I reati di lesione, violenza o minacce saranno puniti in modo più severo se a subirli è un medico o un infermiere nell'esercizio della sua professione.

«Finalmente abbiamo una legge che ci tutela dalla violenza», il commento a caldo di Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, in prima linea nelle emergenze e nei pronto soccorso dove più frequentemente sono avvenuti gravi episodi di aggressione. Ieri l'aula di Palazzo Madama ha dato il via libera all'unanimità al ddl che contiene «disposizioni per la tutela della sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie». Il testo ha così incassato il voto definitivo ed è legge. «Un traguardo importante», anche per il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Recare violenza a un medico, a un infermiere, a un operatore sociosanitario ecc. sarà considerata un’aggravante specifica. Chi offende il personale di ospedali e strutture sanitarie rischia una multa da cinquecento a cinquemila euro. Questo al fine di garantire la sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni, come riporta il titolo del disegno di legge, che arriva all’ok definitivo dopo un iter parlamentare di un anno.


L'ordine degli infermieri: "Soddisfatti"

La legge difende con più forza da ogni forma di aggressione i professionisti sanitari e il loro lavoro ed è quanto mai necessaria se si considera che ogni anno circa 5mila infermieri subiscono violenze fisiche o verbali, il che significa 13-14 al giorno. Le aggressioni agli infermieri rappresentano il 46% del totale di quelle in ambito sanitario visto che gli infermieri sono i primi a intercettare i malati al triage o al domicilio e sono quindi quelli più soggetti.“

Entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge un decreto del Ministro della Salute, di concerto con quelli dell'Interno e dell'Economia e Finanze, deve istituire un Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio sanitarie, che deve essere composto per metà da donne, da rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria più rappresentative a livello nazionale, delle regioni, da un rappresentante dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari, da rappresentanti dei Ministeri dell'interno, della difesa, della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali, degli ordini professionali, delle organizzazioni di settore, delle associazioni di pazienti e da un rappresentante dell'INAIL.