Pablo Ruiz  Picasso nacque a Malaga, in Andalusia, nel 1881, da padre insegnante di disegno e madre di origini genovesi. Da subito si mostrò per quello che era, un fenomeno. Tuttavia non riuscì  ad acquisire la stima di papà José, che lo voleva artista “classico”, disprezzava le nuove correnti e morì prima di assistere ai trionfi del figlio.

Il ragazzo era nato per dipingere, senza disdegnare la scultura e, in età più avanzata, l’arte della ceramica. Realizzò anche sfondi teatrali, mosaici e ogni sorta di manufatto le sue mani potessero creare. E’ un archetipo di artista geniale.

Stando a un famoso aneddoto,  un amico che navigava in cattive acque gli chiese aiuto. Pablo scarabocchiò un foglio e, porgendoglielo. disse: “Venditi la mia firma”.  A Parigi, nel bistrot, disegnava visi sui tovaglioli di carta che, per fortuna, qualcuno provvide a raccogliere e collezionare. Si mostrava libero da condizionamenti, avverso a ogni tipo di totalitarismo e, per ciò stesso, rivoluzionario suo malgrado. Infatti il nostro Hoover ne avversò l’ ingresso negli USA, per l’adesione al comunismo.

In realtà Pablo si iscrisse al partito, nel 1944, e fu un uomo di sinistra soprattutto per ostilità al regime franchista, oltre che per il suo ostinato pacifismo. Si trasferì in Francia.

Non temeva le amicizie “pericolose”: si legò fraternamente all’omosessuale Jean Cocteau, con cui viaggiò in Italia e, per questo, qualcuno ha alluso alla sua eventuale bisessualità. Di fatto, frequentava artisti di ogni tipo: scrittori, poeti, musicisti e altri pittori con cui il rapporto era intenso e non sempre tranquillo. Alle chiacchiere dei velenosi schiacciati dal suo talento, contribuì anche la natura innovativa e sconcertante delle sue opere:seni, falli e natiche si confondono, in costruzioni affascinanti che dovettero turbare non poco.

Fu Braque ad avvicinarlo all’arte africana e al cubismo, che ne condizionò indelebilmente l’opera. La sua vita artistica è stata divisa per colori: il periodo blu, quello rosa, quello negro. Anche il cubismo subì trasformazioni, classificandosi in correnti.

Era un appassionato di corride e anche questo aspetto si trasfuse nelle sue opere. Qualcuno ha sottolineato l'identificazione del pittore con la virile figura del toro, altri hanno evidenziato il suo  maschilismo tipicamente andaluso. In realtà egli cercò di temperare questa sua tendenza. Più che altro, amava molto se stesso. Poi, nel suo modo, amava le donne, senza farsene opprimere: erano le sue modelle e ispiratrici e un discorso a parte meriterebbe il modo in cui ne insinuò i volti nei vari dipinti. Le stregava, condizionandole per sempre. Nella sua ampia famiglia e nella cerchia di amicizie non mancano tragedie, legate a suicidi e depressioni da abbandono. I figli crebbero sostanzialmente senza la sua guida. Si stupiva della monogamia dei colleghi.

Il suo primo grande amore, Marcelle Humbert, detta Eva, morì giovanissima nel 1915 per un tumore, lasciandolo sconvolto.

Fu legato per sette anni alla modella Fernande Olivier, che sulla storia scrisse un libro, osteggiato dal pittore.

Poi sposò Olga, che tentò inutilmente di normalizzarlo anche artisticamente e di fargli frequentare l'alta società. Da lei nacque il primo figlio, Paulo.

L'incontenibile Pablo avviò in contemporanea una relazione con la ragazzina Marie –Thèrese, ritratta in numerose opere. La  teneva buona con bambole e caramelle e lei gli diede la figlia Maya. La giovane amante dovette dividerlo con una terza pretendente, Francoise Gilot, madre di Claude e Paloma. Quest’ultima, nata nel 1952, era  la più presenzialista della nidiata, molto contesa dai salotti negli anni ’70, disegnatrice di gioielli e ispiratrice di profumi alla moda.

Ci fu posto anche per una relazione con la fotografa Dora Maar che, stando a testimonianze, lo aiutò a rifinire Guernica ( *1).

Infine, si fece un po’ d’ordine e si arrivò alla consorte definitiva, Jaqueline Roche, sposata nel 1961 da un Pablo ormai quasi ottantenne. La coppia viveva nel sud della Francia e amava la riservatezza.

Pablo rimase spagnolo fino al midollo nonostante tutto, anche se non rivide più il suo paese: morì a Mougins nel 1973.  

Divenne il manifesto vivente di un genere pittorico, che interpretò nei più svariati modi. Sosteneva che l’arte è per tutti. Giocava con i volti e le figure. Dopo “Guernica” la sua fama si accrebbe a dismisura. Era una figura carismatica, dallo sguardo intenso che, a quanto pare, ammaliava chiunque entrasse in contatto con lui.

 

 

(*1) Guernica. Quadro di grandi dimensioni. Raffigura l'assalto alla città spagnola nel 1937 (primo bombardamento aereo della storia), durante la guerra civile spagnola degli anni '30, che vide affermarsi la dittatura del generale Francisco Franco. Il quadro è esposto nel museo "Reina Sofia" di Madrid.