ed in bilico su un piccolissimo e scivolosissimo masso mentre cerca di non farsi travolgere dalla corrente delle acque che lo trascinerebbero giù dalla cascata più alta del mondo, dice alla ragazza di turno: «Niente paura, baby. Era tutto previsto.»
Purtroppo, però, questo non è un film e quanto dichiarato dal MEF è in contrasto con quanto già si sapeva lo scorso anno. La minor crescita delle economie emergenti con le possibili ricadute su tutte le economie mondiali era ampiamente nota e ben documentata già nella seconda metà del 2015. Nonostante questo, Renzi e Padoan per il 2016 avevano pronosticato un PIL in aumento e ben al di sopra dell'1%.
Adesso, si accorgono della riduzione generalizzata del commercio mondiale. Non solo, dato che il barile va raschiato fino in fondo, al MEF hanno pensato bene di aggiungere ai fattori che hanno influito negativamente sulla crescita italiana anche la minaccia del terrorismo, la crisi dei migranti e la Brexit.
Peccato, però che nel commento si siano dimenticati di informarci sul perché tutte queste cause che, oggettivamente, non riguardano solo l'Italia siano però negative o pesantemente negative solo o soprattutto per il nostro paese.
Infatti, per la Germania il PIL è in aumento. Per la Gran Bretagna, nonostante la famigerata Brexit, a fine anno è prevista una crescita del 2,2% rispetto al 2015. Anche la Francia segna un PIL stazionario, ma la proiezione per quello di fine anno indica un valore doppio rispetto a quello dell'Italia.
Ma noi, in Italia, non ci dobbiamo preoccupare se invece dell'1,2% cresceremo della metà: «Diverse fonti di Governo, compreso il Ministro dell'Economia e delle Finanze, avevano già segnalato che le stime di crescita formulate ad aprile con il DEF sarebbero state messe in discussione da questo nuovo scenario, e numerosi previsori (dal FMI all'OCSE) hanno già rivisto al ribasso le stime della crescita mondiale.»
Ma che cosa farà l'Italia per i propri conti? Questa è la domanda che chiunque si sta facendo, anche senza essere in possesso di un master in economia. Infatti, il bilancio previsionale dello Stato del 2015 si basava su un PIL due volte più grande, ed in base alle entrate aveva programmato spese e riduzioni fiscali. E adesso?
Questa è la strategia del Governo: «Fin dall'inizio della propria attività il Governo ha agito per restituire competitività al sistema produttivo attraverso la riduzione della pressione fiscale. Una combinazione di misure a favore delle imprese e delle famiglie ha ridotto il cuneo fiscale e promosso la ripresa dei consumi.
La strategia di recupero della competitività e della capacità produttiva del sistema-paese continua con il mix di strumenti che ha consentito di invertire la tendenza al declino e ripristinare la crescita: riforme strutturali che migliorano la funzionalità del paese a tutti i livelli, riduzione della pressione fiscale e semplificazione del sistema tributario, investimenti per recuperare competitività e potenziale produttivo.»
Tradotto in parole povere, il Governo non ha alcun strumento immediato per contrastare questa situazione e fa riferimento a quanto fatto finora, comprese le cosiddette riforme, come più che sufficiente per affrontare anche i prossimi mesi.
Ma non solo. È necessario aggiungere che il Governo ha messo sul piatto anche nuovi investimenti: «Le decisioni del CIPE di mercoledì scorso combinano nuovi stanziamenti di ingenti risorse con metodi di utilizzo delle stesse che hanno lo scopo di accelerare appalti e cantieri, con effetti positivi sul reddito e sull'occupazione.»
In pratica, volendo essere ottimisti, ci sarà qualche nuovo appalto pubblico che partirà entro fine anno con effetti positivi per qualche famiglia, che si vedranno a partire dal 2017, e per le casse dello Stato a partire da metà anno.
Ma nell'immediato? E per quanto riguarda le clausole di salvaguardia? La nota del MEF non ci dice nulla in proposito, salvo che «a fine settembre il Governo presenterà nella nota di aggiornamento al DEF il nuovo quadro macroeconomico con le previsioni aggiornate sull'andamento dell'economia e in combinazione con i dati della contabilità nazionale sarà possibile valutare i target per il rapporto deficit/PIL e debito/PIL.»
Nel frattempo, nel caso al MEF possa essere sfuggito, Banca D'Italia ha comunicato che il debito pubblico del paese è di nuovo aumentato, toccando a giugno quota 2.248,823 miliardi di euro contro i 2.241,810 di maggio.
Nessuna preoccupazione per il futuro: «In una recente intervista il ministro Padoan ha dichiarato che per essere efficace la legge di bilancio per il 2017 dovrà concentrare le risorse disponibili, limitate dal vincolo pesante costituito dall'elevato livello di debito pubblico, su poche misure a favore della crescita.
La riforma del bilancio recentemente adottata consentirà di perseguire più efficacemente gli obiettivi della revisione della spesa grazie a un approccio che consente di migliorare la definizione degli obiettivi, la loro condivisione nel Governo, la responsabilizzazione dei dicasteri di spesa, un monitoraggio più efficace.»
È evidente che a questo articolo il MEF non risponderà. Ma tutti i dubbi che sono stati espressi è probabile che a settembre saranno presentati anche dalla BCE, dalla Commissione UE e dal Fondo Monetario Internazionale, che in Italia continuiamo a non chiamare troika. In quel caso, troveranno una risposta?